Visualizzazione post con etichetta estate. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta estate. Mostra tutti i post

lunedì 18 aprile 2016

La bellezza che affiora nel romanzo che non ti convince

Mi è piaciuto o no? Mi ha deluso oppure mi ha convinto?

Ci sono anche i libri che ti lasciano così, in questa sospensione del giudizio, in questa incertezza che poi per certi versi è anche salutare, perché con la domanda che rimane per aria anche il senso di quella lettura non viene archiviato una volta per tutte.


L'amore, un estate di William Trevor (Guanda edizioni) per me è stato uno di questi libri.

E certo, già porsi domande del genere non è il massimo. Eppure, a pensarci e ripensarci, ne sono sicuro: anche in queste pagine trovo del bello. Come no.

Per esempio: questa Irlanda di almeno mezzo secolo fa, pascoli e pub, chiacchiere e moralismo all'ennesima potenza; questa relazione che non si sa se c'è, se inizia, se terminerà prima di iniziare, in una nube di incertezza, di indeterminazione, che spesso è come va davvero la vita; questo senso di attesa di qualcosa che dovrà pur succedere e non succede mai: e certo spesso la vita è anche questo, un'attesa che non si scioglie, qualcosa che si attende all'orizzonte del nostro Deserto dei Tartari, e quasi sempre è solo un miraggio.

E poi questo giovane senz'arte né parte, che ora tenta di fare il fotografo e ora non crede più né a se stesso né alla fotografia.

Ma soprattutto la casa dove abita, una bella vecchia casa che fa tanto campagna inglese (anche se siamo in Irlanda), questa casa che era dei suoi genitori e che ora, dopo la loro morte, si trova a vendere, vendendo con essa anche le sue radici, il suo passato, le testimonianze e gli affetti.

Magari la bellezza di un libro si trova dove non si cerca, nella direzione opposta e contraria alla quale sembra portarti.

mercoledì 24 luglio 2013

Cosa si legge sotto l'ombrellone

E' davvero curioso che sotto il sole di luglio non si vedano circolare altro che megaseller. E gli altri?

Le eccezioni sono i tascabili abbandonati sulle sdraio o sugli asciugamano degli adolescenti: sono in tutta evidenza quei romanzi inseriti nelle liste che i prof al termine della scuola decidono di infliggere ai poveri allievi per le ferie.

Sempre gli stessi autori, del resto, da decenni: Calvino, Pavese, Primo Levi, Fenoglio, Il gattopardo, Sciascia, Morante... 

Tutti capolavori benemeriti, intendiamoci: il cosiddetto usato sicuro. Ma è lecito chiedersi: possibile che da quarant'anni a questa parte la letteratura italiana non abbia prodotto niente di nuovo degno di essere consigliato come lettura o passatempo (intelligente) agli studenti?

(da Paolo Di Stefano, Sbagliato far leggere solo l'"usato sicuro", Corriere della Sera del 16 luglio 2013)

mercoledì 15 agosto 2012

Dato che l'estate è fatta apposta per i romanzi

Durante l'anno mi attirano, mi piacciono, non mi piacciono, mi annoiano o mi entusiasmano libri molto diversi, non tutti di narrativa: libri di storia, di divulgazione scientifica, di musica o semplici pettegolezzi biografici.

Ma basta che arrivi l'estate e la promiscuità delle mie letture cede il passo al nutrimento del romanzo: il romanzo lungo e complicato, il romanzo che ci obbliga a vivere dentro le sue pagine, il romanzo che è come una casa di grandi stanze appartate e come un viaggio, come una di quelle traversate antiche che duravano settimane, come i viaggi definitivi di cui parlano proprio alcuni di questi romanzi: passaggio in India di E. M. Forster, il viaggio del Pequod, i sette anni di ritiro del giovane Hans Castorp nella Montagna incantata, l'eterno viaggio in treno in Siberia durante il caos dei primi tempi della rivoluzione che è la spina dorsale del Dottor Zivago, quello dello sfortunato Lord Jim ai limiti dell'infanzia e della redenzione.

Il caldo e i romanzi. L'ozio e i romanzi. La lettura dei romanzi come espressione perfetta dell'ozio....

(Antonio Muñoz Molina, Letture d'estate, da Internazionale)

sabato 6 agosto 2011

Un'estate in compagnia del buon soldato

Ci sono libri che sembrano fatti apposta per i tempi più lunghi e indolenti per l'estate. E l'estate, almeno a volte, sembra fatta apposta per tuffarsi in uno di quei libri che non finiscono più - stile romanzi russi, per intendersi - quei libri così affollati di storie e personaggi che non basta leggerli, bisogna permettere che facciano parte delle nostre giornate, che le colorino con le loro parole.

Questo per me è stato Il buon soldato Svejk, di Jaroslav Hasek. Un'estate di qualche anno fa con queste pagine mi sono ritrovato nella Praga dell'impero asburgico, raccontata dopo la fine di quell'impero. Il piacere di questa lettura è stato tale che non ho cercato mai di dare a esso un senso.

Ma oggi una pagina di un libro che mi sta facendo buona compagnia - Tempo di regali di Patrick Leigh Fermor - mi ha consegnato qualche bella riflessione su Hasek - un personaggio in quella stessa Praga, genio eccentrico e bevitore incallito, appassionato di scherzi di cattivo gusto e riviste di raffinata cultura, alla gogna per bigamia e altri eccessi - e soprattutto su Svejk, la sua creatura, sorta di Sancho Panza in versione Mitteleuropa.

Svejk è un campione nell'arte di arrangiarsi, di cavarsela sempre e comunque. China la testa, si adatta, trova la scappatoia. Non si mai quanto faccia leva sull'astuzia e quanto voli basso con la sua ingenuità.

Dice Fermor:

Nel clima piuttosto conformista della nuova repubblica, Svejk parve una caricatura impresentabile del carattere nazionale. Ma non avevano motivo di preoccuparsi. Le forze con cui Svejk si misurava erano poca cosa rispetto ai pericoli mortali odierni. Ma a venirci in soccorso, oggi, è l'ispirazione della sua ombra, inoppugnabile e anticonvenzionale

Dalla Boemia all'Italia, non è poi così distante la storia del soldato Svejk. E del suo paese.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...