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mercoledì 19 febbraio 2014

Diventare scrittore per andare al Giro d'Italia

Sì, ma se non potevo diventare un corridore, come lo facevo io il Giro d'Italia?

Non mi sono fatto prendere dal panico e ho buttato giù una lista di modi alternativi: magari potevo guidare un'auto della carovana, solo che gli autisti erano tutti ex corridori, e se non riuscivo a diventare un ciclista era molto difficile diventare un ex. 

Allora forse potevo fare il massaggiatore, ma l'idea di toccare le cosce nude e sudate di altri uomini non mi piaceva tanto. E allora via col meccanico, il poliziotto, il giudice, l'elicotterista... infinite erano le vie per arrivare al Giro.

E l'unica che non mi è mai venuta in mente è quella che alla fine mi ci ha portato davvero.

Ma in effetti all'epoca non l'avrei mai detto che al Giro poteva servire uno scrittore. Non sapevo nulla di libri, anzi, l'unica cosa che sapevo era che non mi piacevano.  Ne avevo letto uno solo, il "Giro del mondo in 80 giorni", e mi aveva annoiato così tanto che gli 80 giorni mi erano sembrati 80 secoli. 

E allora come potevo immaginare che altri libri, scritti da me, mi avrebbero portato dalla noia di quel giro del mondo alla gioia del Giro d'Italia?

(Fabio Genovesi, Tutti primi sul traguardo del mio cuore, Mondadori)

domenica 2 dicembre 2012

Cosa significa fare il liceo al Forte dei Marmi

Dire che vivi qua è una scelta abbastanza impegnativa.

Va tutto liscio se stai a Roma o Milano o Ponte Biscottino, ma se dici che vivi a Forte dei Marmi la gente va fuori di testa e non ti lascia più andare. 

Perché al Forte ci sono stati tutti, almeno una volta. Però d'estate, per le vacanze. Poi uno si rimette i vestiti, torna in città e ricomincia con la vita reale. Restare al Forte dopo agosto invece sembra una follia, come fare un giro sulle montagne russe e non scendere a fine corsa, starsene lassù seduto come un ebete, mentre la musica finisce, le luci si spengono, le famiglie tornano al parcheggio e se ne vanno.

Se poi per disgrazia viene fuori che a Forte dei Marmi ci hai pure fatto il liceo, allora davvero ti guardano come se gli dicessi che ti sei laureato a Gardaland. "Ma dài, esiste un liceo a Forte dei Marmi?". 

E subito prendono un'espressione sognante, tutti impegnati a immaginare una struttura in riva al mare fatta di palme e canne di bambù, con scimmie e pappagalli che girano liberi per le aule mentre si insegnano materie tipo storie dell'abbronzatura, teoria dei gavettoni e cocco bello.

(da Fabio Genovesi, Morte dei Marmi, Contromano di Laterza)

venerdì 30 novembre 2012

Incredibile, c'è chi vive a Forte dei Marmi

Incapace di accogliere il turista, ospitando e condividendo gli stessi spazi, il popolo di Forte dei Marmi ha sempre preferito consegnarli il paese, inginocchiandosi e servendolo a testa bassa. E questo mica per un sentimento di inferiorità o devozione, no, questo solo perché inginocchiandosi e abbassando lo sguardo si può evitare di guardare l'altro negli occhi, di parlarci e avviare un rapporto umano. Asservendosi, è più facile lamentarsi e maledire alle spalle. 

Che libro che è Morte dei Marmi di Fabio Genovesi (Contromano di Laterza), feroce, irriverente, sulfureo fin dal titolo, che dice già molto. Libro che vale per tutti coloro che almeno una volta nella vita si sono fatti vedere a Forte dei Marmi, libro che vale comunque -  anche se sei un marziano che in Versilia non è mai sbarcato - perchè quello che si racconta è uno tsunami prodotto dal denaro, o se preferite una mutazione antropologica, ai tempi in cui tutto è kitsch e tra negozi di griffe e finte colonne doriche si è perso il senso di un territorio e della sua storia.

Alcune (pochissime) delle cose che ho scritto qui - assicura Genovesi in epigrafe - me lo sono inventate, ma sono le più verosimili.

E non faccio fatica a credergli, io che della Versilia ho il ricordo che mi porto dietro da ragazzino, quando la Versilia era le biglie sulla spiaggia, la passeggiata con il gelato al pistacchio, il venditore di cocco e il bagnino dalla parlata ruvida. La Versilia che poteva essere anche una compagnia di anziani che giocava a carte. Prima che arrivassero i russi - altro che le famigliole da Firenze con le valigie legate sul tetto della macchina - e con loro cambiasse tutto.

Semmai è dura credere che in un posto come Forte dei Marmi ci si possa nascere e vivere - tutto l'anno, mica solo per i due mesi d'estate. Che ci si possa andare a scuola e fare amicizie per uscire perfino a gennaio, quando il più è sprangato.

E invece sì, e anche questa è la bellezza del libro: che a dispetto dei giudizi più perfidi, dei toni più taglienti, delle verità più scomode, è prima di tutto uno straordinario atto di amore per il posto in cui una persona vuole continuare a vivere. Malgrado tutto.

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