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lunedì 4 novembre 2019

Nei romanzi le vite che sono la tua

E' proprio questo il bello di certi libri, sembrano portarti lontano, sembrano raccontare storie di altri tempi e altri luoghi che non c'entrano con te: e questo ti piace, certo che sì, ti piace perchè leggere è come saltare su un tappeto volante e partire. 

Così sembrano, ma poi scopri che è esattamente il contrario: non importa se sotto gli occhi hai Tifone di Joseph Conrad piuttosto de Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, Il giovane Holden di J.D. Salinger piuttosto della Trilogia della città di K. di Agota Kristof: dovunque si sia finiti, ci scopriamo sempre a casa nostra e questa storia è sempre la nostra storia.

Questo ci dice Paolo di Paolo attraverso 27 romanzi che sono come segnavia nel suo cammino di lettore onnivoro e di persona per cui la lettura, è evidente, non è solo un piacevole passatempo: ovvero che dentro le pagine non ci sono vite di altri, che queste vite sono anche la tua.

Vite che sono la tua è il titolo di questo libro pubblicato per Laterza, assai di più di un atto di amore per la lettura. Perché ognuno di questi libri ha allargato la vita del suo lettore, ha lasciato almeno una frase o un'intuizione, un gesto o una visione, si è intecciato con l'esperienza dei giorni. Talvolta ha persino elargito le sue istruzioni per l'uso della vita, qualsiasi siano gli obiettivi, i propositi, gli auspici. Perché ci si può anche riproporre di innamorarsi meglio della persona sbagliata: e allora ecco Le notti bianche di Dostoevskij o anche Le avventure della ragazza cattiva di Vargas Llosa. E figurarsi che si può persino provare a cancellare i lunedì dalle settimane, inseguendo Le avventure di Tom Sawyer.

Gran libro, questo, intorno a 27 libri che si moltiplicano almeno per quattro, attraverso suggestioni, rimandi, collegamenti, innamoramenti. Diversi ne avevo già letti, altri ho provveduto ad acquistarli subito dopo. Ingordigia cartacea: l'unica vera controindicazione.








 

sabato 23 luglio 2011

Senza Internet, il fantasma di una vita intera

Chissà perchè ho acquistato Quando Internet non c'era.

So solo che l'ho fatto praticamente a scatola chiusa, senza essermi mai imbattuto prima in Angelo Morino (consapevolmente intendo, volete che non mi sia mai capitata tra le mani una sua traduzione?), chissà perché, forse perché con le copertine blu della Sellerio vado sul sicuro o quasi, o forse perché il titolo mi ha fatto scattare qualcosa.

Sì, sarà per il titolo, anche se il titolo c'entra fino a un certo punto, vale per contrasto o meglio ancora per contesto, giusto per capire che oggi è tutto così semplice con Internet, hai un dubbio, una curiosità, un nome che ti suona in un certo modo, e non devi impazzire tra enciclopedie e bibliografie, te ne stai comodo a casa e vai dove ti pare, altro che tonnellate di carta in polverosi archivi...

Eh sì, c'è anche questo, nella storia che Angelo Morvino ci racconta, la sua storia di grande ispanista, di docente universitario, di traduttore dei grandi sudamericani (da Gabriel Garcìa Marquez a Osvaldo Soriano, da Mario Vargas Llosa all'amico Manuel Puig), raffinato intellettuale che ci aspetteremmo in cattedra e che invece ci sorprende al nostro fianco, lettore per il piacere di leggere, lettore che semmai, a differenza di tanti di noi, ha avuto la fortuna di vivere del suo piacere.

Ma c'è di più in queste pagine, un di più che va oltre l'autobiografia di un intellettuale e ci regala uno di quei libri strani e curiosi, curiosi perché vivono di curiosità, perché si alimentano consapevolmente di quel bisogno di porsi domande e andare avanti così.

Il giovane Morino inizia la sua carriera di studioso con molte certezze e la voglia di tradurre la letteratura nei ragionamenti della scienza - non voleva questo lo strutturalismo? Finisce per inseguire per tutta la vita il fantasma di una scrittrice cilena minore, che in Italia non si era ancora conquistata nemmeno una nota a fondo pagina.


Marìa Luisa Bombal: chi era costei?

Fantasma da inseguire, ma anche fantasma che per una vita insegue Morino, rispuntando fuori nei modi più singolari e inattesi.

