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mercoledì 29 luglio 2015

Amos Oz, lo scrittore che si avventura nel deserto


Un grande scrittore? Quasi sempre un uomo che trascorre il tempo indossando i suoi personaggi. A volte un uomo che non ha paura a distruggere la sera ciò che la mattina ha inventato. Raramente anche un uomo che si avventura nel deserto, qualunque cosa sia quel deserto.

Questo almeno quanto ho imparato leggendo la splendida intervista di Francesco Battistini ad Amos Oz, pubblicata tempo fa da La Lettura del Corriere della Sera. Com'è la giornata di un grande scrittore come Amos Oz?

Una routine assoluta. Mi sveglio alle 5, cammino mezz'ora nel deserto. E' un isolato da qui. Silenzio e solitudine. Poi torno a casa e bevo un caffè. E' una parte molto importante della mia giornata. Penso alle cose da scrivere, ai personaggi, alla vita, a quel che è importante. Il deserto è un grande maestro di vita. Poi mi siedo al tavolo e comincio a chiedermi "se fossi lui" o "se fossi lei"... Tutto il giorno immagino d'essere altre persone.... Scrivo la mattina. Il pomeriggio, spesso, distruggo quel che ho scritto la mattina.

Ho l'impressione che ci sia una relazione profonda tra il deserto e la scrittura di Amos Oz. Tra i suoi libri e quella vita trascorsa ai margini del nulla, in quel kibbutz il cui segretario un giorno gli disse:

Tu potrai anche essere Tolstoj, non dico di no, ma se qui tutti si sentono artisti, chi le munge le mucche?

venerdì 20 settembre 2013

I quattro amici che si ritroveranno per i Mondiali

Ognuno potrebbe scrivere su un bigliettino dove sogna di trovarsi fra quattro anni. Dal punto di vista personale, professionale. Da tutti i punti di vista. E ai prossimi Mondiali apriremo i biglietti e vedremo cos'è successo nel frattempo.

Ecco, è così che si mette in movimento la storia che Eshkol Nevo racconta in La simmetria dei desideri, uno dei libri che più mi hanno emozionato da parecchio tempo a questa parte. Non fatevi ingannare dal titolo, certo non troppo allettante. Queste sono pagine che divertono, commuovono, tengono col il fiato sospeso. Lasciandoti poi, oltre che con molte altre suggestioni, anche con la solita domanda: ma com'è che da un paese come Israele non finiscono mai di arrivarci libri che ci conquistano? E non solo dei soliti, gli Oz  e gli Yehoshua per intendersi.

Forse una delle risposta è la capacità della letteratuta israeliana di riuscire a combinare insieme le storie individuali con la storia collettiva, sarà che di Storia con la esse maiuscola ce n'è tanta, in quell'angolo di mondo. Funziona così anche in questo libro, con le partite dei Mondiali di calcio viste in tv e le amare vicende dell'Intifada, solo per dire le prime cose che mi vengono in mente.

A proposito dei Mondiali, non è solo per le partite, è che capitano una volta ogni quattro anni, e che in questo modo il tempo si può spezzare. Non è più un unico, ma una serie di periodi su cui si possono misurare ciò che si è fatto e ciò che non si è fatto. I desideri e le realizzazioni. E' per questo che a quattro amici, prima della finale, viene in mente di scrivere ciò che si attendono dai prossimi anni. Ai successivi Mondiali si ritroveranno, come sempre. Leggeranno i bigliettini e vedranno cosa ne è stato.

Parte da qui la storia, e di più non racconto. Il resto sono quattro personaggi che sarà difficile dimenticare, soprattutto colui che racconta in prima persona, il più taciturno e inconcludente, eppure quello senza cui niente sarebbe possibile. Il resto è un atto di amore. Nei confronti dell'amicizia. E anche della scrittura, perché così altro c'èà che può ridare un ordine ai desideri e restituire un senso al caos della vita?  

giovedì 10 gennaio 2013

Storia di Hannah, che non è Emma Bovary

Scrivo questa storia perché le persone che ho amato sono morte. Scrivo questa storia perché quando ero giovane avevo una grande capacità di amare, e ora questa capacità di amare sta morendo. Ma io non voglio morire.

Non fatevi sviare dal titolo: Michael mio è un libro dove Michael c'è poco, e quando c'è non è molto più di una possibilità. A esserci, in qualche modo, è Hannah.

Non accontentatevi di confronti troppo facili: perché Hannah non è un'Emma Bovary prelevata dal nord della Francia e trapiantata nella Gerusalemme di un altro secolo.

