Visualizzazione post con etichetta Henry James. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Henry James. Mostra tutti i post

giovedì 13 luglio 2017

Dalla finestra della cucina vedo la collina

Prima di tutto il piacere del libro tra le mani, sensazioni che era una vita che non mi capitavano, l'idea di dover aprire le pagine con il tagliacarte come si faceva una volta, supplemento di cura e rito preparatorio della lettura. Prima di tutto la casa editrice - l'Italosvevo, una di quelle piccole case editrici che fanno grande, malgrado tutto, il panorama editoriale italiano - e il titolo della collana: Piccola biblioteca di letteratura inutile - a dimostrazione di quanto bisogno si abbia di ciò che è inutile.

Ma dopo queste premesse c'è lui, Valerio Aiolli, a mio parere uno dei migliori autori italiani dei nostri anni, tanti bei libri da Io e mio fratello al più recente Lo stesso vento. E con lui c'è questa storia  - o questi frammenti di storia come recita il sottotitolo - che ci porta nella Firenze di fine Ottocento, non più capitale di Italia, ma meta frequentatissima da scrittori e artisti anglo-americani.

Il carteggio Bellosguardo, questo è il titolo, concentra in poche pagine un intero mondo, tanta letteratura, parecchie riflessioni sull'amore - anzi, sull'amore trattenuto, sospeso, non corrisposto - e anche una tragedia finale.

E dunque Bellosguardo, la splendida collina sopra Firenze che anch'io ho tante volte frequentato, con le mie passeggiate e anche con un libro dedicato a un personaggio quale Jessie White - la Miss Uragano di Mazzini e Garibaldi - che proprio a questo stesso mondo appartiene.

E' qui che si intrecciano le vicende Henry James e di Costance Fenimore Woolson. Lui è il grande autore americano, un'opera che molti fili legano a Firenze e una vita sentimentale inesistente o ben nascosta. Lei è discendente dell'autore de L'ultimo dei mohicani, è donna facoltosa per mezzi ma già irrimediabilmente etichettata come zitella.

Cosa succederà non lo racconto, scopritelo da soli. Vi dico solo che c'è Firenze come in Camera con vista. Che c'è tanta letteratura. Che il titolo non vi deve ingannare, semmai rimanda a un grande libro di Henry James, Il carteggio Aspern, non a un saggio o a uno sfoggio di erudizione.

Dentro c'è perfino Roland Barthes con i suoi Frammenti di un discorso amoroso, a dimostrazione del tema su cui davvero ruota la narrazione di Aiolli. Dentro c'è persino Aiolli stesso - con la sua parabola di vita, con i suoi sentimenti e le sue ferite - lo si capisce fin dal primo rigo:

Dalla finestra della cucina vedo la collina.

Così si comincia. Il resto a voi.

lunedì 15 dicembre 2014

Il matematico che amava la bellezza dei numeri

La sola difesa della mia vita, o di chiunque sia stato matematico nello stesso mio senso, è dunque questa: ho aggiunto qualcosa al sapere e ho aiutato altri ad aumentarlo ancora....

Che libro sorprendente che è Apologia di un matematico di Godfrey H. Hardy (Garzanti), confessione-riflessione scritta sul limitare della vita da una delle grandi menti del Novecento. Un libro in cui non troverete teoremi e dimostrazioni, tanto meno pagine cosparse di quei simboli che impongono la fuga immediata del lettore non specialista. Troverete humour, logica, malinconia. Troverete interrogativi potenti che riguardano la vita e che non solo la letteratura è chiamata a evocare e sfidare.

Non a caso Graham Greene, quando si ritrovò a recensirlo, affermò che assieme ai Taccuini di Henry James si trattava della descrizione più riuscita di cosa significa essere un "artista creativo". Anche ad utilizzare non note, versi, pennelli. Piuttosto le sequenze dei numeri.

C'è il senso della bellezza, in questo libro, perché anche un teorema può essere bello, come una poesia. C'è la battaglia contro l'inutilità, che è l'inutilità che spesso e volentieri viene attribuita alla matematica ma che investe inevitabilmente anche il senso del proprio passaggio nel mondo. C'è l'Inghilterra vittoriana, popolata da personaggi come Bertrand Russell, e c'è il mondo delle università inglesi, in effetti un mondo a parte. C'è la disperata consapevolezza del tempo che passa e che mina inesorabilmente le capacità intellettuali - la matematica esige menti giovani e raccontare piuttosto che dimostrare è già declino. E ci sono le considerazioni e le eccentricità di un uomo le cui ultime parole, in effetti, sono un atto di amore per il cricket, la sua vera grande passione.

Da leggere, questo libro. Non importa se si odia la matematica. Può riuscire addirittura nel miracolo di farcela considerare un po' più amica, nel cammino della nostra vita.

giovedì 27 novembre 2014

Henry James e la vita che si fa letteratura

Nessun compiacimento e certamente nessun alibi o possibilità di riscatto: perché l'arte può essere rifugio, forse anche cura, ma da sola non permette di salvarsi.

