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giovedì 24 marzo 2016

Con la forza delle parole, per non nascondersi

Non sono un'esperta nel maneggiare la vecchiaia, e neppure la morte. Lo sono - lo sono diventata - nel cercare vie d'uscita al dolore.

E' un libro di una triste dolcezza - o di una dolce tristezza - Così è la vita di Concita De Gregorio (Einaudi). Un libro sugli inevitabili addii, su ciò che passa, su noi stessi che, così è appunto la vita, passiamo. Un libro, in sostanza, sul tempo. Un libro per non nascondersi.

In un'epoca in cui la vecchiaia è qualcosa di cui vergognarsi - e da combattere col miraggio dell'eterna giovinezza e tanta chirurgia estetica - in un'epoca in cui la stessa morte pare qualcosa che è meglio rimuovere, fanno bene pagine così.

Le domande dei bambini, così imbarazzanti e così illuminanti, sono in realtà domande per tutti noi, ginnastica del cuore e della mente per imparare ad accettare e accettarsi.

Incredibile, ci può essere un viaggio tra ospedali e funerali che procede con passo lieve e una strana disposizione all'allegria. Dalla caducità delle nostre esistenze a ciò che davvero rimane. Dal senso di assenza a una sorprendente pienezza.

Grazie anche alla forza della scrittura, perché è anche attraverso di essa che s'impara a domare il dolore: nominandolo e così trasformandolo in forza. 



 

martedì 9 giugno 2015

Quando la poesia del cuore si fa politica

Per tutti ma soprattutto per coloro che in questi anni, anche con qualche ragione, si sono persuasi che la politica è solo uno schifo, carriera e ladrocinio; che niente si può davvero cambiare; che rimane solo da rassegnarsi e mandare tutti a quel paese.

Per tutti, ma soprattutto per coloro che se ne fregano e tirano avanti, perché che me ne può fregare di un detenuto, di un immigrato e magari anche di un malato terminale? Se ne fregano e tirano avanti,   finché potranno.

Per tutti, con la speranza che queste pagine vi facciano lo stesso regalo che a me: magari senza vergognarvi per una lacrimuccia di commozione e per un sorriso pulito.

In questi anni ho avuto modo più volte di incrociare Enzo Brogi  e le sue battaglie testarde e controcorrente, accese nelle periferie della nostra società, nei luoghi dove i diritti non hanno diritto, tra un'umanità dolente che non porta voti, anzi, se possibile li sottrae. Ed ecco, ora la sua storia  - la storia delle sue battaglie - la ritrovo in questo libro, pubblicato per Clichy, con un titolo che già dice tutto: Altre direzioni.

Altre direzioni rispetto alla politica mainstream, altre direzioni anche rispetto alla consapevolezza che noi stessi abbiamo di ciò che deve essere fatto. Si tratti di combattere per la dignità e il futuro dei detenuti, per la sessualità dei disabili o per la cannabis per i malati. Battaglie di civiltà, diritti in ballo che sono di chiunque, perché come sostiene Concita De Gregorio in una delle introduzioni: Se avete in mano il libro e lo leggete invece di esserci dentro, è stato il vento.

Ci sono altri buoni amici che Enzo ha chiamato a raccolta in questo libro e che mi piace citare, perché dicono cose meglio di quanto farebbe il sottoscritto.

Lorenzo Cherubini Jovanotti: Se il mondo è un minestrone sul fuoco è importante chi ci aggiunge gli ingredienti ma un ruolo decisivo ce l'ha chi lo tiene in movimento, che non si attacchi mai sul fondo.

Simone Cristicchi: Tutte cose marginali, tutte storie sulle quali voltiamo volentieri lo sguardo, tutti temi che stanno fuori dalla "normalità". Da questo strano male che è la normalità.

Tutto fuorchè un monumento a se stesso, una vetrina da politico di lungo corso, queste pagine. Che dimenticavo di dirvi: sono anche di ottima scrittura. Non guasta mai, ma soprattutto in questo caso, dove la poesia del cuore si fa largo e diventa parola migliore dell'uso che ne abbiamo fatto: politica.

lunedì 10 giugno 2013

Il viaggio di Concita nel paese della rabbia

Poco a poco, come le pietre di una collana, tutte queste storie diventavano un rosario: non di una preghiera, però. Di una maledizione. Diventavano tutti i colori della rabbia: la geografia esatta del disamore per chi ti ha promesso e poi negato, per chi ti ha illuso, per chi sa solo chiederti e mai dare.

