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venerdì 14 agosto 2015

Amsterdam era un brivido di libertà

Era un brivido di libertà, Amsterdam, un sogno che aveva qualcosa a che vedere con altri sogni persi per strada. Anche un risarcimento, in un certo senso. 

Per ottenerlo erano sufficienti un treno nella notte, poche cose infilate in uno zaino e qualche lira in tasca – in tempi in cui l'euro non c'era e un viaggio era tale anche perché toccava cambiare valuta. 

Solo questo ed era un altro mondo che si spalancava. 

Chissà cosa aveva per la testa quel ragazzo che ero io. Chissà su quale futuro almanaccava. Oggi ad Amsterdam, domani in Tibet, o in Nicaragua, o forse anche in Patagonia. E sul serio, cosa avrei scelto nella vita? Il teatro d'avanguardia a New York o una capanna affacciata sul mare dei Tropici? 

Almeno almeno mi aspettava un appartamentino a Kreuzberg, il più  multietnico dei quartieri di Berlino. In ogni caso lontano. Oltre l'orizzonte su cui si allungava lo sguardo di ogni giorno. 

Via dal mio quartiere. Via dall'università da rievocare solo per le chiacchiere in corridoio e qualche morso di apprensione sul futuro, giustappunto. Via dalle cose che si poteva ragionevolmente pretendere dal sottoscritto. Lontano, lontano. 

E Amsterdam, è evidente, sarebbe stato un buon trampolino per staccarsi dalle cose come erano, verso le cose che mi attendevano.

(Paolo Ciampi, L'Olanda è un fiore, Ediciclo)

sabato 4 aprile 2015

Era un brivido di libertà, Amsterdam

Era un brivido di libertà, Amsterdam, un sogno che aveva qualcosa a che vedere con altri sogni persi per strada. Anche un risarcimento, in un certo senso. 

Per ottenerlo erano sufficienti un treno nella notte, poche cose infilate in uno zaino e qualche lira in tasca – in tempi in cui l'euro non c'era e un viaggio era tale anche perché toccava cambiare valuta. 

Solo questo ed era un altro mondo che si spalancava. 

Chissà cosa aveva per la testa quel ragazzo che ero io. Chissà su quale futuro almanaccava. Oggi ad Amsterdam, domani in Tibet, o in Nicaragua, o forse anche in Patagonia. E sul serio, cosa avrei scelto nella vita? Il teatro d'avanguardia a New York o una capanna affacciata sul mare dei Tropici? 

Almeno almeno mi aspettava un appartamentino a Kreuzberg, il più  multietnico dei quartieri di Berlino. In ogni caso lontano. Oltre l'orizzonte su cui si allungava lo sguardo di ogni giorno. 

Via dal mio quartiere. Via dall'università da rievocare solo per le chiacchiere in corridoio e qualche morso di apprensione sul futuro, giustappunto. Via dalle cose che si poteva ragionevolmente pretendere dal sottoscritto. Lontano, lontano. 

E Amsterdam, è evidente, sarebbe stato un buon trampolino per staccarsi dalle cose come erano, verso le cose che mi attendevano.

(Paolo Ciampi, L'Olanda è un fiore, Ediciclo)

lunedì 27 maggio 2013

Amsterdam raccontata come in una biografia

E' il sottotitolo a dire tutto: biografia di Amsterdam.

Mica storia di Amsterdam, come sarebbe fin troppo scontato. Ma biografia, lo stesso termine che siamo abituati a leggere o ad adoperare per un pittore o un capo di Stato.

Bello e sorprendente, Un'idea di libertà di Geert Mak (Bruno Mondadori editore). Per come è scritto e per tutto ciò che racconta di questa straordinaria città, fuori da ogni luogo comune - tulipani e droga libera, per intendersi.

Amsterdam, città letteralmente strappata alle acqua, villaggio di pescatori che nasce intorno all'anno Mille da un tratto del fiume Amstel interrato. Amsterdam che nel giro di poche generazioni impone al mondo un'incredibile egemonia, con i suoi commerci e le sue navi che solcano gli oceani. Amsterdam che non si rinchiude nelle mura e che si fa forte dei profughi che gli arrivano dal resto d'Europa, siano gli artigiani inglesi o gli ebrei sefarditi del Portogallo. Amsterdam, ancora, che sarà luogo di tolleranza e libertà, come tale ricordata da Descartes e Voltaire. E non a caso sarà proprio ad Amsterdam che John Locke scriverà la sua Lettera sulla Tolleranza.

