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sabato 21 aprile 2018

Ovidio e il classico che è lo straniero ospitato

Non lasciateci spaventare dalle etimologie, dai versi tradotti, dai concetti esplorati con raffinati ragionamenti. In realtà questo è un libro di cui si può godere anche se non si conosce il latino, anche se Ovidio è per voi un perfetto sconosciuto - e non lo è, perché vale per Ovidio ciò che vale per Dante, le sue parole sono da sempre seme e raccolto per la nostra cultura, Ovidio c'è anche se non lo sappiamo.

Da leggere, perché in tempo di letture superficiali, di libri bruciati in pochi mesi negli scaffali delle librerie e nelle classifiche dei bestseller, ci restituisce il sollievo di ciò che dura.... e appunto, ci permette di riappropriarci di ciò che è classico.

Del libro di Nicola Gardini studioso che sa rivolgersi anche al cuore dei lettori attenti - preferisco il sottotitolo al titolo. Con Ovidio va bene, ma che bello La felicità di leggere un classico... Soprattutto dopo aver capito, con Gardini, cos'è davvero un classico.

Ovvero un'opera che sfugge a ogni facile catalogazione definizione, verrebbe da dire in prima battuta. Tranne poi aggiungere: è un modo di pensare e di raccontare il mondo. E non solo, perché è qualcosa che viene da lontano ed è riuscito ad arrivare fino a noi. E' lontananza che si fa presenza. E' qualcosa che ci invita al silenzio.

Col classico, dice splendidamente Gardini, diamo ospitalità allo straniero, gli offriamo la nostra casa e ci mettiamo ad ascoltarlo. E lo straniero non viene senza doni. Con lui in qualche modo diventiamo nuovi.

E allora ecco Ovidio, poeta che ci viene facile associare all'idea della leggerezza e dell'erotismo, ma che in queste pagine scopro soprattutto poeta dell'incertezza e delle identità confuse: cosa ci può essere di più moderno?

Il poeta dei centauri e di altre creature che sono e non sono, o che uniscono forme diverse. Il poeta delle metamorfosi, che non sono solo giochi intellettuali e miti che si fanno raccontare. Il poeta che nell'esilio si fa lui stesso straniero - e l'incertezza è la condizione dello straniero.

Da leggere, questo libro. Da leggere, Ovidio. Per scoprire che il classico parla a noi, perché il classico non è solo il suo tempo, ma è tutto il tempo che viene a mettersi tra lui e noi.

E perché, in quel simultaneo divenire, se lui appare moderno, noi ci ritroviamo antichi.




giovedì 5 settembre 2013

Tornando a Omero, per cui lo straniero è ospite

Più un uomo viaggia e più si trasforma in straniero. E dello straniero non bisogna avere paura, semmai bisogna avere paura di chi non sa trattare lo straniero come ospite, perché tra gli stranieri a volte ci sono anche gli dei, che così cammimano per la terra, quando vogliono incontrare gli uomini.

Queste sono le idee che appartengono all'inizio della nostra civiltà e quindi appartengono a noi, alla nostra storia, alla nostra identità. Questa è l'idea dello straniero - non nemico ma ospite - che ci viene tramandata dall'Odissea. Dal mito e dalla letteratura degli antichi Greci, ma anche di altri popoli di cui sui libri di scuola abbiamo appreso solo date e battaglie.

Per chi, come me, si è perso gran parte del resto consiglio un libro minuscolo nel formato, grande per intelligenza e passione, uno di quei libri che prima di tutto solleticano la voglia di sapere mettendo insieme curiosità e bellezza - e poi, per vie indirette, centrano il bersaglio delle cose che contano, con straordinario senso dei tempi - intendo anche del nostro tempo.

Si chiama L'ospitalità è un mito? - notate il punto interrogativo - Donatella Puliga, docente dell'università di Siena, lo ha pubblicato per la casa editrice Il melangolo. Eloquente il sottotitolo: Un cammino tra i racconti del Mediterraneo e oltre. E in effetti non ci sono solo i poemi omerici, ma anche la Bibbia, gli antichi versi babilonesi, le Metamorfosi di Ovidio...

Un cammino ricchissimo di poesia attraverso le culture per cui l'incontro con lo straniero era mistero e sacralità, comune bene prezioso. Con una precisa convinzione: Raccontare i miti dell'ospitalità - spiega Puliga nell'introduzione - è anche credere che l'ospitalità non sia un mito.

Da leggere abbandonandosi alla bellezza. Da rileggere con attenzione. E quindi da regalare a qualche conoscenza dei nostri giorni. Magari suggerendo una delle opposizioni fondamentali dell'Odissea: da una parte i prepotenti e i selvagi, dall'altro la gente come i Feaci, i philoxenoi, gli amici degli stranieri. Uomini (e donne) che davvero possono chiamarsi tali, perché in pace con se stessi e con gli altri.

martedì 21 febbraio 2012

Il poeta che divenne tale grazie agli insetti

Un giorno mi imbattei in un mio simile. No, non un visitatore, un professore o qualcosa del genere, lavorava al museo.... Era così distratto o privo di pregiudizi che mi trattava come un adulto. Era uno di quegli angeli custodi che ogni tanto apparivano nella mia infanzia e mi sfioravano le ali.


Così racconta Tomas Transtromer, il più grande poeta vivente scandinavo e Nobel per la letteratura 2011, in I ricordi mi guardano (Iperborea), piccolo delizioso libretto in prosa in cui racconta della sua adolescenza.

Pagine in cui scopriamo che il grande poeta non è nato con la poesia, no. O che almeno non è diventato tale grazie a quello che consideriamo poesia.

Non le letture di Ovidio, Shakespeare o quant'altri hanno fatto sì che Tomas Transtromer diventasse Tomas Transtromer, ma forse proprio quello sconosciuto incontrato in un museo della scienza, frequentato per una di quelle impetuose passioni da ragazzino che forse possono celare una vocazione, o forse no.

Un professore o qualcosa del genere. Una persona che con il ragazzino condivide la stessa passione per le scienze naturali. Anzi, per l'entomologia.

Forse diventerà uno scienziato, quel ragazzino. O forse... forse qualcos'altro, perché se la poesia ha a che vedere con la bellezza, è proprio questo che gli portano in dono gli insetti.

Senza rendermene conto feci molte esperienze di bellezza. Mi muovevo nel grande mistero. Imparavo che la terra era viva e che esisteva un mondo infinitamente grande che strisciava e volava e viveva la sua ricca vita senza curarsi minimamente di noi.

E' proprio in quel momento che nasce un poeta che forse avrebbe potuto diventare uno scienziato.

Con quel professore, con quegli insetti.

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...