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mercoledì 1 gennaio 2014

Perché infanzia e vecchiaia sono i due stati più profondi

Più invecchio anch'io, più mi accorgo che l'infanzia e la vecchiaia non solo si ricongiungono, ma sono i due stati più profondi che ci è dato vivere.

In essi si rivela la vera essenza di un individuo, prima o dopo gli sforzi, le aspirazioni, le ambizioni della vita.

Il viso liscio di Michel bambino e quello inciso al bulino di Michel vecchio si somigliano, ciò che non sempre accade con i visi intermedi della giovinezza e della maturità. Gli occhi del fanciullo e quelli del vecchio guardano con il tranquillo candore di chi non è ancora entrato nel ballo mascherato oppure ne è già uscito.

E tutto l'intervallo sembra un vano tumulto, un'agitazione a vuoto, un inutile caos per il quale ci si chiede perché si è dovuto passare.

(Marguerite Yourcenar, Archivi del Nord, Einaudi)

venerdì 24 maggio 2013

Kafavis e quell'anziano al tavolino del caffè


Interno di caffè. Frastuono. A un tavolino
siede appartato un vecchio. È tutto chino,
con un giornale avanti a sé, nessuna compagnia.
E pensa, nella triste vecchiezza avvilita,
a quanto poco egli godé la vita
quando aveva bellezza, facondia, e vigoria.
Sa ch’è invecchiato molto: lo sente, lo vede.
Ma il tempo ch’era giovane lo crede
quasi ieri. Che spazio breve, che spazio breve.
Riflette. A come la Saggezza l’ha beffato.
Se n’era in tutto (che pazzia!) fidato:
«Domani. Hai tanto tempo » – la bugiarda diceva.
Gioie sacrificate… ogni slancio represso…
Ricorda. Ogni occasione persa, adesso
suona come uno scherno al suo senno demente.
Fra tante riflessioni, in quella pioggia
di memorie, è stordito il vecchio. Appoggia
il capo al tavolino del caffè… e s’addormenta.

(Costantinos Kafavis, Un vecchio)

venerdì 24 febbraio 2012

Elizabeth non aveva paura degli specchi

Mi è sempre piaciuta la figura di Elizabeth Von Arnim, scrittrice che riuscì a vivere la sua vita in un'epoca in cui la donna avrebbe dovuto seppellirsi tra le mura di casa, magari concedersi solo qualche tè tra amiche, qualche pranzo in società con il marito.

Donna libera, indipendente, capace di vivere con ironia le varie vicende, di affermarsi in un panorama letterario tutto al maschile, di sottrarsi al peso dei pregiudizi.

Anche ai pregiudizi che è più difficile superare, quelli che noi stessi coltiviamo nei nostri confronti.

Quei pregiudizi che per esempio ci impediscono di accettare il tempo che passa, di sentire che noi stesso siamo il tempo. Che stiamo scivolando via nel fiume e niente ci lascerà fermi su una sponda.

A 70 anni Elizabeth scrisse nel suo diario:

Adesso sono davvero una donna anziana, e non devo dimenticarlo. Ci si abitua talmente ad essere giovani che si finisce per credere che sarà per sempre. Mi devo ricordare che non è così, e mi aiuteranno gli specchi.

Mi aiuteranno gli specchi, che belle queste parole. Quegli stessi specchi a cui prima o poi viene da sottrarsi. Gli specchi che a volte ci inducono perfino a barare.

E lei, Elizabeth, la donna che molto ha vissuto, tra divorzi e amanti, la bella Elizabeth, con questa splendida lezione di vita.

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