E ancora i grandi pittori, gli esploratori, i banchieri. Fino ad alcune indimenticabili - e da me finora completamente ignorate - figure del ventesimo secolo, uomini che hanno provato a reinventare la città, inseguendo utopie sociali e ideali urbanistici.

Che bel libro. Uno di quei libri che ci si fa un torto a voler riassumere in poche righe. Perché in realtà è un mare intero di storie, in cui è semplicemente bello perdersi.

domenica 26 maggio 2013

Lo scrittore non ve lo perdonerà mai

Lo scrittore è vanesio come... un uomo.

Parlate pure male di sua madre o del colore dei suoi capelli, ditegli pure che ha un accento amsterdamese (cosa che uno di Amsterdam non ammetterà mai): queste cose forse ve le perdonerà; ma guardatevi dal toccare anche solo in superficie il più piccolo elemento accessorio di qualcosa che riguardi il suo modo di scrivere, perché questo non ve lo perdonerà mai.

Se dunque non trovi bello il mio libro, se per caso un giorno c'incontrassimo, fai come se non ci conoscessimo.

(Multatuli, da Max Havelaar, Iperborea edizioni)

sabato 4 agosto 2012

In bici ad Amsterdam alla fine frenavo solo io

Frequentavo poco Amsterdam, dicevo, ma da una settimana ci venivo ogni giorno perché avevo accettato di scrivere un libro sulla città. Mi era stato commissionato da una casa editrice italiana: raccontare Amsterdam dal punto di vista della bicicletta.


Ma il progetto stava prendendo questa piega pericolosa: una specie di guida che assomigliava a un racconto in cui le mie pedalate lungo i binari del tram, e le frenate e le leggere rincorse per arrivare sul dorso d'asino dei ponti che a volte sembrare di guadagnare lo Stelvio, dovevano servire da impalcatura alla descrizione dei posti.


Dosare il tutto, come il cuoco, ad esempio raccontare come le persone in bicicletta, al contrario di quanto succedeva a me, si muovevano armonicamente, simili ai banchi di pesce disturbati dall'orca che si sparpagliano e si ricompongono subito altrove.


E poi far notare che in mezzo a quel traffico di pedali e caos di campanelli che avrebbero dovuto segnalare emergenze, alla fine frenavo solo io.


Chiedermi come fosse possibile che la stirpe biciclettata fosse sempre così sicura del fatto che il passante avrebbe attraversato la strada in tempo, e la macchina non si sarebbe fermata e allora bisognava scansarla, mentre io stavo già inchiodando coi piedi sui pedali.


(Marino Magliani, Amsterdam è una farfalla, Ediciclo)

lunedì 16 luglio 2012

Se Amsterdam diventa una farfalla

L'Olanda e la bicicletta possono essere un connubio scontato, così come l'Olanda e i mulini a vento o l'Olanda e i tulipani, ma certamente non è scontato ciò che ci racconta Marino Magliani nel suo Amsterdam è una farfalla (Ediciclo): un libro che è molto di più di una guida alternativa su un paese che, al di là dei luoghi comuni, conosciamo abbastanza poco e che poche tracce ha lasciato nella letteratura più diffusa in Italia. E ancora, un libro che non è nemmeno un resoconto di viaggio su due ruote, in una delle destinazioni più appetibili per gli appassionati di cicloturismo.

La sovversione delle regole e delle consuetudini della più conosciuta scrittura di viaggio è evidente fin dalle prime pagine: l'autore, chiamato a scrivere una guida di Amsterdam in bicicletta, inforca una bicicletta e comincia la sua peregrinazione nei giorni e nelle notti olandesi, tra le case affacciate sui canali e i pascoli fuori città, tra scorci sui tetti e discese nel ventre di Amsterdam.

