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mercoledì 19 gennaio 2011
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La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar
Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...
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E' così: l'ho attaccato con grosse aspettative, ho perso colpi in una lettura distratta, ho stentato nel primo centinaio di pagine (troppi nomi, intreccio troppo complesso, troppa sensazione di sequel), ho tirato avanti grazie al ricordo assolutamente positivo (ma non entusiasta) dei primi due libri della trilogia, infine mi sono arenato.
Poi, è chiaro, qualche problema me lo pongo. Sarà questione di diffidenza che scivola in pregiudizio per i "clamorosi casi editoriali"? Sarà che Larsson è morto prima della pubblicazione di questo libro e che non avuto il tempo di lavorarci sopra fino in fondo?
O sarà che, semplicemente, con i libri è come con le persone, a volte funziona al primo sguardo e subito scatta qualcosa, altre volte per quanto te ne abbiano parlato bene, per quanto sai che "meriterebbe", non scatta niente?
E magari è un'occasione mancata. Chissà, in un altro tempo, in un altro contesto. Forse sarebbe bastato una sera tutta per me, un teino per accompagnare la lettura e un silenzio accogliente, la volta del primo capitolo.
Chissà.
Chissà se un giorno La regina dei castelli di carta scenderà dallo scaffale dove è finita, il più alto della libreria, per tornare a bussare nella mia vita.