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lunedì 1 giugno 2015

Il mondo è più bello se visto da una vetta

Non credete troppo al titolo. E' assai più di un vademecum, Vademecum per perdersi in montagna di Paolo Morelli (edizioni Nottetempo): un glossario divertito, irriverente, eccentrico, ora surreale con leggerezza ora spietatamente incollato alla verità delle cose.

Con tanto amore della montagna e altrettanta sana diffidenza per molti dei suoi sprovveduti frequentatori della domenica (tra cui grosso modo potrei annoverarmi anch'io).

Con diversi mirabili incontri ma anche una bella dose di disavventure possibili e pronosticate.

E su tutto la serena e condivisibile convinzione che il mondo è assai più bello se colto dalla prospettiva di una vetta, laddove ci si può illudere, non per tanto ma almeno per un pezzetto, che non esistano davvero ipermercati e giungle d'asfalto e spiagge prese d'assalto e... il resto aggiungetelo voi, al primo squarcio di orizzonte che vi spalanca un sentiero.

domenica 15 febbraio 2015

Non c'è sentiero che non abbia qualcosa da raccontare

Vado per sentieri da anni, e di sentieri leggo anche da tempo.

La letteratura sui viaggi a piedi è lunga e si presenta in forma di poesie, canzoni, storie, trattati, guide, carrate, romanzi e saggi. 

Il patto tra scrittura e cammino è tanto antico quanto la letteratura stessa: una passeggiata può facilmente diventare una storia, e non c'è sentiero che non abbia qualcosa da raccontare.

(Robert Macfarlane, Le antiche vie. Un elogio del camminare, Einaudi)

domenica 23 novembre 2014

Il poeta verso l'angusto sentiero del Nord

I giorni e i mesi sono viaggiatori dell'eternità.

Ugualmente gli anni sorgono e tramontano. La nostra vita è un viaggio, che alcuni trascorrono in barca, altri per strada, finché non invecchiano i cavalli del loro carro. Non è la strada la nostra vera dimora? Lo mostrano i poeti d'un tempo che hanno incontrato la morte camminando.

Anche per me giunse il giorno in cui l'infinita libertà delle nuvole mosse dal vento chiamava a vagabondare lungo le coste selvagge di Ki.

Quando ritrovai la mia capanna in riva al fiume, l'estate era finita; e nel tempo che impiegai a ripulire il legno vecchio dalle ragnatele, anche l'anno era finito.

Con la primavera nebbiosa tornò il prurito di riprendere la strada verso la dogana di Shirakawa; gli dèi del viaggio chiamavano, e io non potevo ignorarli.

Rammendai quindi le braghe, infilai un cordone nuovo nei passanti del cappello e già vedendo sorgere la luna di Matsushima.

Ho venduto la capanna, ospite per qualche giorno nel padiglione del mio discepolo Sampu, ma prima di lasciare anche quest'albergo, ho pennellato una poesia su una sciarpa che ho appeso al pilastro:

Questa bicocca da eremita
non sarà più la stessa
casa di bambole

(Basho, L'angusto sentiero del Nord, Vallardi)



domenica 7 settembre 2014

Quel che i luoghi fanno a noi

Sappiamo raccontare benissimo, anche se a volte con qualche imbarazzo, che cosa noi facciamo ai luoghi, mentre siamo assai meno bravi a dire quel che i luoghi fanno a noi. 

Da un po' di tempo ho l'impressione che per ogni paesaggio importante le due domande da farci dovrebbero essere le seguenti: primo, che cosa so quando sono in questo luogo che non posso sapere da nessun'altra parte? 

Dopo di che, e senza speranza di risposta: che cosa sa di me questo luogo che neanch'io posso sapere di me stesso?

(Robert Macfarlane, Le antiche vie. Un elogio del camminare, Einaudi)

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