Così la guida viene raccontata nel suo farsi e non è più guida, ma romanzo, o più precisamente, romanzo nel romanzo che prende corpo, tra divagazioni e digressioni, in un alternarsi e confondersi di personaggi, avvenimenti, tempi – dall'Olanda del secolo d'Oro al futuro dell'anno 2100 – e luoghi – perché ci sono i Paesi Bassi ma anche la Liguria dell'autore, le terre piatte e le montagne.

Magliani poi ci mette tanto di suo, con la sua penna inquieta, il suo linguaggio allo stesso pulito e ipnotico, la sua capacità di svoltare e offrire un nuovo scenario a ogni pagina.

Mi piace quando ci si riesce ad avventurare in territori inesplorati della letteratura di viaggio. Non importa andare nemmeno molto lontano. Magliani ci offre molto di più di un itinerario olandese, mescolando la puntuale descrizione di eventi e contesti con la vertigine esistenziale e metafisica di certi autori sudamericani – Borges su tutti.

E dal bozzolo di una città raccontata anche nei suoi lati oscuri riesce davvero a prendere il volo la farfalla di Amsterdam.


mercoledì 22 febbraio 2012

Quando la Borsa di Amsterdam fallì per i tulipani

E dunque, non sapevo che la prima Borsa del mondo è stata quella aperta ad Amsterdam nel 1609, tanto meno sapevo che di lì a poco anche quella prima Borsa fece crack, come spesso capita alle Borse. Nè che a rovinare gli speculatori allora non furono i derivati e i titoli spazzatura, ma i tulipani, visto che a quei tempi si poteva tentare di speculare anche sugli innocentissimi bulbi.

Non lo sapevo e ho appreso tutto questo grazie a quella splendida rivista che è Storica. Ed è su di essa che mi sono imbattuto anche sulle parole di Jossé de la Vega, mercante ebreo olandese, poeta e filantropo, che nel 1688 scrisse Confusione delle confusioni, dedicato proprio al mondo degli affari. Da Storica recupero tre splendide citazioni:

Non consigliare a nessuno di comprare o vendere azioni. Poiché formulare previsioni è una forma di stregoneria, è meglio di non vantarsi di fare il consulente finanziario.

Il profitto del mercato azionario è come il tesoro dei folletti: un momento è cenere; un altro momento è carbone; un momento sono diamanti; un altro momento ancora sono ciotoli.

Ma soprattutto:


Accetta sia i tuoi profitti sia le tue perdite. E' preferibile incamerare ciò che ti arriva fra le mani nei momenti favorevoli che sperare che la buona sorte e le circostanze favorevoli durino a lungo.

Che poi, curiosamente, mi ricordo quello che andava ripetendo un monaco buddista giapponese nel tredicesimo secolo, Nichiren Daishonin:

Soffri per quel che c'è da soffrire e gioisci per quello c'è da gioire. Considera entrambe, sofferenza e gioia, come fatti della vita...

Come dire che dai disastri dell'economia si possono ricavare buone parole per la cura delle nostre vite. 



giovedì 2 febbraio 2012

L'aeroporto di Schipol, un tratto al di là del mondo


La mattina dopo all'aeroporto di Schipol regnava un'atmosfera così meravigliosamente ovattata da farti credere d'essere già per un tratto al di là del mondo terreno.

A passi lenti, come sotto l'influsso di sedativi o come si stessero muovendo in un tempo dilatato, i viaggiatori vagavano per le diverse sale o si dirigevano, fermi sulle scale mobili, verso le loro destinazioni ai piani alti o nei sotterranei. 

Sul treno che mi aveva portato lì da Amsterdam, sfogliando il libro sui Tristi Tropici, mi ero imbattuto in una descrizione dei Campos Elyseos, una strada di San Paolo, dove chalet e castelli di legno, che un tempo dei riccastri avevano fatto costruire e dipingere a colori vivaci in una sorta di stile svizzero di pura fantasia - così ricorda Lévi-Strauss gli anni trascorsi in Brasile -, cadevano a poco a poco in rovina mentre attorno i giardini erano invasi da alberi di eucalipto e mango.

Forse è per questo che quel mattino l'aeroporto, attraversato da un tenue brusio, mi era parso l'anticamera del paese ignoto dal quale nessun viaggiatore fa ritorno.

                                         (W.G. Sebald, Gli anelli di Saturno, Adelphi)

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...