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lunedì 7 ottobre 2019

Nel Giappone che era l'isola delle libellule

Ci sono libri stravaganti, obliqui, apparentemente casuali, che portano con sè il dono della sorpresa, come se proprio questo fosse il loro segreto, non la visione di insieme ma il dettaglio, non la sfida che conta ma il farsi da parte. Libri che vanno dritti al cuore proprio perché sembrano non avere un bersaglio e se ce l'hanno è bello mancarlo. 


Quasi sempre sono libri su interessi eccentrici, passioni ampiamente minoritarie, vocazioni inspiegabili. L'arte di collezionare mosche di Fredrik Sjöberg ne è un esempio. E sarà che gli insetti - comunque la vita minuscola che popola il nostro grande pianeta - in questo funziona piuttosto bene. Ma ora è senz'altro in buona compagnia, grazie a un testo di Lafcadio Hearn recuperato e riproposto da Exòrma. Un altro piccolo grande libro di questa casa editrice, fantastico già nel titolo: Le farfalle danzano e le formiche si ingegnano.

Già di per sé Lafcadio Hearn ha vissuto una vita così particolare da meritare un romanzo (se è già stato scritto, ditemelo, vorrei metterci le mani sopra quanto prima): una di quelle storie che sembrano fatte apposta per spiazzare e incuriosire. Pensate, il figlio di un irlandese e di una greca che finisce nell'Ohio e quindi in un Giappone ancora impermeabile agli occidentali. E lì si sposa e vive immergendosi in quella cultura misteriosa e affascinante. Giapponese quanto un haiku, diranno di lui gli stessi giapponesi.

Lafcadio Hearn era anche un grande appassionato di insetti: e a testimoniarlo sono proprio queste pagine, che sembrano scritte da un monaco buddista piuttosto che da un entomologo occientale. 

Incredibile quante cose ci sono, dentro questo volumetto. Per esempo le farfalle, che sono trattate con la massima gentilezza quando entrano in una casa: prendono la loro forma le anime dei moribondi prima della definitiva separazione. Così si dice ed è solo una delle storie che sarebbe bello ascoltare in una notte di luna piena.

Per non parlare delle lucciole e delle formiche, delle zanzare - persino loro non disturbano tra queste pagine - e delle libellule - non sapevo che uno degli antichi nomi del Giappone fosse Alitsushima, l'isola delle libellule.

Affabulazione, meraviglia, eleganza: cosa di più?

venerdì 26 gennaio 2018

Dalla Svezia al Grand Canyon, storia del pittore vagabondo

Ogni vita umana è un labirinto. Se si trova l'ingresso, ci si può aggirare dentro all'infinito.

A un  certo punto è giusto fermarsi e interrogarsi su quanto si sta facendo. Lo fa anche Fredrik Sjöberg, scrittore svedese per cui la casa editrice Iperborea ha già proposto un paio di libri - uno dei quali, L'arte di collezionare le mosche, raccomando caldamente.

Lo fa ne L'arte della fuga, nel bel mezzo della storia che sta provando a raccontare, non senza esitazioni, anzi, con il sospetto in fondo di essere un ficcanaso, un profanatore di tombe: sentimento che comprendo e condivido anch'io, ogni qual volta uno è alle prese con la vita di una persona. Che cosa si sta davvero facendo?

Ecco, questo mi piace in particolare di un libro che, malgrado il titolo, non si muove sulla scia di un capolavoro di qualche anno fa quale L'elogio della fuga di Henri Laborit. Non è un saggio sui piaceri e le opportunità del cambiar vita e levare le tende. Piuttosto è un modo per dipanare le vicende di un tale Gunnar Widforss, inquieto acquarellista propenso al vagabondaggio e destinato a rifarsi un'altra vita in Nord America. Dimenticato in Svezia e in Europa, ma artista quotato sull'altro continente, è l'uomo che si taglia i ponti alle spalle e punta sull'altrove come un ago magnetico.

Curiosa parabola di vita, quella di Gunnar, che dalle isole di Stoccolma passa alla wildernss dell'Arizona e del Colorado fino a costruirsi una reputazione come il paesaggista per antonomasia dei parchi nazionali americani. Tanto che un giorno il suo nome sarà dato a una delle cime del Grand Canyon.

Curiosa parabola, davvero. E certo, facciamo bene a interrogarsi su quanto si sta facendo, chiedersi se è giusto ficcare il naso in questo modo. Ma è anche un piacere insostibuile divagare rispetto alla nostra vita, balzando così in quelle altrui.

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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...