E poi, dopo aver riconosciuto che questo libro comincia e si conclude dentro la testa di Hannah, nel bisogno di una vita che si possa fare racconto, di una vita che in questo modo sappia trovare alibi e riscatto, ecco, dopo aver riconosciuto tutto questo, non fidatevi: perché Hannah non è Hannah.

Hannah è il suo silenzio. Hannah è un cimitero di emozioni e desideri. Hannah è ciò che gli altri pretendono che sia. Hannah è l'impossibilità di un sentimento pieno, di un'aspettativa realizzata.

E' ciò che non è, ben oltre questa storia di un matrimonio fallito.

E Gerusalemme sa essere perfino autentica in queste pagine. Autentica ma anche luogo letterario perfetto, come lo è stata Parigi alla fine di un secolo (di diversi secoli) o New York in altri tempi, per raccontare questa storia di distanze e frasi spezzate. Il luogo ideale per la scrittura di Amos Oz.



mercoledì 18 luglio 2012

Se per scrivere c'è bisogno del deserto

Da anni è uno degli scrittori più conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, ma vive ancora in una casetta ai margini del nulla, in una cittadina - Arad, in Israele - nata dal niente una cinquantina di anni fa.

Terra riarsa dal sole, distante da tutto. Eppure non la cambierebbe con nient'altro, Amos Oz, lui che ogni mattina si sveglia prima del sole, per inoltrarsi nel deserto. La sua scrittura, spiega in una recente intervista ad Antonella Barina, ha bisogno del deserto.

Ogni mattina alle cinque, quando è ancora buio, mi incammino tra rocce e sabbia. Da solo, nel silenzio più profondo, osservo il sorgere del sole. Il deserto rappresenta quel che è eterno contro ciò che è provvisorio. Mi è indispensabile per scrivere.

C'è quel silenzio, c'è quella luce che saluta il nuovo giorno, prima di ogni pagina di Amos Oz.


mercoledì 23 maggio 2012

Amos Oz, che di sera distrugge cosa scrive di mattina


Un grande scrittore? Quasi sempre un uomo che trascorre il tempo indossando i suoi personaggi. A volte un uomo che non ha paura a distruggere la sera ciò che la mattina ha inventato. Raramente anche un uomo che si avventura nel deserto, qualunque cosa sia quel deserto.

Questo almeno quanto ho imparato leggendo la splendida intervista di Francesco Battistini ad Amos Oz, pubblicata da La Lettura del Corriere della Sera. Com'è la giornata di un grande scrittore come Amos Oz?

Una routine assoluta. Mi sveglio alle 5, cammino mezz'ora nel deserto. E' un isolato da qui. Silenzio e solitudine. Poi torno a casa e bevo un caffè. E' una parte molto importante della mia giornata. Penso alle cose da scrivere, ai personaggi, alla vita, a quel che è importante. Il deserto è un grande maestro di vita. Poi mi siedo al tavolo e comincio a chiedermi "se fossi lui" o "se fossi lei"... Tutto il giorno immagino d'essere altre persone.... Scrivo la mattina. Il pomeriggio, spesso, distruggo quel che ho scritto la mattina.

Ho l'impressione che ci sia una relazione profonda tra il deserto e la scrittura di Amos Oz. Tra i suoi libri e quella vita trascorsa ai margini del nulla, in quel kibbutz il cui segretario un giorno gli disse:

Tu potrai anche essere Tolstoj, non dico di no, ma se qui tutti si sentono artisti, chi le munge le mucche?

venerdì 18 novembre 2011

Se anche a Teheran si legge Amos Oz

Viene in mente un bellissimo libro di Azar Nafisi di qualche anno fa, titolo che dice già tutto, Leggere Lolita a Teheran..... E se leggere Lolita a Teheran, negli anni della rivoluzione fondamentalista, era già un'impresa, una provocazione, una splendida scoperta, che dire se si tratta di leggere non Nabokov l'immorale, ma Amos Oz, lo scrittore israeliano, cioè il nemico? 


Sembrerebbe naturale, poter trovare i suoi titoli in libreria, acquistarli, leggerli, condividerli.... anche perché, vorrei dire, negarsi certe possibilità significa farsi male, non fare male, perdere qualcosa e forse molto. E invece no, si sa come vanno le cose.