Prendete Henry James, il grandissimo Henry James, per esempio: uno dei grandissimi scrittori americani, riconosciuto e apprezzato dal mondo delle lettere quando è ancora un uomo di mezza età. Prendetelo per come ce lo racconta il romanziere irlandese The Master (Bompiani), libro che è stato definito come un'opera di finzione che segue fedelmente i fatti. Certamente meno di una biografia - anche perché si concentra su appena cinque anni della vita di James - e allo stesso tempo assai più di una biografia, perché di quella vita non si limita a raccontare i fatti, ma indaga sui segreti rapporti tra essa e la creazione letteraria.
Colm Tòibìn in

James è autore affermato, appunto, anche se deve incassare il bruciante insuccesso londinese di un suo dramma. E' l'americano che ha scelto l'Europa e che attraversa la crisi di un secolo al tramonto e che questa crisi fa sua oltre ogni consapevolezza.

Soprattutto è l'uomo che si ripiega, tentando di nascondersi al mondo e anche a se stesso. In realtà tuffandosi ancora di più nei ricordi e nelle paure. Incapace di accettare le relazioni per quello che sono e pretendono, James vive di rimpianti e forse anche di rimorsi. Gli affetti sono ciò che non è stato detto o fatto e ciò che forse avrebbe potuto essere diverso. Quanto agli istinti, ai desideri, meglio lasciare perdere. Solo una fiamma gelida al centro della vita.

Eppure da questi giorni sgorga l'acqua dell'ispirazione. Idee, trame, personaggi che si mescolano alla vita reale, che nascono dalla vita reale e a essa ritornano, in qualche modo.

Basterà? Certo che no. Ma la vita può essere anche questo, tempo che scorre, tempo distillato in letteratura. Quella letteratura che a volte è un'arma puntata contro se stessi.





martedì 8 maggio 2012

Il pescatore di aragoste scrittore a 98 anni

Il pescatore di aragoste che imparò a leggere a 92 anni e che a 98 riuscì a diventare anche uno scrittore.... che bella storia, quella pescata, è proprio il caso di dire, da Paolo Maestrelli, inviato a New York per La Stampa. Una storia che davvero avrebbe fatto contento Alberto Manzi, ricordate?, il maestro degli italiani, quello che negli anni Sessanta con le sue lezioni televisive strappò migliaia di italiani all'analfabetismo.

Non è mai troppo tardi, si chiamava il programma del maestro Manzi. E che non è davvero mai troppo tardi ce lo insegna la storia di James Arruda Henry - un nome che se non è uno pseudonimo può essere solo o di un grande scrittore o di un grande poveraccio.

Figlio di disgraziati immigrati dalle Azzorre, solita storia di alcolismo e miseria in famiglia, James fu costretto a lasciare la scuola ad appena 8 anni. Il suo futuro poteva essere solo la fatica per mare, che non esige confidenza con quegli strani sgorbi di inchiostro. Per una vita intera si vergognò della sua ignoranza e la nascose anche ai famigliari. Riuscì a mantenere il segreto, in un modo o nell'altro. Per esempio al ristorante, quando aspettava che gli altri leggessero il menù per poi ordinare la stessa cosa.

Solo quando la moglie si ammalò, passati i 90 anni, James dovette chiedere aiuto alle figlie, rivelando il suo segreto. E da lì è cominciata un'altra storia.

Pare che si sia deciso a studiare dopo aver ricevuto da un nipote il libro che raccontava la storia di uno schiavo nero che aveva imparato a leggere e scrivere a quasi 100 anni. E se è così questa è anche la storia di un libro che raccontando una storia "impossibile" ne rende "possibile" un'altra.

E questa è la storia di James Arruda Henry, autore del libro A Fisherman's Language, da non confondere con Henry James, lo scrittore. O forse sì.

James Arruda Henry, di Mystic, costa del Connecticut. Mystic, altro nome che forse non è solo una combinazione. 


martedì 6 marzo 2012

Quanta letteratura con gli Americani a Firenze

Ci sono mostre di pittura che sono assai di più di una successione di opere, che ci raccontano un'epoca, una storia, un ambiente di cultura. Mostre che, per quanto mi riguarda, diventano parole, libri, suggestioni, pagine già lette o che forse un giorno leggerò.

Americani a Firenze, inaugurata nei giorni scorsi a Firenze è senz'altro una di queste. Per me, soprattutto per me che non sono un esperto di pittura, assai di più di un'occasione per ammirare i quadri di John Singer Sargent e di altri artisti assai meno conosciuti.

E' come se attraverso quei quadri si potesse sfogliare un libro - splendidamente illustrato, questo sì - che racconta la storia di quanti, a cavallo tra Ottocento e Novecento, lasciarono il Nuovo Mondo inseguendo sogni e ispirazioni nel Vecchio Continente. A Parigi, Londra, Roma, certo. Ma anche a Firenze, soprattutto a Firenze, culla del Rinascimento, esplosione di libertà e possibilità che ben si confaceva all'America dell'ottimismo.

