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giovedì 17 novembre 2016

Carrère e l'uomo che non vuole essere d'accordo con se stesso

No, non credo che Gesù sia risorto. Non credo che un uomo sia tornato dal mondo dei morti. Ma il fatto che lo si possa credere, e che io stesso l'abbia creduto, mi intriga, mi affascina, mi turba, mi sconvolge - non so quale sia il verbo più adatto. Scrivo questo libro per non pensare, ora che non ci credo più, di saperne più di quelli che ci credono e di me stesso quando ci credevo. Scrivo questo libro per cercare di non essere troppo d'accordo con me stesso.

Mi sa che bastano queste parole per farsi catturare da questo libro così ricco, complesso, provocante. Così diverso da altri del grande Emmanuele Carrère - ce ne corre tra Limonov e i primi evangelisti - eppure così coerente col percorso di uno scrittore che si misura con la verità dei fatti, che non inventa perché la realtà richiede più immaginazione di ogni immaginazione, che racconta storie lontane raccontando in fondo sempre anche di se stesso.

Ecco qui, Il regno (Adelphi), l'opera con cui Carrère si spinge a indagare sul Cristianesimo degli albori, sui primi cristiani sospesi tra il miracolo del Messia e le persecuzioni de
i romani, modesta setta ebraica che presto avrebbe cambiato il mondo. Però non è il saggio di un teologo o di uno studioso delle religioni. Piuttosto è l'opera di un uomo che credeva e ora non crede più, ma che non ha smesso di stupirsi e interrogarsi. E in questo cammino ecco l'incontro con personaggi vivi, ecco storie dentro la storia, ecco domande che scavano nel profondo, inquietudini che si dissipano come nebbia al mattino. E dubbi, tormenti, tentazioni, sconvolgimenti.

Quante cose che ci sono qui dentro: narrazione ed erudizione, inchiesta e sense of humour. I misteri della fede, le grandi questioni dell'esistenza, ma anche la vita di Carrère, filo che si srotola nel farsi dell'opera: così che insieme a Paolo l'apostolo, a Luca l'evangelista, a Filippo di Cesarea e Flavio Giuseppe, non ci crederete, ma sbucano anche le vicende di una bay-sitter squinternata, le fantasie inquiete di Philip K. Dick, perfino un video porno che gira sulla Rete.

Questo e tant'altro. Un gran libro, per abbandonarsi all'uomo che non intende essere troppo d'accordo con se stesso. Mica poco, davvero.

sabato 22 agosto 2015

Limonov, che ha toccato il fondo diverse volte

Ho l'impressione di aver già scritto questa scena.

In una storia inventata, bisogna scegliere: il protagonista può toccare il fondo una volta, anzi è consigliabile, ma due è troppo, si rischia di ripetersi. 

Nella realtà penso che Eduard il fondo l'abbia toccato parecchie volte. Parecchie volte si è ritrovato a terra, veramente disperato, veramente privo di appoggi e, cosa che ammiro in lui, si è sempre rialzato, si è sempre rimesso in cammino, si è sempre fatto coraggio pensando che, quando hai scelto la vita dell'avventuriero, sentirsi così perduti e soli, senza vie di scampo, non è altro che il prezzo da pagare.

Quando Tanja l'ha mollato, per sopravvivere ha adottato la tattica di lasciarsi andare a fondo: la miseria, la strada, il sesso selvaggio, ai suoi occhi sono state altrettante esperienze. 

Stavolta gli viene un'altra idea.

(Emmanuel Carrère, Limonov, Adelphi)

lunedì 17 agosto 2015

Limonov, poeta e teppista nella Russia di Putin

E' stato poeta e teppista, maggiordomo e delinquente. E' passato dalle peggiori periferie dell'Unione Sovietica alla scena underground di New York, dai salotti francesi alle prigioni russe. Negli anni ha goduto di effimere fortune che ha fatto di tutto per rovinare. Nelle guerre dei Balcani si è schierato con il peggio, con quale consapevolezza non si sa. In Russia ha provato in ogni modo a sovvertire il nuovo che avanzava, inventandosi un partito nazionalbolscevico da far rabbrividire.

Ma si può raccontare davvero un uomo così? Risposta affermativa: sì, se sei Emmanuel Carrère, scrittore che sa cibarsi della verità della vita per tradurla in romanzi che non riesci a mollare.

E si può addirittura innamorarci, di un uomo così? Domanda più complessa, ma risposta ancora affermativa: sì, si può, e non solo grazie alla penna di Emmanuel Carrère, capace di donarci un personaggio da romanzo di altri tempi. Il fatto è che Limonov - questo il suo nome e allo stesso tempo il titolo del romanzo - è così vero che sembra fatto apposta per un romanzo. O al contrario così romanzesco che fa bene scoprire che abbia fatto irruzione nella vita vera e ci sia rimasto. 

 Limonov, concentrato di pensieri sbagliati, azioni deprecabili, eccessi di ogni tipo. Ma anche uomo che si è messo in gioco, con coraggio, pagando sulla sua pelle. Uomo di passioni e, bene o male, di visioni. E' caduto, si è alzato, è caduto di nuovo: grande soprattutto nelle sconfitte. Concentrato di vita, anzi, di vitalità. E anche di possibilità, quasi sempre sprecate.

Ha incrociato la storia, ha provato a non farsi trascinare. Nostalgico di un'Unione Sovietica a cui è sopravvissuto contro ogni pronostico: senza l'aura del dissidente, ma piuttosto con i segni del deliquentello di provincia. Hooligan ai tempi di Breznev, scrittore da scandalo in altri tempi - un suo titolo: Il poeta russo preferisce i grandi negri. Punk - o qualcosa del genere - nella Russia di Vladimir Putin - non a caso ha eletto a suo eroe uno come Johnny Rotten. Mistico - o qualcosa del genere - nelle steppe dell'Asia centrale o negli spazi angusti di una prigione.

Anna Politovskaja di lui aveva capito più degli altri. In fondo se lo era trovato a fianco, prima di essere fatta fuori, nelle battaglie dei pochi per dare diritto di pensiero e di opinione a tutti in una Russia ubriaca di facili ricchezze.

E noi, noi possiamo immergerci nella singolare grandezza di Limonov. Perdonargli ciò che possiamo perdonargli, come faremmo con un poeta di avangua
rdia o con un cantante punk che troppe volte ha camminato rasente alla morte.

Forse farselo addirittura amico.





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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...