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lunedì 22 febbraio 2016

La battaglia di Waterloo e la verità degli scrittori

La battaglia di Waterloo? Un enigma, per quanto se ne sia scritto e riscritto. Un enigma che resiste alle ricostruzioni più o meno attendibili e alle interpretazioni degli storici. Un enigma che prima ancora che la verità dei fatti chiama in causa il senso stesso delle vicende umane, lungo quei crinali che decidono un'epoca. Come sono cambiate le traiettorie della vita, anzi, delle tante vite che ebbero qualcosa a che vedere con quel fatidico 18 giugno?  Fu destino o concomitanza di cause? E poteva andare diversamente?

Domande così, non da poco, che forse più che il mestiere dello storico chiamano in causa qualcos'altro. E in questo libretto pubblicato da Sellerio qualcos'altro troviamo davvero. E' il racconto della battaglia fatto da due dei più grandi autori di romanzi dell'Ottocento europeo, Walter Scott e Victor Hugo. Due  scrittori, due paesi diversi e contrapposti a Waterloo, due modi di vedere gli eventi, di descriverli, di trarne un senso.

E già questo dice molto, della verità della storia. Del resto vietato stupirsi, se anche Waterloo in effetti non è stata Waterloo, in una battaglia decisa in località che portano ben altri nomi: ma si sa, anche i nomi delle vittorie sono appannagio dei vincitori e Waterloo suonava ben più inglese di tutti gli altri.

Quante domande salgono da queste pagine. E se quel giorno non fosse piovuto? Se Napoleone si fosse circondato di migliori generali? E cosa sarebbe successo se Napoleone avesse sbaragliato l'esercito di Wellington arrivando a Bruxelles?

Ma forse, nella verità del romanzo (che non è quella della storia), è solo così che poteva andare a finire. Con l'ultimo atto della gloriosa avventura di Napoleone, dalle stelle alla polvere. Con l'eroe sconfitto dal fato. Con tutti gli altri uomini inghiottiti nelle fosse comuni. Con il silenzio di un luogo che anni più tardi sembra non rivelare più nulla, non fosse per lo sguardo di uno scrittore che non si rassegna all'evidenza.

venerdì 23 dicembre 2011

Gli anziani genitori di una vita come le altre

Accanto al lavello, che loro chiamavano ancora acquaio, c'era spesso una casseruola di patate già sbucciate e pronte per essere bollite, più una di cavolini di Bruxelles e carote.


Papà le preparava la mattina presto, o anche la sera prima; non sapendo come passare il tempo, svolgeva quelle mansioni sempre più in anticipo, e appena finito un pasto si attivava per quello successivo.


Mi è capitato altre volte di vedere coppie di pensionati fare questi preparativi troppo presto. E' un comportamento che parla di vite deserte, prive di occupazioni vere e proprie, tanto che a confronto la sporcizia e la sciatteria sono quasi più allegre.

(da Alan Bennett, Una vita come le altre, Adelphi)

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...