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domenica 17 marzo 2013

Davanti a un foglio ostinatamente bianco

Allora si mise a leggere opere di critica, di metrica, immaginandosi nella sua semplicità che la poesia si possa imparare, come la matematica, a forza di applicazione e di buona volontà. Fu il disastro.

Vide che, in nome di leggi che lui comprendeva meno del cinese, gli uni condannavno quello che altri approvavano; si smarrì nella foresta inestricabile dei giudizi letterari; perse completamente la testa; mio Dio! era dunqeu necessario rispondere a tante obiezioni quando si scriveva, soddisfare tante esigenze molteplici e contraddittorie! 

Poi, per sua sfortuna, si mise a leggere i libri eruditi in cui si analizza l'azione dello scrivere, tutti i meccanismi complessi del processo della creazione; e, allora, si trovò nella situazione di chi, nel momento in cui sta per compiere un gesto insignificante, volesse ricercare tutte le minime componenti della sua volontà di agire, e restava inebetito, sconcertato di fronte al suo foglio di carta ostinatamente bianco.

(Irène Némirovsky, Un bambino prodigio, Giuntina)

sabato 21 gennaio 2012

Tanto di cappello alla signora Atwood

Mi sono avvicinato a Negoziando con le ombre di Margaret Atwood (Ponte alle Grazie) con circospezione, anzi, diciamolo pure, con la diffidenza di chi teme un libro per addetti ai lavori - roba da chi esercita il mestiere o la passione della critica.

Lo sapevo, lo avevo letto su qualche giornale: non si trattava di lezioni, per di più pronunciate da un podio importante? Cosa avrei dovuto aspettarmi, se non ragionamenti coriacei e magari anche paludati?

E magari c'era pure da temere l'operazione commerciale, l'occasione colta al volto dall'editore che intende sfruttare la notorietà di un'autrice fortunata.

Poi entri in quelle pagine ed è un momento farsi catturare.

Perchè qui c'è grande, raffinata cultura, senza pedanteria. C'è un discorso che si fa alto e coinvolgente, capace di dirti molto sul dono della parola e su quelle ombre che accompagnano sempre l'avventura di chi si sfida con la scrittura... Una sorpresa, una bella sorpresa, nel grande mare dell'editoria.

mercoledì 20 luglio 2011

Hemingway e Moravia, chi la fa l'aspetti

Forse la critica letteraria non sarà il modo più diretto e sicuro per accertare le qualità umane di chi la critica la esercita, però mi hanno sempre fatto meditare gli strani e improvvisi movimenti che la morte di un autore produce sui giudizi che lo riguardano. Accelerazioni e scarti che, mi sa, poco hanno a che vedere con i tempi dello studio e del ragionamento, e molto invece con i vizi e le virtù che ci appartengono.

Prendete Alberto Moravia, per esempio. Leggo sulla Nuova Antologia - un articolo a firma di Gennaro Cesaro - che la salma di Ernest Hemingway era ancora calda, dopo il suicidio del 2 luglio 1961, che lo scrittore romano ne decretò la morte anche letteraria. Lo fece su L'Espresso, titolo già più che eloquente: Hemingway: niente e così sia.

Vaticinava in questo modo, Alberto Moravia, a proposito del grande Hem e di miti analoghi:

Essi sono fatti per le masse e le masse li dimenticano appena ne sorgano degli altri più moderni e più seducenti

La cosa che colpisce, naturalmente, è che parole così chiare e crude siano state pronunciate solo post mortem. Non mi ricordo bene, però mi pare che Moravia non fosse nuovo a cose del genere.

Cinque anni dopo la sua morte, intendo la morte di Moravia, lo stesso settimanale uscì con questo titolo: Moravia, chi era costui?

Hem, nel frattempo, se la cava piuttosto bene. Legge del contrappasso o semplicemente umano, troppo umano?

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...