Spiega Concita De Gregorio nel prologo che la sua intenzione era scrive un libro sul lavoro e sull'assenza di lavoro - almeno di lavoro degno di questo nome - e sulle relative frustrazioni e disillusioni. Così, da brava giornalista qual è, ha cominciato a raccogliere storie, a dare voce a chi solitamente voce non ha.

Solo che su questa strada il libro è diventato un'altra cosa. O forse è lei stessa che dalle storie è stata sospinta altrove. Come se si fosse incamminata a ritroso, verso le radici della rabbia.

Ne è venuto fuori un affresco, un canto corale della rabbia dei nostri tempi, della rabbia che è marea crescente, della rabbia che ha perso la presa non solo sul presente ma anche sul futuro e non sa più a che santo votarsi, della rabbia che diventa ancora più rabbia perché pare che non ci sia nessuno che le presti davvero ascolto, tranne servirsene di tanto in tanto.

Rabbia che è invettiva, fin dal titolo, fortissimo, di questo libro: Io vi maledico. Rabbia che, chissà, potrebbe diventare anche altro, come nella bella poesia - non solo per bambini - di Bruno Tognolini.

La rabbia giusta, quella che ha ragione, si chiama indignazione.

In attesa, ci incamminiamo con Concita De Gregorio, in questo viaggio doloroso e inquieto per il nostro paese. 

giovedì 16 maggio 2013

In un supermercato, se mi lasciassero accanto al reparto dei libri

Ma io non ci posso credere, davvero non ci posso credere che stiamo facendo questo a noi stessi, alla nostra storia, a quello che siamo.

Ai miei genitori non so come spiegarlo che se proprio non posso fare nemmeno la maestra vorrei aprire una libreria, se non fosse che non ho i soldi per farlo e comunque dopo dieci minuti verrebbero a chiedermi il pizzo.

Però davvero, farei la commessa in una libreria.

Anche in un supermercato, se mi lasciassero accanto al reparto dei libri.

Mi immagino che andrei dalle donne che fanno la spesa, le avvicenerei raccontando loro una storia e saprei convincerle, alla fine, a comprare insieme ai saponi anche un libro.

Mi pare un sogno. Mi pare in questo momento, sul serio, la cosa più utile e giusta che potrei fare nella vita.

(da Concita De Gregorio, Io vi maledico, testimonianza di Anna, Einaudi editore)

venerdì 7 dicembre 2012

Parlando di libri, parlando di futuro con i nostri figli

 DI FUTURO parlano tutti. Che non è più quello di una volta, che non c'è eppure è lì che stiamo andando ma insomma poi di cosa parliamo davvero quando diciamo: futuro? Parliamo di dieci milioni e duecentomila persone, in concreto. Persone piccole, che hanno meno di dieci anni, e persone giovani, che ne hanno meno di 18.

Comincia così l'articolo - che tutti noi dovremmo leggere e utilizzare come motivo di riflessione - pubblicato qualche giorno fa su La Repubblica da Concita De Gregorio, con un titolo che più che un auspicio deve essere una dichiarazione di impegno per tutti noi: Più libri meno cellulari per salvare i nostri figli.

Futuro, dunque. Però è davvero difficile parlare di futuro se nei più aggiornati rapporti statistici molti di coloro che sono già il presente, ma ancora di più saranno il futuro (e il futuro del nostro paese) possono essere classificati con una delle espressioni più desolanti che esistano: disconnessi culturali.

Si parla insomma di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi sotto i 18 anni che non hanno mai letto un libro, non sono mai andati al cinema, non hanno mai aperto un giornale. Quasi la metà non legge libri, moltissimi però hanno il cellulare. Quale futuro, in queste condizioni?

Sapete, è molto singolare: l'altro giorno invece che abbattermi di fronte a cifre così spietate nella loro evidenza per un attimo mi sono lasciato attraversare da un irragionevole ottimismo.

Mi è venuto in mente che allora è proprio per questo che tanti di noi si ostinano a non rassegnarsi: esattamente perchè sul tappeto c'è una questione di futuro.

Ed è esattamente per questo che firmiamo appelli per salvare librerie che tirano giù il bandone, che acquistiamo libri di piccole case editrici ignorate dalla grande distribuzione, che magari proviamo a organizzare incontri e presentazioni in periferie disertate dalla cultura, dove al massimo si gioca a briscola e si guarda la Champions in tv.

E se necessario, magari regaliamo un libro piuttosto che un Nintendo. Esattamente per questo. Mica poco. Magari un legislatore o un ministro un giorno finirà addirittura per accorgersene.






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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...