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sabato 26 ottobre 2013

Quella era l'isola raccontata da Omero

"Sapete di Marathonìssi, nei tempi antichi?" chiede improvvisamente. "Molti anni fa?".

"Zanetbey aveva là il suo castello" dissi io.

Il cameriere liquidò bey e castello con un gesto. "Quella è roba recente... il mio trisnonno era uno dei pallicari di Zanet. Voglio dire molto molto tempo fa".

Dichiarammo di non sapere altro. 

"Ah!" fece, acceso dalla prospettiva di darci una notizia. "Quando Paride, un principe troiano, rubò la bella Elena al marito, il re di Sparta, è là"  indicò Marathonìssi "che i fuggiaschi gettarono l'ancora. Scesero dal caicco e passarono la prima notte insieme sull'isola. L'ha raccontato Omero. L'isola allora si chiamava Cranae".

Restammo sbalorditi. Cranae! Mi ero sempre chiesto dove fosse. Tutta Githion si trasformò di colpo. Sembrò che ogni isola svanisse, tranne il profilo scuro dell'isola dove migliaia d'anni fa era cominciata, tra l'erbe mormoranti, quella fatale e incendaria luna di miele. 

(Patrick Leigh Fermor, Mani. Viaggi nel Peloponneso, Adelphi)

martedì 24 settembre 2013

Mani, libro perfetto per chi sogna la Grecia

Sono le cose strane dell'editoria: nel giro di un niente Bruce Chatwin viene tradotto in Italia e diventa un autore di culto (oggi un po' meno), oggetto della venerazione di tutti gli appassionati di letteratura di viaggio; lo stesso non succede con Patrick Leigh Fermor, altro scrittore viaggiatore inglese, a mio parere ancora più grande e autentico di Chatwin, in ogni caso maestro e amico di quest'ultimo. Poco importa che Chatwin debba molto a Fermor: siamo ancora alle prese con il  Che ci faccio qui? del primo e trascuriamo il secondo.

C'è modo di rimediare. Cominciando magari con Mani, forse il libro più bello di questo singolare inglese che percorse interi continenti a piedi. Mani, cioé uno dei più aspri e inaccessibili lembi di Grecia, penisola del Peloponneso che penetra nell'Egeo. Roccia e mare e popoli antichi che non hanno mai ceduto di un palmo dinanzi a qualsiasi esercito che ha provato ad assoggettarli. Un mondo a parte.

Perfetto da leggere in un viaggio in Grecia - io l'ho divorato a Creta. Perfetto per chi comunque sogna questa terra che, volenti o nolenti, fa parte della nostra storia e prima ancora del mito che ci ha reso ciò che siamo. Perfetto per abbandonarsi alla luce e alle ombre del Mediterraneo, per cullarsi ai venti che rendono meno torride le estati, per respirare gli odori della macchia mediterranea e della salsedine. Perfetto per abbracciare le storie che arrivano da lontano e ancora ci appartengono - ereditate con le parole di Omero e di tutti gli altri.

E poco importa se anche la Grecia di Fermor non è più la nostra Grecia... o forse sì, se anche a noi, come a Fermor, capiterà in dono di incantarsi, ascoltando due pastori parlare come saggi di Bisanzio o guardando un cameriere indicare l'isola di cui raccontò Omero. 

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