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lunedì 9 marzo 2020

Riflettori accesi sui perdenti di talento

Vi hanno detto che è bene vincere le battaglie?
Io vi assicuro che è anche bene soccombere, 
che le battaglie sono perdute nello stesso spirito in cui vengono vinte....

Sono versi di Walt Whitman, tratti da Il canto di me stesso, e sono perfetti come epigrafe di questo libro affascinante e strampalato, buono per tutti i curiosi e gli affamati di storie. Paul Collins lo avevo già incontrato in un altro libro, in cui raccontava la sua esperienza da Hay-on-Wye, la città dei libri del Galles: e avevo capito già da quelle pagine che era un collezionista di singolari traiettorie umane oltre che un ottimo affabulatore.

Lo ritrovo ora con La follia di Banvard (uscito sempre per Adelphi), libro di qualche anno fa ma che aveva destato la mia diffidenza di lettore, per un titolo che un po' ostico è senz'altro. 

Non avevo capito che era un libro sulla sconfitta, anzi sugli sconfitti. Meglio sugli sconfitti di genio e talento: gente che meritava, gente che a volte ce l'ha anche fatta, o quasi fatta, solo che è mancato quell'istante, quel dettaglio, quell'ultima tessera del mosaico. Gente che per un momento ha assaporato il successo prima di una caduta ancora più rovinosa. Gente, a volte, che è arrivata troppo presto all'appuntamento con gli eventi e le circostanze.

Non l'avevo capito ma appena ci sono arrivato in queste pagine mi nsono immerso. E fino alla fine non l'ho mollato più.

sabato 8 gennaio 2011

Quell'eterna sconfitta della memoria

In che misura si può conoscere il passato di coloro che sono scomparsi nel nulla? Si possono leggere libri, parlare con chi c'era, studiare le fotografie, recarsi nei posti dove quelle persone vissero, i luoghi degli avvenimenti. Qualcuno può rivelare: avvenne quel tal giorno, mi sembra si sia incontrata con delle amiche, era bionda.
Ma inevitabilmente sono solo approssimazioni

Quanto mi ha colpito e coinvolto la lettura de Gli scomparsi di Daniel Mendelsohn ve l'ho già detto. Si tratta di uno dei libri più intensi e appassionanti che abbia mai letto sulla memoria dello sterminio del popolo ebraico. Eppure è un libro che va oltre, immensamente oltre, l'orrore della Shoah, per diventare riflessione alta sul bene e sul male, sulla responsabilità, sulle possibilità stesse della memoria.

Eh sì, forse è proprio questo il punto centrale. La necessità di ricordare ogni singola vita - restituendo a essa qualsiasi ricordo di cui è legittima proprietaria - e in effetti anche l'impossibilità di ricordare effettivamente.
Voler restituire vita e nello stesso tempo esserne incapaci.

E mi sa che è proprio questa la memoria, nient'altro che questa tensione costante, ineludibile, necessaria tra il dovere e il potere. Questa responsabilità nei confronti di ogni vita - perché se non sono io a ricordarla, chi potrà farlo al mio posto? - e questa eterna sconfitta che andrò ogni volta a ricercare.

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...