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giovedì 30 gennaio 2014

Il Porto delle storie e il viaggio di Ulisse

C'è chi sostiene che il lungo viaggio di Ulisse verso casa e prima ancora la guerra di Troia non c'entrino con i nostri mari caldi, con i profumi della macchia mediterranea, con i pomeriggi riarsi dal sole e i campi a olivo e vite. Piuttosto con le acque gelide del Baltico, con le terre abitate dagli antenati dei vichinghi, su a nord. Come succede alle storie che si raccontano intorno a un fuoco, quelle vicende si sarebbero incamminate verso il sud, per poi trovare un poeta, o più poeti, in grado di donare loro la bellezza del verso. E non mi importa che sia un'ipotesi fondata piuttosto che l'ennesima idea strampalata. Mi piace questa idea delle storie che si muovono assieme agli uomini, passando di bocca in bocca. 

L'ho presa alla larga, molto alla larga, ma era esattamente a questa storia di storie in viaggio che pensavo l'altra sera, mentre insieme ad Angela Terzani ed Alen Loreti partecipavo all'inaugurazione del Porto delle Storie. Una realtà che non so bene come definire - bar condiviso, spazio di approdo, luogo di scambio di parole e idee - ma che senz'altro è un'altra prova provata di un paese che dà il meglio di sé dove forse meno ci si aspetta. E il meglio si può trovare anche in un ex circolino dell'Arci, fino a ieri malmesso e abbandonato a se stesso, nascosto in un reticolo di strade alla periferia di Campi Bisenzio.

Certo, ci sarebbero molte altre cose da dire: i prodotti del commercio equo e solidale, il rapporto con Libera, il lavoro prezioso di una cooperativa che già in passato ho avuto modo di conoscere, le gambe che una nuova amministrazione comunale sta dando a diverse buone idee.... Però a me piace soprattutto questa idea delle storie, questo stesso nome che evoca le storie.... Il Porto delle Storie....

E mentre i miei pensieri vagavano tra il Baltico e il Mediterraneo, inseguendo parole di viaggi e su viaggi, ecco, mi è venuto in mente che è esattamente questo ciò di cui abbiamo bisogno: porti a cui approdare, porti in cui cercare riposo e mescolare le nostre parole, in cui lasciare il bagaglio dei nostri racconti e prepare altre partenze.  Bello, come no. Necessario, anche. 

Più tardi una persona amica mi ha risvegliato dalle mie elucubrazioni. Bisogna levare l'articolo, per capire il senso: così mi ha detto. E il sostantivo si è fatto anche verbo. Non solo un porto per ormeggiare le storie. Ma un luogo dove io porto le storie.

E la cosa mi è piaciuta ancora di più. E mi è venuta in mente che in questa storia di storie c'è un'altra storia, bella, che merita di essere raccontata. Quella di un porto, quella di uomini e donne che, come Ulisse, tornano e poi ripartono.

giovedì 15 novembre 2012

Se un bel libro rimane senza editore

Ma una voce, una credibile e mia, sapevo di non averla ancora trovata. Afferrai quel libro, come un peso insostenibile di scoperte, passioni, emozioni. Sapevo che me ne sarei dovuto liberare.

Ci metterà molto, il protagonista de La voce del muto di Fabio Mazzoni, per trovare la sua voce e poi per tradurla in parola scritta e quindi in un libro: e anche così le cose non andranno lisce, niente affatto.

Chi invece la sua voce credo che l'abbia proprio trovata - e lo dimostra proprio con questo romanzo - è lo stesso Fabio Mazzoni: che con passione, generosità, direi anche caparbietà ci propone un bel libro, forte, originale.

Un libro che si fa leggere, ma anche un libro denso di temi su cui è bene riflettere. Un libro sui tempi grami malgrado i luccicchii della new economy, sulla memoria che si trasmette o si perde di generazione in generazione, sulla potenza destabilizzante dei ricordi, sulla capacità dei libri di mettere in moto storie e cambiare persone, e anche, perché no, sulle storture del mercato editoriale.

Questo libro, tuttavia, non lo troverete in libreria. Non è proposto da un editore. Dopo, immagino, diversi rifiuti, l'autore ha scelto la strada del self-publishing, che è cosa ben diversa dal cedere alle sirene dell'editoria a pagamento. E ora si è caricato sulle spalle il faticoso lavoro dell'autopromozione.

