Visualizzazione post con etichetta Siviglia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Siviglia. Mostra tutti i post

lunedì 2 aprile 2012

Con Amerigo la scoperta è una parola

Non si tratta di un funerale di un ricco o di un nobile. Un funzionario qualunque del re è condotto all'ultima dimora, un certo Despuchy o Vespuche. Nella città straniera nessuno sospetta che si tratti dello stesso uomo che ha dato il nome alla quarta parte del mondo....

Così racconta Stefan Zweig, che alla storia dell'uomo che ha dato il  nome alla quarta parte del mondo dedicò il suo ultimo libro (Amerigo, ora ristampato da Elliot). E la storia - storia incredibile di equivoci, sorprese, riconoscimenti tardivi - sta tutta in quel nome.

Il nome dell'uomo che la gente non sapeva nemmeno come si chiamava, il giorno in cui fu seppellito in un cimitero di Siviglia. Il nome che dall'uomo si è trasferito a un intero continente, l'America, assegnando così una sorta di immortalità al mercante fiorentino che aveva viaggiato per conto del re del Portogallo.

Di Amerigo Vespucci parleremo molto in occasione dei 500 anni della sua morte e già sono usciti alcuni bei libri, come Il fiorentino che inventò l'America del giornalista Mauro Bonciani.

E più che di Vespucci forse avremo modo di parlare di questa parola, del suo incredibile viaggio attraverso il tempo e lo spazio per conquistare il suo posto nella geografia del pianeta.

Perché Amerigo Vespucci e non Cristoforo Colombo? Perché quest'ultimo aveva parlato di Indie raggiunte  buscando el levante por el ponente.

Amerigo invece aveva inviato una lettera a Lorenzo dei Medici, in cui aveva parlato di Mundus Novus, nuovo mondo.

E questa è forse la storia di ogni scoperta. Non è solo approdare per la prima volta in una terra. E' dare un nome a quella terra.

domenica 26 febbraio 2012

Quale vita dietro il Don Chisciotte

Dove finisce la vita e dove comincia la fantasia che genera un capolavoro?

A questo ho pensato leggendo la vita di Miguel de Cervantes su uno degli ultimi numeri di Storica.

Miguel de Cervantes, uno dei grandissimi della letteratura di ogni tempo, autore di quel Don Chisciotte che forse in Italia non è letto come si dovrebbe.

Miguel de Cervantes: che vita. Vagabondo che vive di espedienti da ragazzino a Siviglia. Una rissa a Madrid che lo condanna al taglio della mano destra, sentenza a cui si sottrae con la fuga, una delle tante. La decisione di arruolarsi nell'esercito spagnolo e la battaglia di Lepanto in cui chiederà di schierarsi in prima linea, una pallottola di archibugio che lo ferisce al petto e un'altra che gli paralizza la mano salvata in precedenza.

Altre battaglie, in lungo e in largo per il Mediterraneo. Fino a quando si congeda e si predispone a un'altra vita, solo che la nave che lo riporta in Spagna viene catturata dai pirati Berberi e lui portato schiavo ad Algeri (una vicenda che per forza di cose a me ricorda Filippo Pananti, ma questa è un'altra storia).

Anni di schiavitù, poi il ritorno a casa, senza che anche allora manchino guai e prigioni.

E poi si dice il Don Chisciotte, frutto del genio di un grandissimo scrittore. Quanto di Miguel c'è nel nostro cavaliere di carta?


martedì 22 novembre 2011

Un Don Chisciotte nella Firenze in guerra

Era un grande scrittore e un grandissimo giornalista, Romano Bilenchi, troppo presto dimenticato. Appartiene a un altro mondo e a un'altra epoca, ma tuffarsi nelle sue pagine è sempre un piccolo grande piacere, che prima di tutto ha a che vedere con il piacere di una lingua pulita e densa.

Non solo con la lingua, però. In quetsi giorni mi è capitato tra le mani il suo Amici (Bur Rizzoli), libro che racchiude storie e incontri di un uomo che seppe mantenersi fedele alle sue amicizie. E' una straordinaria carrellata di artisti e intellettuali che animarono la Firenze degli anni Trenta, Quaranta, Cinquanta, da Elio Vittorini a Mario Luzi, da Mino Maccari a Ottone Rosai.

Ma il personaggio più straordinario - meriterebbe un romanzo - non ha un nome e un posto nella storia della nostra cultura. Era un marchese spagnolo - un nobile decaduto che fa tanto Don Chisciotte - che nella Firenze della guerra, per risparmiare, mangiava in una trattoria di quart'ordine frequentata anche dai membri della Resistenza in clandestinità. Aria di grande di Spagna che non riesce a persuadersi alla sua decadenza, poeta molto convinto delle sue liriche dalla scarsa fortuna, era uno che parlava così: "Che era, Bilenchi, quella guapa signora bionda che paseava con voi?", "Era mia moglie, signor marchese".

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...