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lunedì 25 novembre 2013

Incredibili, 70 anni di censura per Furore

Incredibile, è uno dei grandi romanzi del Novecento e come tale da sempre ne parliamo anche in Italia, direttamente o indirettamente, perché anche se non si è letto c'è sempre quel film straordinario, c'è sempre quella canzone del Boss - The ghost of Tom Joad. Facile che a scuola ce lo abbiamo perfino consigliato, sempre di un Nobel per la letteratura si parla, sempre di un romanzo anzi "del" romanzo sulla Grande Depressione si tratta. Eppure in Italia Furore di John Steinbeck non l'abbiamo ancora mai letto: letto così com'è, così com'è stato scritto.

Non lo avrei mai saputo, non fosse stato per una pagina di Simonetta Fiori di qualche giorno fa su Repubblica, titolo già eloquente: Il vero Furore. Da oggi sarà diverso perché è finalmente disponibile una nuova edizione Bompiani, nel segno della fedeltà al testo originale. Ma la cosa incredibile è che siano passati 70 anni senza averla a disposizione.

Tanti anni sono passati da quando, sotto il fascismo, Mussolini consentì la pubblicazione del capolavoro di Steinbeck. Che arrivò nelle librerie italiane nel gennaio 1940, alla vigilia della guerra. In fondo il libro poteva ancora servire nel contesto della battaglia alle "demoplutocrazie". Poco tempo dopo gli scenari sarebbero radicalmente cambiati.

Ma anche così, con il via libera fascista, Steinbeck andava bene fino a un certo punto, Andava tagliato, modificato, cloroformizzato in diversi passaggi. Quella prima traduzione doveva essere addomesticata. E così fu, nel segno della censura.

Non mi stupisce. Mi stupisce che sia durata 70 anni.

giovedì 27 dicembre 2012

Per la fame. Siamo venuti giù per la fame

Bello o brutto che sia, questo è il libro per cui sono venuto al mondo. Fin da bambino ho sempre saputo di dover fermare questa storia - le storie difatti non le inventano gli autori, ma girano nell'aria cercando chi le colga - e raccontarla prima che svanisse. Nient'altro. Solo questo libro.

Tanto di cappello ad Antonio Pennacchi per questa dichiarazione di intenti, piazzata prima della prima riga di Canale Mussolini. Tanto di cappello perché quando ci si permette una dichiarazione tanto impegnativa uno pensa a un libro ricercato, magniloquente, carico di effetti speciali, esistenzialmente intricato, invece che questa storia di contadini, di campi sottratti alle paludi, di fatiche e raccolti magri.

Ho letto Canale Mussolini, solo ora, come faccio sempre con i libri che hanno vinto premi importanti e di cui a lungo si è parlato: ovvero dopo aver aspettato che di essi non si parli più e che siano spariti dalle vetrine. Credo che faccia bene, ai libri e ai lettori.

E dunque, questo è il mio consiglio. Non abbiate paura della lunghezza, sopportate qualche pagina di cui certo si poteva fare a meno. E classificate questo romanzo come vi pare, parlandone magari come di una grande saga famigliare, un luogo comune come un altro.

E certo che è giusto interrogarsi su questa Storia dell'Italia tra le due guerre, raccontata dal basso, con uno sguardo originale e discutibile figlio delle bonifiche dell'Agro Pontino, di quei campi strappati alla malaria, delle città sorte dal nulla. Tanto più che le bonifiche e l'idea rivoluzionaria che accompagnò il primo fascismo non nascondono e non giustificano i crimini delle squadracce.

Poi però basta attaccare con il primo rigo:

Per la fame. Siamo venuti giù per la fane, E perché se no?

E arrivare in fondo, pagina dopo pagina.

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