Se ho avuto modo di conoscerlo - e di conoscere La voce del muto - è solo per una presentazione organizzata nell'ambito delle iniziative culturali del comune di Campi Bisenzio.

Fa pensare: quante opere che bene o male trovano la strada di un editore - troppe e troppo spesso con una qualità discutibile - e quante opere che invece libri non lo saranno mai, a prescindere dalla qualità.

Discorso maledettamente lungo. A me intanto non mi rimane che consigliarvi La voce del muto. Che almeno in rete si può trovare e acquistare.

venerdì 2 aprile 2010

In viaggio nella memoria con Eraldo Affinati


Credo che si faccia una gran cosa, quando si riesce a portare la memoria fuori dal terreno della rievocazione, dell'omaggio più o meno formale, più o meno doveroso, per far sì che sia qualcosa che riguarda davvero la vita di tutti noi; qualcosa che non registra solo cosa è successo, ma che piuttosto è in grado di tenere insieme, come diceva Italo Calvino, l'impronta del passato e il progetto del futuro. É andata proprio così l'altra sera, al Teatro Dante di Campi Bisenzio, con Eraldo Affinati ospite della rassegna Un mercoledì da scrittori. É andata così, e sono contento di averci partecipato e di avere potuto dare il mio piccolo contributo.

Eraldo ha scritto molti libri importanti, ma la conversazione a Campi Bisenzio non poteva non prendere spunto da Campo del sangue, il racconto di un viaggio da Venezia e Auschwitz, con un bagaglio per niente leggero di ricordi, testimonianze, riflessioni, pagine che contano. Un viaggio della memoria, se si vuole, come quello che tra qualche settimana faranno una trentina di ragazzi di Campi (senza curarsi troppo, per fortuna, di una Giornata della Memoria che sempre più pare confinare le iniziative a gennaio e dintorni, riducendo la memoria a un obbligo di calendario)

Viaggio della memoria, ma anche viaggio e memoria: due tipi di esperienze che direi sono anche due modi di alimentare la vita, di accogliere il cambiamento. Non è che ce ne siano tanti altri di migliori.

E così parlare del Campo del sangue è stata l'occasione per affrontare i temi da cui non si può prescindere. La libertà, la responsabilità, il coraggio della scelta.... solo per dirne alcuni.

Partire per un viaggio così, ne sono sicuro, significa davvero provare a scoprire le notizie sulla specie a cui appartengo, per usare le parole di Eraldo.

Per quanto mi riguarda, sono tornato a casa con qualcosa in più.

Per esempio con una bellissima frase di Dostoevskij: Siamo sempre responsabili di tutto e di tutti, davanti a tutti, e io più di tutti gli altri.

Per esempio, con uno straordinario ricordo di Eraldo, che nella vita fa anche l'insegnante. Quando ha ricordato di aver avuto tra i suoi studenti un ragazzo che ostentava svastiche e altri simboli nazisti, e lui non si è indignato, non gli ha scaraventato addosso chissà quali rimproveri, ma ha affidato tutto a un libro di Heinrich Böll: e quel ragazzo ha letto, ha capito, si è appassionato, ha condiviso.

Ma qui si entra in un altro discorso, sul potere dei libri. O almeno di quei libri come carne viva che per una sera sono stati anche un ponte con Eraldo.

Non sottovalutiamoli i libri, in tempi come questi.

giovedì 18 marzo 2010

Tiziano Terzani e la voglia di viaggio in Italia


Tiziano è morto nel 2004 e l'anno prima diceva ancora: “Se avessi tempo ora farei un viaggio per l'Italia”. Voleva prendere uno zainetto e andare a naso per l'Italia. In fondo quello che voleva era capire il proprio paese

Solo uno spunto tra i tanti che Angela Staude, moglie di Terzani, grande viaggiatrice e grande scrittrice lei stessa (cosa di cui spesso ci si dimentica), ieri sera ci ha regalato a Campi Bisenzio, ospite della bellissima rassegna Un mercoledì da scrittori. Solo uno spunto tra i tanti, appunto, e certo nemmeno il più importante, in due ore fitte fitte di domande e risposte che hanno toccato tanti e tanti temi, dallo spirito del viaggio al destino dell'Asia, dal significato del giornalismo oggi alle atrocità che l'uomo è sempre straordinariamente capace di commettere.

