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venerdì 11 novembre 2016

Mordecai, politicamente scorretto e così tenero per Jacob

E c'è anche Jacob Due Due, anzi Jacob Two Two, cioè il bambino costretto a ripetere ogni cosa due volte, perché la prima non lo capisce nessuno. Non lo conoscevo, anche se credo sia piuttosto famoso tra i suoi coetanei, non fosse altro che per il cartone animato.

Il fatto è che è uscito dalla penna di uno degli scrittori che più mi sono cari, Mordecai Richler, l'autore de La versione di Barney, cioè uno di quei libri che se qualcuno mi facesse la domanda "che cosa ti porteresti dietro in un'isola deserta?", ecco, sarebbe proprio uno di quei libri.

Ma La versione di Barney non è solo un libro per adulti, è un libro che va letto con alle spalle il tempo della vita, un libro che ha bisogno delle lenti dell'esperienza. Come una cena da consumare dopo che all'aperitivo ci siamo serviti di tutti gli assaggi delle delusioni, delle infatuazioni, delle separazioni.

E invece ecco  Jacob Due Due, le cui storie in Italia sono pubblicate per Adelphi allo stesso modo degli altri titoli. Leggo in un bel libro di Christian Rocca, Sulle strade di Barney (più che una biografia un atto di amore nei confronti del grande Mordecai) che Jacob è in realtà il più piccolo dei figli della famiglia Richler, Jacob, appunto, detto Jake.

Era lui che doveva ripetersi sempre, perché la prima volta che apriva bocca nessuno gli dava ascolto. Da grande Jacob lo spiegò in un'intervista, che fu trasmessa nel teatro di Montréal dove si ricordava il padre defunto. Solo che saltò tutto. Gli organizzatori dovettero penare per sistemare le cose e fecero ripartire l'intervista dall'inizio. Jacob Due Due, appunto.

La cosa sarebbe senz'altro piaciuto a Mordecai. E a me piace che questo scrittore che tutti ricordano come uno dei più politicamente scorretti dei nostri tempi, poi potesse scrivere pagine così tenere per tutti i bambini.

lunedì 26 agosto 2013

Cesare Pavese: ci sarà sempre il mare


Uomo solo dinanzi all'inutile mare,
attendendo la sera, attendendo il mattino.
I bambini vi giocano, ma quest'uomo vorrebbe
lui averlo un bambino e guardarlo giocare.
Grandi nuvole fanno un palazzo sull'acqua
che ogni giorno rovina e risorge, e colora
i bambini nel viso. Ci sarà sempre il mare.

(Cesare Pavese, Paternità, da Lavorare stanca)

martedì 21 maggio 2013

Lo scrittore-aviatore e il suo Piccolo Principe

Volare. Se viaggiare fu per lo scrittore-aviatore l'unico verbo coniugabile alla sua vita, beh, volare è stato il suo ausiliare del cuore.

Perduto il padre (un infarto) in una stazione ferroviaria, bocciato (due volte) all'ammissione alla Scuola Navale, costretto per campare a girare la Creuse in auto (da rappresentante) per vendere camion, Saint-Ex scelse - con (e come) trasporto - di guardare il mondo, anche quello tragico di "Lettera a un ostaggio" e di "Pilota di guerra", dal suo asteroide con gli occhi di un Piccolo Principe che si impegna eticamente in tutto ciò che fa:

"Il mestiere di testimone mi ha sempre fatto orrore. Che cosa sono, se non partecipo? Ho bisogno, per essere, di partecipare".

Per questo quel bambino biondo di 70 anni, caduto dal cielo giusto in tempo, prima che il suo creatore si inabissasse - un bambino, in questo odierno mondo, più extraterreste di quanto lo fosse allora - si fa ancora leggere così tanto e quasi ovunque: ha ancora parecchio da insegnare, ma con quella sua delicatezza di chi non vuole farti la morale.

(Cesare Fiumi, All'età di 70 anni il Piccolo Principe perdona chi l'ha ucciso, da Sette del Corriere della Sera)

martedì 24 aprile 2012

Paure e sogni con il bambino di Scurati


C'è un bambino che si aggira nella notte, sonnambulo, e urla che perchè nei suoi sogni si annida la fine del mondo.

C'è Bergamo - ma potrebbe essere una qualsiasi altra città del Nord operoso, opulento, effimero -  scossa dai sospetti che crescono fino a diventare certezze,  peccato che non siano certezze che restituiscono serenità, piuttosto scavano voragini di paura.

C'è una scuola materna travolta dalla psicosi e non si sa più se credere ai maestri o ai genitori, solo i bambini sembrano fragili creature destinate comunque alla sconfitta.

E c'è un circo mediatico che su tutto questo ci va a nozze, perchè se c'è una cosa che riesce bene in tv e che fa vendere i giornali è proprio la violenza. La violenza e il dolore, qualunque sia.

E'  libro complesso, Il bambino che sognava la fine del mondo di Antonio Scurati (Bompiani). Un libro a più registri, che è insieme cronaca e invenzione narrativa, con qualche pennellata autobiografica.

Perché è così che funziona: alla fine il romanzo, quando è genuino, riesce a mettere il dito nelle piaghe che fanno male, più e meglio di tante inchieste giornalistiche.

giovedì 16 giugno 2011

L'amore per i libri che nasce dal piacere

Il verbo leggere non contempla il modo imperativo

Grande verità, questa, perché l'amore della lettura mette radici con il piacere, non con l'obbligo scolastico, non con il senso del dovere e relativo senso di colpa, che sta ai libri come la Controriforma stava al sentimento religioso. Lo diceva Gianni Rodari, elencando ciò che non si doveva fare: ordinare di leggere, trasformare il libro in uno strumento di tortura, dare la colpa ai bambini se non amano la lettura. E di questo ha scritto in questi giorni Simonetta Fiori, in una bella pagina di Repubblica dal titolo L'amore dei libri spiegato ai bambini.

Cosa fare? Mettersi in gioco con tutti se stessi, direi. Dice Simonetta Fiori, per esempio:

Intanto la lettura a voce alta. I bambini rimangono affascinati da un adulto che sappia interpretare il testo

Non declamare, ma condividere. Creare un rapporto quasi fisico con il libro. Creare complicità. Consegnare alle parole lette le proprie emozioni, farne messaggi in bottiglia che arrivano al cuore.

Pensare che a volte le cose sembrano così complicate. Si dà persa una volta per tutte la partita con la televisione e la playstation. Forse invece basterebbe qualche compito in meno a casa e un po' di tempo in più per leggere insieme.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...