Visualizzazione post con etichetta Portogallo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Portogallo. Mostra tutti i post

sabato 5 settembre 2015

Pessoa, il viaggio è una nostalgia di pietra

Ah, ogni molo è una nostalgia di pietra!
E quando la nave salpa
e subito ci accorgiamo che s'è aperto uno spazio
tra il molo e la nave,
non so perché, mi coglie un'angoscia mai provata,
una nebbia di sentimenti di tristezza
che brilla al sole delle mie angosce rifiorite
come la prima finestra sulla quale riverbera l'alba,
e mi avvolge come il ricordo di un'altra persona
che fosse misteriosamente mia


Questi versi - tratti da Ode marittima - ce li ha lasciati il grande Fernando Pessoa, il poeta portoghese che si è interrogato sull'uno e sui molti che ognuno di noi è e che così diceva: Viaggiare? Per viaggiare basta esistere.

Pessoa ha viaggiato più con la fantasia che con il suo corpo - pur trascorrendo un bel pezzo di vita in Sudafrica - ma conosceva bene i sentimenti che si associano al viaggio, dall'inquietudine alla sorpresa, dalla nostalgia alla possibilità di inventarsi sotto un altro nome, un'altra storia.

Sapeva bene anche che il viaggio è distacco, concetto che richiama un movimento della mente e del cuore, ma che può essere anche tremendamente concreto. Il distacco di un aereo dalla pista, il distacco di una nave dal molo a cui era attraccata.

Ed è proprio vero:

Ogni molo è una nostalgia di pietra.

mercoledì 15 luglio 2015

Il viaggio di Saramago nel suo Portogallo


Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono, afferma il grande Josè Saramago e lo dice proprio al momento dei saluti, dopo un viaggio lungo 500 pagine, come a dire: non è finita.

Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio.  Sempre. Il viaggiatore ritorna subito. 

Dice anche questo, subito dopo. Anzi, sono proprio queste le ultime parole del suo Viaggio in Portogallo.

Ci ha preso per mano, Josè Saramago, e non ci ha più mollato. Ci ha spinto a varcare la frontiera con la Spagna, in un posto che difficilmente troveremmo sulla carta. Poi ci ha fatto posto in macchina, per vagabondare tra paesi di contadini chiese dimenticate, piazzette abbellite dagli azulejos. Non si è stancato di mostrarci un paese allo stesso tempo sospeso nel tempo e segnato dal tempo, che profuma di montagna e di oceano.

Ci ha quasi stancato, Josè Saramago: non è che l'ha tirata troppo per le lunghe? E com'è che ci racconta tutto in terza persona - attribuendo tutto a un viaggiatore senza nome ma che è ovvio che è lui stesso?

Sarà davvero che è il viaggiatore e non il viaggio che finisce. Sarà che finisce perché il viaggiatore non è mai lo stesso. Cambia con il viaggio. Con lo sguardo che ogni volta è diverso. Con il paese che non è mai lo stesso, anche se per qualche scherzo del destino, porta lo stesso nome.

Questo Portogallo che sarà un altro Portogallo. Prima o poi anche il mio Portogallo. 

lunedì 27 maggio 2013

Amsterdam raccontata come in una biografia

E' il sottotitolo a dire tutto: biografia di Amsterdam.

Mica storia di Amsterdam, come sarebbe fin troppo scontato. Ma biografia, lo stesso termine che siamo abituati a leggere o ad adoperare per un pittore o un capo di Stato.

Bello e sorprendente, Un'idea di libertà di Geert Mak (Bruno Mondadori editore). Per come è scritto e per tutto ciò che racconta di questa straordinaria città, fuori da ogni luogo comune - tulipani e droga libera, per intendersi.

Amsterdam, città letteralmente strappata alle acqua, villaggio di pescatori che nasce intorno all'anno Mille da un tratto del fiume Amstel interrato. Amsterdam che nel giro di poche generazioni impone al mondo un'incredibile egemonia, con i suoi commerci e le sue navi che solcano gli oceani. Amsterdam che non si rinchiude nelle mura e che si fa forte dei profughi che gli arrivano dal resto d'Europa, siano gli artigiani inglesi o gli ebrei sefarditi del Portogallo. Amsterdam, ancora, che sarà luogo di tolleranza e libertà, come tale ricordata da Descartes e Voltaire. E non a caso sarà proprio ad Amsterdam che John Locke scriverà la sua Lettera sulla Tolleranza.

E ancora i grandi pittori, gli esploratori, i banchieri. Fino ad alcune indimenticabili - e da me finora completamente ignorate - figure del ventesimo secolo, uomini che hanno provato a reinventare la città, inseguendo utopie sociali e ideali urbanistici.

Che bel libro. Uno di quei libri che ci si fa un torto a voler riassumere in poche righe. Perché in realtà è un mare intero di storie, in cui è semplicemente bello perdersi.

giovedì 14 marzo 2013

Il viaggio non finisce mai, il viaggiatore ritorna

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione.

Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero.

Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era.

Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito.

(Josè Saramago, da Viaggio in Portogallo, Einaudi)

mercoledì 13 marzo 2013

I viaggi e gli altri viaggi di Antonio Tabucchi

Nati dalle occasioni più diverse, sempre da viaggi ma mai da viaggi fatti per poi diventare letteratura di viaggi, questi testi vagavano come isole in un arcipelago fluttuante....

