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domenica 2 novembre 2014

Al diavolo, lo scrivo questo libro

Il laico, l'ateo Pertini è un uomo di fede che infonde fede.

Si può ricorrere alle sue parole nei momenti più duri. E se di una retorica ormai tanto lontana dal nostro sentire si può sorridere, la sostanza, quella, non è invecchiata di un giorno.

Ha l'odore del sangue che pulsa nelle vene, della speranza che non si rassegna.

Invita a immergervisi con assoluta devozione. Sa di corpi agili in movimento. E' una sostanza giovane.

Eravamo per quello, dopo tutto, alla manifestazione per l'anarchico Puig. Perché eravamo giovani.

L'arte più sublime è quella di invecchiare senza perdere quello spirito. Almeno un po' di quello spirito.

Al diavolo.

Lo scrivo questo libro.

(da Giancarlo De Cataldo, Il combattente. Come si diventa Pertini, Rizzoli)

giovedì 30 ottobre 2014

Come spiegare chi era Sandro Pertini

Come la storia che un padre racconta al figlio, magari perché non ha saputo farne nient'altro. E chissà se il figlio ci crederà davvero, però, incredibile, lo sguardo è attento, le labbra si stanno schiudendo in una domanda...

E' una storia che fa bene condividere con i propri figli, anche solo per vedere l'effetto che fa, quella che Giancarlo De Cataldo racconta in Il combattente (Rizzoli). Libro di cui la prima cosa che mi ha colpito è il sottotitolo: Come si diventa Pertini. Sottotitolo che fa riflettere e che prende subito le distanze da ogni cedimento retorico, che poi è ciò che fa sì che le persone straordinarie siano piantate sopra un piedistallo: perché è in questo modo che si perdono, e che le perdiamo.

E dunque, cosa dobbiamo ricordare di Sandro Pertini? L'antifascista che non fece un passo indietro e che per questo fu seppellito in carcere? Il vecchiettino con la pipa in bocca che salta in piedi durante la finale del Mondiale di Spagna e regala a tutti un fiotto di tenerezza nel tripudio sportivo? O forse qualcosa che va oltre i luoghi comuni, le istantanee della storia, i giudizi una volta per tutte?

E' bello, questo libro, perché ci restituisce un personaggio a tutto tondo, senza fare sconti alle asprezze del carattere e delle convinzioni. La storia di un uomo che sembra appartenere irrimediabilmente ad un'epoca morta e sepolta - un po' come Enrico Berlinguer - e che invece...

Invece fa bene parlare di Sandro Pertini, dopo che il nuovo è avanzato, dopo che ha vinto la politica vetrina, la politica spettacolo, comparsata televisiva e irruzione nei social media, con molta allergia per la sostanza e anche per l'essere semplicemente se stessi.

Fa bene parlarne e fa bene interrogarci: come raccontarlo ai nostri figli? Chissà se gli piacerà, il buon vecchio Sandro.

venerdì 11 marzo 2011

Raymond Chandler e il "noir" onesto

Quando lo onoriamo come maestro del noir, vogliamo dire che, anche grazie a lui, il noir è diventato un modo eccellente per raccontare il lato oscuro della società. Ma Chandler scriveva d'altro. Chandler, nella sua California grigia e senza tempo, fra gangster sanguinari, amici traditori e rosse incendiarie dal cuore di pietra, esplorava i territori impervi di quel mal di vivere che appartiene a ogni essere umano

Così Giancarlo De Cataldo scrive di Raymond Chandler, lo scrittore che ci ha regalato Philip Marlowe, e come dargli torto? E' proprio per questo che Raymond Chandler mi piace da matti.

Ma Chandler, scrittore di noir, è anche uomo che sul noir ha riflettuto, eleborando una serie di regole - dieci, che sembra il numero perfetto per le regole - che pubblicò giù nel 1949.

Tra tutte mi soffermo sull'ultima, la decima, che è anche quella su cui il nostro più si dilunga. Comincia così:

Il noir deve essere ragionevolmente onesto verso il lettore

Regola che implica molte cose. Per esempio questa:

Non si può pretendere che il lettore sia dotato di una rara erudizione né di una memoria abnorme per dettagli minimi. Perché se si richiedesse questo il lettore non avrebbe gli strumenti per capire la soluzione, semplicemente la riceverebbe impacchettata senza poterla aprire

E poi aggiunge molto altro, il vecchio Raymond, sul buon senso e sugli eccessi di enfasi. Sull'accettabilità della soluzione, sui trucchi offensivi, sui fatti irrilevanti che non vanno spacciati come eccezionali. Però già così va bene, è già molto non annegare gli indizi nelle pozzanghere di parole. Come diceva lui.


domenica 27 febbraio 2011

Derek Raymond e la danza del male e del bene

Il noir nasce quando il genere umano è spinto alla follia in un bar o nell'oscurità, descrive uomini e donne che la sorte ha spinto troppo in là, la cui vita si è contorta e deformata... Il noir esiste per far vedere agli uomini cos'è la vera disperazione: le piccole, buie stanze dell'esistenza dove ogni uscita è sbarrata

Ho consociuto Derek Raymond, diversi anni fa, sulle pagine di un libro - Aprile è il più crudele dei mesi - che avevo acquistato più che altro per il titolo, citazione di grande poesia piantata nel cuore di un noir.  E non so se sia giusto considerarlo una sorta di James Ellroy inglese, non so in effetti se sia accettabile per qualsiasi scrittore la sarabanda delle comparazioni e degli accostamenti.

Ma quello che mi importa è che Derek Raymond è solo e soltanto Derek Raymond. Con le sue storie spietate che non sono solo sangue e morti ammazzati, che sono anche lirica dolente, bellezza annidata nello sporco della vita. Con il suo sguardo capace di sgretolare ogni ipocrisia e di andare al cuore delle cose. Con le sue parole come la partitura musicale di un balletto dove male e bene danzano insieme, più che intrecciati, confusi l'uno nell'altro.

Meridiano Zero, la casa editrice che in Italia ha proposto quest'autore, pubblica adesso Stanze nascoste, l'autobiografia. Non l'ho ancora letta, ma so qualcosa della vita di Derek Raymond, uomo perennemente in fuga, uomo che decise di nascondersi a se stesso (Derek Raymond, tra l'altro, è uno pseudonimo) e al destino che gli era stato assegnato. Uomo che è perfino troppo facile reclutare nella folta schiera degli scrittori maledetti, lui che si sottrasse agli agi famigliari e agli studi di Eton per vivere tra i miserabili, accompagnarsi a trafficanti e assassini, innamorarsi di prostitute e alcolizzate.

Troppo facile, davvero, per quest'uomo che nei bordelli e nei ghetti dava nuovi significati all'amato Shakespeare.

Racconta Giancarlo De Cataldo:

Qualcuno dubitava persino che fosse davvero uno scrittore, e non, per dire, un amabile vagabondo capitato lì per caso. Un giorno, gentile e vagamente distaccato, offrì una rosa a tutte le donne, signore e signorine, che incontrava. Poi, all'improvviso, scomparve. Era andato a rintanarsi, e questa volta per sempre, nelle sue stanze nascoste. Se lo cercate, è ancora lì. Con tutta la forza magnetica della sua scrittura unica e la sensualità della sua vita ambigua e disperata

Non cercate la sua biografia, in Stanze segrete. Cercate la sua vita, complicata e sfuggente, bella come un lampo nella tempesta.

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...