Ma perchè volerne sapere di più? Non c'è risposta a questa domanda, non ci deve essere, finché entrare in una libreria sarà un'operazione diversa dal rifornimento di benzina a un distributore.


E meno male che non c'era Internet. Una ricerca su Google e Marìa Luisa Bombal sarebbe stata abbandonata nel giro di pochi minuti.

Altro che il fantasma di una vita.

mercoledì 22 giugno 2011

Quando gli scrittori si prendono a pesci in faccia

Narrano le cronache letterarie che qualche giorno fa un'incontro pubblico a Hay-on-Wye - il paesino del Galles che da qualche anno si accredita come una meravigliosa capitale del libro - abbia sancito la pace tra due autori del pari di Paul Theroux e V. S. Naipaul, dopo 15 anni di aperta ostilità.

No so se i presenti, accorsi in gran numero, siano tornati a casa con la coda tra le gambe, perché si erano attesi ben altro spettacolo - gli insulti, si sa, sono sempre più memorabili. Non so se di pace vera si tratti o se solo di una tregua, magari dettata da qualche strategia editorale, visto che a pensare male a volte ci si dà.

A dire il vero non so nemmeno quale sia stato il casus belli. Se l'indiscutibile caratteraccio di Naipaul, o il fatto che Theroux una volta abbia scoperto in vendita alcuni libri che aveva dedicato personalmente al primo, o se, ancora, non sia stato piuttosto un ritrattino al vetriolo che Theroux riservò all'ex amico, catalogato, pare, come sadico e puttaniere.

Non so e mi interessa anche poco. Irene Bignardi sul paginone centrale di Repubblica ne prende spunto per passare in rassegna alcune storiche rivalità tra scrittori. Nel C'eravamo tanto odiati spiccano relazioni burrascose quali quelle tra Salman Rushdie e John Le Carré, tra Gabriel Garcìa Marquez e Mario Vargas Llosa e, andando più indietro, tra Gore Vidal e Truman Capote.

Mi fermo qui, ma l'elenco potrebbe essere sterminato, senza disdegnare altri secoli. Irene Bignardi ricorda per esempio anche Byron e Keats, Shakespeare e Marlowe. Quasi sempre amici che per qualche ragione, non propriamente nobile, hanno finito per prendersi a pesci in faccia.

Siamo poco più su del gossip. Ma tutto questo mi convince di una vecchia idea: che degli scrittori è meglio accogliere l'opera e stendere un pietoso velo sulla vita. Perché l'opera può essere grande, ma l'uomo è quasi sempre come noi, comuni mortali. Se non peggio.

lunedì 13 giugno 2011

Perché si scrive? Mica facile dirlo

È più di un gioco quello che ha fatto Repubblica in questi giorni, chiedendo ad alcuni dei più grandi scrittori del nostro tempo le ragioni della scrittura. Perché scrivo (notate, senza punto interrogativo), questo il titolo del paginone centrale della cultura impostata tutto su questa domanda-non domanda.

E dunque, ecco Andrea Camilleri che afferma, tra le altre cose:

Scrivo perché è sempre meglio che scaricare casse al mercato centrale

Ecco Mark Haddon che non ha dubbi:

Perché scrivo? L'unica risposta è perché non posso fare altro

Ecco Adam Haslett che vede nella scrittura una sorta di viaggio, comunque (e la cosa mi è congeniale):

Scrivo per viaggiare nelle vite degli altri

Ecco Patrick McGrath che lega la scrittura alla possibilità di vita contro l'oblio:

Scrivo per dare forma alle creazioni della mia immaginazione che altrimenti morirebbero nel silenzio e nel buio

Ecco Mario Vargas Llosa che richiama Flaubert e la sua frase “scrivere è un modo di vivere”:

Nel mio caso è stato esattamente così. E' diventato il centro di tutto ciò che faccio al punto che non concepirei una vita senza la scrittura

E Nathan Englander:

Scrivo per fare un po' di ordine nel caos

E che ne dite del caustico Shalom Auslander?

Per evitare di uccidere me e/o gli altri. Per ora sta funzionando. Per ora

Ma alla fine la risposta che mi convince più di tutte è quella di Umberto Eco.

Perché mi piace

Tre parolette secche. In fondo non c'è bisogno di più.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...