E' così che Antonio Tabucchi presenta il suo Viaggi e altri viaggi (Feltrinelli), raccolta di articoli, memorie, scritti vari legati al suo peregrinare per il mondo e in genere al grande dono che gli ha fatto la vita, ovvero la possibilità di abitare molti altrove, dall'India a Creta, dall'Australia al Portogallo.

Si tratta del primo libro che ho avuto modo di leggere o rileggere dopo la sua morte, mettendo inevitabilmente in conto un crampo di nostalgia. Libro diseguale, tra l'altro, che contiene pagine più o meno felici, di diverso valore e di diverso coinvolgimento emotivo. Però un libro a suo modo necessario, non fosse altro che per abbracciare con un solo colpo d'occhio queste isole in un arcipelago fluttuante,  isole, forse, a loro modo alla deriva.

E quindi per condividere la consapevolezza che fu di Tabucchi, oltre i viaggi che qui sono raccontati.

Ma forse mancano i viaggi più straordinari. Sono quelli che non ho mai fatto, quelli che non potrò mai fare. Restano non scritti, o chiusi in un loro segreto alfabeto sotto le palpebre, la sera. Poi arriva il sonno, e si salpa.




martedì 30 ottobre 2012

Tra gotico e horror nella Spagna del Medioevo

Pensare che Eça de Queiroz è conosciuto soprattutto come il massimo esponente del realismo portoghese, per il modo con cui, da Lisbona a Oporto, ha raccontato un Portogallo di commercianti e avventurieri, banchieri e disperati, politici e prostitute.

Poi capita tra le mani La buonamina, un racconto lungo scovato e riproposto dalla casa editrice Passigli. E di balzo siamo nella Spagna dell'ultimo scorcio di Medioevo, negli anni in cui si apprestano a salire al trono Fernando e Isabella. Più precisamente, a Segovia, con i suoi monasteri, i suoi palazzi austeri, le sue campagne riarse intorno.

Ambientazione storica, va bene. Solo che bastano due capitoletti per sprofondare in una vicenda che più gotica non si può, intrisa di quel romanticismo che incrocia le grandi passioni amorose con una irresistibile attrazione per il regno dei morti.

E i morti si mescolano ai vivi, in queste pagine. E i corpi penzolano in cima alla Collina degli Impiccati e al vento sospingono la loro domanda, che non è solo di un horror prima dell'horror, non è solo della letteratura:

Chi può dire che cos'è la vita? Chi può dire che cos'è la morte?

giovedì 14 giugno 2012

Ogni molo è una nostalgia di pietra

Ah, ogni molo è una nostalgia di pietra!
E quando la nave salpa
e subito ci accorgiamo che s'è aperto uno spazio
tra il molo e la nave,
non so perché, mi coglie un'angoscia mai provata,
una nebbia di sentimenti di tristezza
che brilla al sole delle mie angosce rifiorite
come la prima finestra sulla quale riverbera l'alba,
e mi avvolge come il ricordo di un'altra persona
che fosse misteriosamente mia


Sono versi - tratti da Ode marittima - che ci ha lasciato il grande Fernando Pessoa, lo stesso che ci ha detto:  Viaggiare? Per viaggiare basta esistere.

Pessoa è uno che ha viaggiato più con la fantasia che con il suo corpo - pur trascorrendo un bel pezzo di vita in Sudafrica - ma che comunque conosceva bene i sentimenti che si associano al viaggio, dall'inquietudine alla sorpresa, dalla nostalgia alla possibilità di inventarsi sotto un altro nome, un'altra storia.

Sapeva bene anche che il viaggio è distacco, concetto che richiama un movimento della mente e del cuore, ma che può essere anche tremendamente concreto. Il distacco di un aereo dalla pista, il distacco di una nave dal molo a cui era attraccata.

Ed è proprio vero:

Ogni molo è una nostalgia di pietra.

lunedì 2 aprile 2012

Con Amerigo la scoperta è una parola

Non si tratta di un funerale di un ricco o di un nobile. Un funzionario qualunque del re è condotto all'ultima dimora, un certo Despuchy o Vespuche. Nella città straniera nessuno sospetta che si tratti dello stesso uomo che ha dato il nome alla quarta parte del mondo....

Così racconta Stefan Zweig, che alla storia dell'uomo che ha dato il  nome alla quarta parte del mondo dedicò il suo ultimo libro (Amerigo, ora ristampato da Elliot). E la storia - storia incredibile di equivoci, sorprese, riconoscimenti tardivi - sta tutta in quel nome.

Il nome dell'uomo che la gente non sapeva nemmeno come si chiamava, il giorno in cui fu seppellito in un cimitero di Siviglia. Il nome che dall'uomo si è trasferito a un intero continente, l'America, assegnando così una sorta di immortalità al mercante fiorentino che aveva viaggiato per conto del re del Portogallo.

Di Amerigo Vespucci parleremo molto in occasione dei 500 anni della sua morte e già sono usciti alcuni bei libri, come Il fiorentino che inventò l'America del giornalista Mauro Bonciani.

E più che di Vespucci forse avremo modo di parlare di questa parola, del suo incredibile viaggio attraverso il tempo e lo spazio per conquistare il suo posto nella geografia del pianeta.

Perché Amerigo Vespucci e non Cristoforo Colombo? Perché quest'ultimo aveva parlato di Indie raggiunte  buscando el levante por el ponente.

Amerigo invece aveva inviato una lettera a Lorenzo dei Medici, in cui aveva parlato di Mundus Novus, nuovo mondo.

E questa è forse la storia di ogni scoperta. Non è solo approdare per la prima volta in una terra. E' dare un nome a quella terra.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...