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martedì 22 novembre 2011

Un Don Chisciotte nella Firenze in guerra

Era un grande scrittore e un grandissimo giornalista, Romano Bilenchi, troppo presto dimenticato. Appartiene a un altro mondo e a un'altra epoca, ma tuffarsi nelle sue pagine è sempre un piccolo grande piacere, che prima di tutto ha a che vedere con il piacere di una lingua pulita e densa.

Non solo con la lingua, però. In quetsi giorni mi è capitato tra le mani il suo Amici (Bur Rizzoli), libro che racchiude storie e incontri di un uomo che seppe mantenersi fedele alle sue amicizie. E' una straordinaria carrellata di artisti e intellettuali che animarono la Firenze degli anni Trenta, Quaranta, Cinquanta, da Elio Vittorini a Mario Luzi, da Mino Maccari a Ottone Rosai.

Ma il personaggio più straordinario - meriterebbe un romanzo - non ha un nome e un posto nella storia della nostra cultura. Era un marchese spagnolo - un nobile decaduto che fa tanto Don Chisciotte - che nella Firenze della guerra, per risparmiare, mangiava in una trattoria di quart'ordine frequentata anche dai membri della Resistenza in clandestinità. Aria di grande di Spagna che non riesce a persuadersi alla sua decadenza, poeta molto convinto delle sue liriche dalla scarsa fortuna, era uno che parlava così: "Che era, Bilenchi, quella guapa signora bionda che paseava con voi?", "Era mia moglie, signor marchese".

martedì 21 giugno 2011

Il dittatore che si lasciò spaventare da un libro

Questa mi mancava, lo scopro solo ora. Nel 1981 il Cile del dittatore Pinochet non trovò niente di meglio che proibire il Don Quijote, nemmeno fosse un pericoloso pamphlet sovversivo.

Non so quali ragione spinsero a tanto. Forse fu la contagiosa possibilità di libertà che circola per quelle pagine. O peggio ancora,  fu l'inammissibile esempio di un uomo, tutt'altro cavaliere rispetto ai cavalieri nostrani, che coltivava i suoi sogni nella vita di ogni giorno. O anche l'altrettanto inammissibile idea che, nel dubbio, è sempre meglio tifare per chi parte lancia in resta contro i mulini a vento piuttosto che per chi getta la spugna.

Non lo e mi sa che nemmeno ho voglia di saperlo. La prendo come una bella misura dell'idiozia - ovviamente criminale - che sono capaci di manifestare i regimi militari.

Cito da Gian Luigi Beccaria sulla Stampa:

Borges diceva  che il vero mestiere dei monarchi è stato quello di costruire fortificazioni e incendiare biblioteche. La storia è difatti un elenco infinito di roghi di libri

Vero, verissimo. Ma mi va di guardarla anche in un altro modo: provo piacere al pensiero di questi dittatori, di questi eserciti armati fino ai denti, che si lasciano spaventare dalla carta. Come l'elefante con il topolino.


mercoledì 15 giugno 2011

Don Quijote e Borges, le due biblioteche


Quanti tipi di biblioteche ci sono? Infinite, ovviamente, ma leggendo Umberto Eco, ancora lui, ho intuito che grosso modo si possono suddividere in due categorie. Le biblioteche che ti spingono verso il mondo e le biblioteche in cui provi a rinchiudere il mondo.

Se le une e le altre potessero essere catalogate, così come si fa con le specie animali e vegetali, allora varrebbe la pena usare due nomi - profondamente letterari - che corrispondono a libri che nella mia personale biblioteca contano moltissimo.

Don Quijote, innanzitutto, con la sua biblioteca piena di romanzi cavallereschi, avventure e imprese. La sua storia comincia quando chiude i libri e si lascia la casa alle spalle per inoltrarsi nel mondo. Quei libri se li porta dietro, tutti nella testa e nel cuore.

E il grande Borges, poi, lo scrittore della biblioteca universale, della biblioteca dove c'è tutto (e tutto è già stato scritto), la biblioteca dove i libri si parlano tra loro

Scrive Umberto Eco:

Don Quijote ha cercato di trovare nel mondo fatti, avventure, dame che la sua biblioteca gli aveva promesso; e quindi ha voluto e creduto che l'universo fosse come la sua biblioteca. Borges, meno idealista, ha deciso che la sua biblioteca era come l'universo - e si capisce quindi perché non ha più provato la necessità di uscirne

Chissà da ragazzino, inseguendo i personaggi di Emilio Salgari, la mia biblioteca era più modellata su quella del buon Don Quijote. Ma oggi, come sento vicino a me le parole di Borges, nel suo Elogio dell'Ombra

Tra l'alba e la notte è compresa la storia
universale. Nella notte io scorgo
ai miei piedi l'errare dell'ebreo,
Cartagine annientata, Inferno e Cielo.
Dammi, Signore, letizia e coraggio
per toccare la vetta del mio viaggio

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