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lunedì 28 dicembre 2015

Guardare la neve da una casa, questa è l'Olanda

Questa pianura con tutte le gradazioni del verde. Queste file di salici piegati sull'acqua e dietro, belli dritti, i pioppi. Questi paesini in lontananza, di cui si intravede solo la punta del campanile e poco più. E le mucche ovunque. E la vela di un'imbarcazione che procede lungo un canale, solo che il canale, nascosto dietro l'argine, non si vede: perché perfino nei Paesi Bassi, evidentemente, non tutto si lascia scorgere, malgrado l'orizzonte spalancato. 

 Chissà come sarà, di inverno: saltare giù dal letto, schiudere le imposte, scoprire lo spettacolo del manto di neve intatto. Non sono sicuro, a dire il vero, che da queste parti abbiamo imposte, considerata la fame di luce nei lunghi mesi invernali. Però rende l'idea: il primo vero movimento dopo il risveglio, per accogliere la luce e la quiete. Un giorno di sole dopo la tempesta. La neve che copre tutto e che è leggerezza, riposo. Il bianco che abbaglia.  


È l'inverno che ho visto in molte opere fiamminghe e che da sempre è stata la mia idea di inverno, nonostante abiti in una città dove anni interi vanno in archivio senza nemmeno un fiocco. Da me la neve è quasi sempre solo un annuncio, un disagio, una poltiglia di fango.

Però per me è questo l'inverno. Una finestra che si apre al mattino e lo sguardo che spazia. Ovviamente anche il fumo che sale dal camino, promessa di tepore e di pasti caldi. 


La finestra e il camino. La mia idea di inverno che si porta, indissolubile, l'idea della casa: necessariamente ospitale.


(da Paolo Ciampi, L'Olanda è un fiore, Ediciclo)

martedì 8 gennaio 2013

Vermeer e quel paese singolare che è l'Olanda

La vera arte non sa che farsene dei proclami, si compie nel silenzio.

Così diceva Marcel Proust e sono proprio queste parole che sceglie Anthony Bailey per aprire il suo Il maestro di Delft, storia di Johannes Vermeer, il genio della pittura olandese. Proust, è noto, amava Veermer, al punto che fu solo per lui, per vedere quattro suoi quadri esposti a Parigi, che sortì fuori di casa per l'ultima volta. Eppure la sua citazione mi convince a metà. La vera arte ha bisogno anche di parole, almeno dopo, ovvero quando si può e si deve salvaguardare la memoria e conservare alcune emozioni.

E' un bel libro, questo di Anthony Bailey, un libro buono anche per i non addetti ai lavori. Buono per quanti almeno una volta nella vita si sono fatti incantare da un quadro di Vermeer, dalle sue stanze inondate di luce, dalle sue domestiche affaccendate, dai gesti fermati in un tempo fuori del tempo.

Un libro buono perfino per coloro che Vermeer non lo hanno visto: attraverso queste pagine possono entrare nella storia di quel paese assai singolare che è l'Olanda. Un paese inventato dal nulla, da terre strappate dall'acqua e da una guerra impossibile. Un paese che fece il suo ingresso nelle carte geografiche con il nome di Province Unite (anche se erano già separate dalle Province del Sud) e che nel giro di pochi anni, tra una giravolta della storia e l'altra, si scoprì grande potenza.

Da allora gli olandesi partitrono alla scoperta del mondo, accolsero nelle proprie città artigiani e mercanti in fuga da guerre e intolleranze varie, scoprirono i tulipani e ci specularono sopra fino a un incredibile crack. Soprattutto amarono e coltivarono la pittura, tanto che i quadri si trovavano ovunque, nelle case borghesi, come nelle taverne e nei bordelli.

E questo libro ci racconta tutto questo: Vermeer, il genio della pittura; il secolo d'oro dell'Olanda; e una storia che sembra un romanzo e forse lo è.

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...