Per cui magari è una notizia che passerà inosservata, eppure è una grande bella notizia: mentre tra Israele e Iran prosegue il braccio di ferro sul nucleare, mentre spirano persino venti di guerra, Amos Oz viene tradotto in farsi e compare nelle librerie iraniane.


Per ora solo solo con un libro - D'un tratto, nel folto del bosco, che se volete è un altro titolo che dice tutto - un libro che è una fiaba per bambini (ma forse anche per adulti).


Una fiaba, solo una fiaba. Ma che bella questa fiaba che permette di raccontarne un'altra, sul potere dei libri, sulle parole che nessuno tiene a tenere dentro i confini.

giovedì 10 febbraio 2011

Con Amos il compromesso è sinomimo di vita

Nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c'è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte.

Lo sapete, ho un debole per Amos Oz e quindi mi è fin troppo facile far scialo di aggettivi, ma vi assicuro, Contro il fanatismo, è un piccolo grande libro, poche decine di pagine (da leggere di un fiato) che rimangono a lungo.

Tra ricordi di vita e digressioni letterarie, questa è una straordinaria riflessione sul fanatismo, inteso, nella sua essenza, come smania di voler cambiare l'altro, cioé in effetti di annullare l'altro.

Con in più il suggerimento di alcune buone "medicine" utili a debellare un virus che è dentro ognuno di noi: e allora aiutiamoci con la capacità di guardarci con gli occhi degli altri - sarei potuto essere uno dei miei nemici - aiutiamoci con i buoni libri e l'umorismo - in vita mia non ho ancora visto un fanatico dotato di senso dell'umorismo - aiutiamoci con l'arte del compromesso, che non è detto sia necessariamente un'operazione di bassa lega: perché la pace non è un'altisonante dichiarazione di amore, la pace può essere incontrarsi con l'altro a metà strada.

E anche di questo sono sicuro: così come non riesco a immaginarmi un fanatico dotato di umorismo (ci può essere un fanatico che ride, ma di una risata che mette i brividi), provo una sana paura per il duro e puro incapace di compromesso.

lunedì 8 novembre 2010

Amos Oz e la pacifica arma dell'umorismo

Un piccolo grande libro, poche decine di pagine da leggere di un fiato. E anche da rileggere, perché questo libro lo merita. Ed è quanto ho fatto in questi giorni. Più che contento che il grande Amos Oz ci abbia regalato anche questo Contro il fanatismo.

Tra ricordi di vita e digressioni letterarie, è una straordinaria riflessione sul fanatismo, inteso, nella sua essenza, come smania di voler cambiare l'altro, cioé in effetti di annullare l'altro.

E non c'è solo l'analisi, visto che Amos Oz  non manca di suggerirci alcune buone "medicine" utili a debellare un virus che è dentro ognuno di noi.

E allora aiutiamoci con la capacità di guardarci con gli occhi degli altri - sarei potuto essere uno dei miei nemici - aiutiamoci con i buoni libri e l'umorismo - in vita mia non ho ancora visto un fanatico dotato di senso dell'umorismo.

Aiutiamoci con l'arte del compromesso, perché la pace non è un'altisonante dichiarazione di amore, la pace può essere incontrarsi con l'altro a metà strada.

lunedì 26 aprile 2010

Amos Oz e l'umorismo contro i fanatici


Lo so, ho un debole per Amos Oz e quindi mi è fin troppo facile far scialo di aggettivi, ma vi assicuro, Contro il fanatismo, è un piccolo grande libro, poche decine di pagine (da leggere di un fiato) che rimangono a lungo.

Tra ricordi di vita e digressioni letterarie, questa è una straordinaria riflessione sul fanatismo, inteso, nella sua essenza, come smania di voler cambiare l'altro, cioé in effetti di annullare l'altro.

Con in più il suggerimento di alcune buone "medicine" utili a debellare un virus che è dentro ognuno di noi: e allora aiutiamoci con la capacità di guardarci con gli occhi degli altri - sarei potuto essere uno dei miei nemici - aiutiamoci con i buoni libri e l'umorismo - in vita mia non ho ancora visto un fanatico dotato di senso dell'umorismo - aiutiamoci con l'arte del compromesso, che non è detto sia necessariamente un'operazione di bassa lega: perché la pace non è un'altisonante dichiarazione di amore, la pace può essere incontrarsi con l'altro a metà strada.

E anche di questo sono sicuro: così come non riesco a immaginarmi un fanatico dotato di umorismo (ci può essere un fanatico che ride, ma di una risata che mette i brividi), provo una sana paura per il duro e puro incapace di compromesso.

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