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lunedì 15 luglio 2019

Viaggio sentimentale nelle strade perdute del mondo

Proviamo a mettere la geografia al servizio della storia, e non viceversa; e magari riusciremo a ritrovare qualcosa di noi che forse era perduto.

Ecco, a questo ci esorta Alessandro Vanoli, all'inizio del suo nuovo, ottimo libro, Strade perdute, uscito in queste settimane per Feltrinelli. Come se fosse il consiglio di un amico o meglio ancora di un compagno di viaggio, che sa bene che ciò che del viaggio conta non sono i chilometri macinati ma le storie raccolte e poi condivise.

Poi è lui stesso che si mette in viaggio, insieme nel tempo e nello spazio, e quasi non gli si sta dietro, è un viaggio da vertigine, un viaggio che parte prima ancora che cominci la nostra storia, nelle grotte dell'uomo di Neanderthal, per arrivare all'altro ieri, in quella Route 66 che, prima di cedere il posto alle grandi autostrade, è stato il simbolo delll'America sulle quattro ruote e insieme del viaggio verso Ovest, del commesso viaggiatore come del poeta beat. 

Viaggio sentimentale sulle vie che hanno fatto la storia, è questo il sottotitolo del libro, che oltre a evocare il capolavoro della letteratura di viaggio di Laurence Sterne ci restituisce la consapevolezza del viaggio quale esperienza che coinvolge la testa e il cuore. 

Pagine dove c'è lo storico, che sa bene che la storia discende anche da scelte e che non è mai male cambiare il punto di vista, passando per esempio dalle città alle strade che le città uniscono, dai confini di stato alle frontiere mobili che i mercanti e i pellegrini hanno sempre attraversato.

Pagine dove c'è il narratore che sollecita l'intelligenza e riscalda il cuore del lettore, si parli della discesa del Nilo - magari riandando persino al terrore adolescenziale per La Mummia di Boris Karloff - come degli antichi romani che si sono spinti fino in India, oppure sulle ferrove quali la Transiberiana che nell'Ottocento hanno reso meno lontani tanti luoghi del pianeta. 

Non siamo esseri in movimento? 

Così si domanda a un certo punto Alessandro e ovviamente la risposta, dovuta e doverosa, si vorrebbe scontata - sì, da sempre siamo esseri in movimento - benché oggi muri e amnesie la rimettano in discussione. Meno male che ci sono libri come questo, che sono già zaino leggero per una nuova partenza.

 

sabato 25 luglio 2009

I giornali del sabato

Non si tratta di libri, ma il sabato - soprattutto un sabato arroventato come questo - abbiamo più tempo di leggere i giornali (i quali, da parte loro, ci vengono fin troppo incontro con supplementi e allegati, ma questo è un altro discorso). Tra quanto mi è capitato sotto gli occhi questa mattina vi suggerirei:
  • E' verde la mitica Route 66: la strada della Beat generation, di Jack Kerouac e di molte immortali canzoni (Dylan, Springsteen e dintorni) diventerà una green roadway, che si servirà di piccoli impianti solari ed eolici installati lungo il percorso (Angelo Aquaro, su Repubblica)
  • L'editore dei libri impossibili: obiettivo puntato su Nino Aragno, l'editore che punta sugli autori "inattuali" e dal mercato improbabile. A domanda "Non soffre se vende poco?" risponde: "Niente affatto. Il compito che mi sono dato è, tra le altre cose, di scovare quei libri inattuali". Auguri (Paolo Mauri, paginone centrale di Repubblica)
  • Povera Paestum: sconsolate riflessioni sulle condizioni in cui versa uno dei più straordinari complessi archeologici del Mediterraneo. Sottotitolo eloquente: "L'offesa infinita alla Magna Grecia". Che tristezza, però (Gillo Dorfles sul Corriere della Sera)
  • Cementificate, cementificate: mi sa tanto che se si va avanti così in Italia avremo poco panorami di cui godere alzando lo sguardo dai nostri libri. Sul Corrierone una pagina intera sul dossier 2009 della Società Geografica Italiana. Basta il titolo: "Se l'Italia diventa un'area metropolitana. Superfici agricole ridotte di 190 Km quadrati all'anno. Né campagna, nè città, i segni di un'erosione quotidiana" (Antonio Castaldo su Corriere della Sera)
  • Quando un presidente sa scusarsi: lo ritrovate su tutti i giornali, bello soprattutto il pezzo sulla Stampa. Obama aveva duramente accusato un poliziotto, ci ha ripensato, ha capito di aver passato il limite, ha fatto le sue scuse pubblicamente, davanti a tutta la stampa americana, sbigottita (non deve essere frequente nemmeno negli States). Meditiamo, meditiamo, sui politici che sanno scusarsi.
Al prossimo sabato

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...