Però sono proprio queste le parole che mi hanno colpito di più e che mi hanno fatto riflettere tornando a casa. Proprio lui: Tiziano Terzani, l'uomo che con le sue parole ci ha scaraventato addosso l'orrore del genocidio di Pol Pot e l'irresistibile bellezza dei templi di Angkor (dimenticavo, Angela ieri era chiamata a presentare Fantasmi, il libro che raccoglie i reportage di Tiziano dalla Cambogia). Il reporter, l'inviato di guerra, l'uomo che viveva di distanze e cercava altri mondi: lui voleva raccontare il suo paese, l'Italia che non conosceva.

Sarebbe stato un grandissimo viaggio anche questo, ne sono convinto. Un viaggio animato dallo stesso spirito con cui Angela e Tiziano un giorno decisero di abbandonare l'Italia e di partire per l'Asia, sospinti dalla curiosità, da una bella domanda (“Possibile che ci sia un solo mondo?”), dalla voglia di vedere, trovare alternative, condividerle. Partire per un continente che i giornali occidentali sostanzialmente ignoravano, con due figli piccolissimi e senza un vero contratto in tasca. Partire in anni che ancora non conoscevano cellulari ed email, ma senza esitare, come fosse la più naturale delle decisioni.

Questi sono tempi che stimolano a visioni piuttosto deprimenti del mondo, ma ieri Angela ci ha procurato alcune iniezioni di fiducia.

Prima notizia: Ai tempi non era più facile prendere e partire, ancora oggi chi vuole può andare. Magari ci vuole un po' di fortuna, ma c'è sempre un mondo da esplorare

Seconda notizia: Ovunque troverete gli stessi alberghi, ma in genere è solo uno strato superficiale che è cambiato, nel profondo i paesi antichi cambiano molto più lentamente

Terza notizia, che dico a modo mio: per tutto questo non c'è bisogno di un volo intercontinentale, a volte bastano anche un treno regionale e uno sguardo diverso.

venerdì 26 febbraio 2010

L'educazione siberiana di Nicolai Lilin


Nei miei momenti di relax o pulisco i miei fucili o leggo la Divina Commedia

Mi sa che in una frase come questa c'è tutto Nicolai Lilin, l'autore di Educazione siberiana, uno degli esordi più folgoranti degli ultimi anni, un libro duro, intenso, sconvolgente, un'opera che come un razzo vi deposita su un altro pianeta fin dalle prime righe. L'altra sera ho avuto la fortuna di presentare questo scrittore e questo libro, al Teatro Dante di Campi Bisenzio, nell'ambito della straordinaria rassegna Un mercoledì da scrittori (seguite i prossimi appuntamenti, mi raccomando). Sono passati due giorni e ancora mi è rimasta l'emozione di un incontro con una persona e prima di tutto con una storia di vita che non vi può lasciare indifferenti. Qualsiasi poi sia il giudizio etico e perfino politico che vogliate dare.

Di fucili e di Divina Commedia Lilin ha parlato l'altra sera, raccontando la sua storia di scrittore che sulle sue pagine riversa tutta la forza della vita vissuta, giocando fin dall'inizio a carte scoperte, senza tentativi di edulcorare, appianare, rendere le cose più gradevoli e accettabili.

Qualcuno ha paragonato Nicolai Lilin a Roberto Saviano (che per altro dell'opera di Lilin è un grande estimatore)e Educazione siberiana a Gomorra. Non so e forse non è il caso di tentare paragoni, anche perché Nicolai Lilin fa suo, o per lo meno ha fatto suo, il sistema di valori e di regole del mondo criminale che racconta.

E forse per noi è proprio questo il fatto più sorprendente e illuminante. Che ci siano regole, in questa realtà di assoluta violenza. Che ci possano essere criminali onesti e leggi criminali. Spiazza questo rovesciamento del buon senso etico. Ma spiazza soprattutto scoprire che da quel mondo di armi e risse, di regolamenti di conti e vite buttate via, possa lievitare tanta bellezza.

I fucili e la Divina commedia, appunto.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...