Visualizzazione post con etichetta Sten Nadolny. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Sten Nadolny. Mostra tutti i post

lunedì 21 marzo 2016

Il libro che ci insegna il buon uso della lentezza

I lenti una volta non godevano di buona fama. Venivano giudicati impacciati, maldestri, anche se eseguivano gesti difficili. Tutti li ritenevano goffi, anche quando procedevano con una certa grazia nel camminare. 

Direi che nemmeno oggi i lenti godano di buona stampa e lo dice a malincuore uno che la lentezza la pratica poco ma la porta in ogni caso in palmo di mano. Non a caso, tra l'altro, uno dei libri che da sempre mi è tra i più cari è La scoperta della lentezza di Nadolny Sten, splendido romanzo su John Franklin, grande esploratore e navigatore nella sua lentezza.

A questo concetto, che può diventare virtù e stile di vita, rende però un buon servizio un libro del saggista Pierre Sansot, uscito per Il Saggiatore. Copertina eloquente, titolo ancora di più - Sul buon uso della lentezza - per non dire del sottotitolo: Il ritmo giusto della lentezza.

L'autore è un filosofo e antropologo francese, cosa che faceva prospettare un qualche rischio di astruseria. Invece no, perché il libro scorre bene, divaga il giusto, va al punto senza puntarci mai direttamente.

Nei vari capitoli si tratta dell'andare a spasso - che non significa fermare il tempo, ma adattarlo a noi senza lasciare che ci metta fretta - così come della noia che fa bene - quella in cui ci si stira voluttuosamente, per cui si sbadiglia di piacere, tutti felici di non avere nulla da fare, di rimandare a più tardi le cose che non sono urgenti.

Si parla della vita di provincia, del buon vino che ha tempo dietro e che con il giusto tempo va assaporato, dell'arte del poco, che non è cosa da poco, perché per alcuni è la condizione che permette di tirare fuori una particolare creatività. E si arriva alle idee di una cultura dolce, facoltativa, silenziosa, per non dire di un'urbanistica ritardataria.

Un libro che non spalanca nuovi mondi, ma che permettere di vivere più comodamente nel nostro mondo.  Da leggere, vabbene lo dico, con piacevole lentezza.

domenica 7 ottobre 2012

Che fine ha fatto il secondo uomo sulla luna

Ti ricordi di me?
Mi vedi?
Ero la cosa peggiore che ci si possa immaginare. Ero normale.
Ero quasi invisibile, vero?
E forse ero la persona più felice che tu potresti aver incontrato



Mattias è fatto così, è una persona che si è sempre tenuto lontano dalla luce dei riflettori. Gli piace essere invisibile, comunque non arrivare mai primo. Ci sono persone così al mondo. Sono strane, in un mondo dove l'importante è vincere, non partecipare, ma ci sono. Sono strane perchè pretendono di essere normali e lo sono.

Mattias da ragazzino era uno di quelli che non si siedono al primo banco, non alzano la mano per primi, non trovano mai le parole giuste per attaccar discorso con la compagna di classe che gli piace. Quando ha scoperto di avere una straordinaria predisposizione per il canto non ha cominciato a sgomitare per guadagnarsi un posto al sole.

Da sempre fantastica sulle avventure spaziali, ma il suo eroe non è Neil Armstrong, il "primo" uomo sulla luna, è Buzz Aldrin, il "secondo" uomo sulla luna, quello di cui nessuno si ricorda, e che, per inciso, era il più esperto e capace tra i due. Mattias guarda la luna ma sa farsi bastare un pò di terra per il suo lavoro di giardiniere.

Non è un libro sulla luna, Che ne è stato di te, Buzz Aldrin? (Iperborea) di Johan Harstad, giovane autore dalla Norvegia. O forse lo è, anche se tiene i piedi ben piantati sulle terre dei mari del grande Nord. Lo è perchè bisogna sempre andare lontano per ritrovare se stessi, e questo è il viaggio che racconta Harstad, il viaggio più difficile.

Norvegia e poi le Faroe, isole distanti da tutto, sferzate dal vento e dal mare. Perdersi e poi ritrovarsi. La difficile battaglia della solitudine per investire in autenticità e poi riscoprire i legami.

Non tutti hanno bisogno del mondo intero.
Io volevo solo stare in pace.


E un nuovo inizio che forse avrà il colore di altri mari, il calore dei Caraibi. Prima inseguiti leggendo e rileggendo una guida fino a consumarla, poi possibilità, vita che svolta, capitolo che comincia. Imbarcazione che lascia il suo molo:


Le Faroe erano ridotte a una parentesi nell'oceano e noi eravamo scomparsi

E fai fatica a scioglierti da questo viaggio di 450 pagine e accettare la separazione. E magari vorresti gettarti in acqua e raggiungere Mattias e i suoi amici, nemmeno ti sentissi già in colpa per non essere partito con loro.

Ps: Consiglio su consiglio, questo è un libro che metto idealmente accanto a un altro di qualche anno fa, altra scoperta, libro per me davvero necessario. La scoperta della lentezza di Sten Nadolny. Altra storia di anomala normalità o di normale anomalia, di saggezza che procede per la tangente, di vittorie che rovesciano il buon senso e le attese.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...