E c'era Henry James che scriveva Il carteggio Aspern in una villa incastonata nella collina di Bellosguardo e ambientava a Firenze un pezzo importante delle vicende di Isabel Archer, la giovane americana di Ritratto di Signora. C'era Edith Wharton che alloggiava in un hotel fiorentino e non si stancava mai di frequentare i ricevimenti della buona società. C'era Edward Morgan Forster, che a dire il vero era inglese, ma che con Camera con vista rappresenterà più di ogni altro questo mondo di anglo-americani fiorentinizzati...

Quante pagine, quante storie che raccontano i quadri di Americani a Firenze. La luce mediterranea dei giardini all'italiana - rose, limoni, sempreverdi, statue baciate dal sole - diventerà presto la luce atlantica di Long Island e delle case del New England.

Ma è come se quel ponte tra la mia città e quell'altro continente - il Nuovo Mondo - da allora sia rimasto sempre aperto. Con la forza della cultura a medicare e compensare altre ferite.

domenica 15 gennaio 2012

A chi dare ragione?

Forse a Henry James, il più europeo dei grandi scrittori americani, che diceva:

New York è spaventosa, fantasticamente priva di eleganza, confusamente orrenda

O forse, sulle ali di quel fantasticamente che nemmeno Henry James nega, a Le Corbusier, il grande architetto:


Cento volte ho pensato che New York è una catastrofe e cinquanta volte che è una bellissima catastrofe

Ed è così, esattamente così: perché è tutto e allo stesso tempo il contrario di tutto, ma in un modo che solo a New York. E non importa esserci stati, perché New York è i libri che abbiamo letto, i film che abbiamo visto, nessuna città è stata così raccontata e così tradotta in immagini.

New York è la nostra vita moderna, è ciò che vogliamo essere e anche ciò che non vogliamo essere. E' il nostro presente, meno il nostro futuro, sicuramente non il nostro passato. E' lo specchio a cui bisogna guardarci, di tanto in tanto.

Non ci sono mai stato, ma in questi giorni mi sono immerso in essa, grazie a I segreti di New York di Corrado Augias. Libro che avevo lasciato lì da non so quanto tempo, temendo la guida più o meno intelligente, i consigli per il viaggio.

E invece no, questo è un libro di storie, di parole che ti inventano la città e te la portano a casa. Scorrono i nomi, i personaggi, veri o immaginari, i libri: Herman Melville e Nero Wolfe, gli anarchici  e i gangster, gli artisti degli anni Ottanta, genio e droga, e i gangster italiani, irlandesi, ebrei. Dorothy Parker e Marilyn Monroe. Edgar Allan Poe e Andy Warhol.

Che libro per viaggiare, per avvertire il brivido che fu di Francis Scott Fitzgerald:

New York osservata dal ponte di Queensboro rimarrà in eterno la città vista per la prima volta, con la sua iniziale selvaggia promessa di tutto il mistero e di tutta la bellezza del mondo

E davanti la metropoli, cuore vivo, pulsante, complicato, la metropoli capace di farsi bella anche con le sue brutture.  





sabato 29 ottobre 2011

Il romanzo-romanzo nella brughiera di Inghilterra

Vai a capire perché, ci sono libri che sembrano avere tutti gli ingredienti per conquistarti, libri che sembrano fatti apposta per il piacere della lettura e per la lettura come piacere, appunto, e che pure alla fine ti lasciano un po' così e così.

Dovrei indagare meglio la cosa, anche perchè non è bello cavarsela addossando tutto sulle spalle del povero autore: magari c'entra pure un giorno di mal testa o un periodo troppo indaffarato o troppo nervoso per starsene in pace con un libro.

In ogni caso con La tredicesima storia di Diane Setterfield mi è successo proprio così. Ed è un gran peccato, perché questo è un romanzo-romanzo. C'è la storia, ci sono i personaggi, ci sono i giusti tempi e le doverose attese e i colpi di scena....

Romanzo-romanzo che ci riporta ad altri tempi della letteratura, in particolare della letteratura inglese, epoca vittoriana, gotico imperante, magari senza dimenticare, sull'altra sponda dell'oceano, Henry James, e forse anche un altro signore che di nome faceva Nathaniel Hawthorne.

E ci sono brugherie ammantate di nebbia, antiche residenze dello Yorkshire, oscurità e silenzi, raggelanti segreti famigliari e ineludibili appuntamenti col destino....

E uno va dietro la storia della sconosciuta libraia e della scrittrice di successo finalmente disposta non a raccontare un'altra storia, ma la sua vita, solo la vita... E vorrebbe perdersi dietro questa storia che gioca con la vita e si dipana tra rivelazioni e tradimenti, incendi e legami di sangue...

E ci va dietro ma poi si chiede - e mi chiedo: perché non mi ha conquistato?

Troppo bello, forse, per essere anche autentico?

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...