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lunedì 16 dicembre 2019

Tra il Danubio e il Levante, i mille mestieri del vagabondo

Panait Istrati io l'ho scoperto solo poco tempo fa, grazie a una vecchia edizione dell'Universale Economica Feltrinelli scovata su una bancherella, la carta ingiallita, la costola consumata, il prezzo ancora in lire - 1.500 lire. Non ne avevo mai sentito parlare, allo stesso modo, sono convinto, di molti di voi. Diciamo che l'occhio mi era cascato sul titolo indecifrabile e sulla copertina orientaleggiante (nel frattempo, va detto, è uscita una nuova edizione).

L'ho preso e così, prima di entrare nella sua scrittura, sono entrato nella vita di Panait Istrati, che dalla prima peraltro è difficilmente separabile. E che vita, per questo uomo nato in un porto del Danubio romeno, figlio di una lavandaia e di un contrabbandiere greco di Cefalonia. 

Vagabondo per indole e per necessità Istrati consumò i suoi anni a girare per i porti di un Mediterraneo che ancora era levantino e ottomano. Si guadagnò da vivere con mille mestieri, di volta in volta venditore ambulante e cabarettista, uomo-sandwich e scaricatore, imbianchino e pasticciere. Andava di porto in porto, spesso clandestino a bordo delle navi. Annusava i refoli di rivoluzioni improbabili. Divorava libri e accumulava storie. 

Fece la fame e a lungo non riuscì a pubblicare niente. Nel 1916, nel bel mezzo della Grande Guerra, si ammalò di tubercolosi. Nel sanatorio svizzero dove venne ricoverato imparò il francese e si innamorò delle opere di Romain Rolland. Cinque anni più tardi, quando provò a farla finita con un colpo di rasoio alla gola, fu proprio a Rolland che indirizzò la lettera di addio. 

Si salvò e quella lettera mosse qualcosa. Rolland lo incoraggiò a scrivere un romanzo. Questo: Kyra Kyralina. Con tutto il mondo di Panait Istrati tra il delta del Danubio e i porti del Levante. La sua vita e un mondo di gente che sono voci e colori. 


E' una storia minima che si fa epica, l'epica di un Omero venditore di noccoline, come qualcuno lo ha definito. E' un narratore nato - scriverà Rolland nella prefazione - un narratore orientale che si incanta e si commuove ai suoi stessi racconti e si lascia prendere talmente da essi che quando ha cominciato una storia nessuno sa, nemmeno lui, se durerà un'ora o mille e una notte.

Provare per credere.

lunedì 22 luglio 2013

Quando l'Oriente era il sogno delle Mille e una notte

Quando l'Oriente non era ancora la Cina o il Giappone ma, con l'occhio dell'europeo, il continente affacciato su un mare comune. Quando l'Oriente era ciò che rimaneva del potente impero ottomano, spoglie che si contendevano le cancellerie europee, eppure anche immensamente di più, destinazione per pochi e eccitazione esotica per molti. Quando l'Oriente prima ancora che un luogo era un desiderio e un'invenzione letteraria sospinta dai racconti delle Mille e una notte e i viaggiatori erano prima di tutto mercanti di sogni.

E' proprio in questo mondo sospeso tra il viaggio e il sogno che ci accompagna Attilio Brilli con il suo Il viaggio in Oriente (Il Mulino), libro importante, libro imperdibile per chiunque voglia coltivare il senso del cammino tra i luoghi e i tempi.

Brilli, si sa, è uno dei più autorevoli esperti di letteratura di viaggio che ci siano in giro. Ma questa opera, benché poderosa e corredata da tutto quello che ci vuole - note e ampia bibliografia - non è solo per gli studiosi. Leggerla è come tuffarsi in un oceano di storie, di vite, di emozioni.

I paesaggi inondati di sole e le ombre delle antiche città arabe. I muezzin e le odalische. Le voci dei suk e i silenzi degli harem. Le carovane che arrivano dal deserto e i mari solcati dai pirati. E per gli europei, un frullato di emozioni, aspettative, esperienze raccontate e dicerie: l'Oriente misterioso, l'Oriente che si fa moda e arte, l'Oriente erotico e dispotico, molle e crudele. E poi i viaggiatori che si fanno essi stessi mito, per appartenere alla nostra storia: da Lord Byron a Francois-Renè de Chateaubriand, solo per ricordare i primi che mi vengono in mente.

Vita e arte che si intreccia con quell'enigma che per noi è stato e forse è l'Oriente.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...