Visualizzazione post con etichetta oggetti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta oggetti. Mostra tutti i post

venerdì 25 novembre 2016

Un ventilatore e intorno le persone e tutto un paese

Quegli oggetti sono rimasti lì, immobili, a volte solo per qualche anno, a volte per più di un secolo. Senza saperlo sono stati il paesaggio di fronte a cui si sono svolti i momenti più intimi dell'esistenza di tutte quelle persone che ora non ci sono più, ma che ci sono state, e in un certo senso ci sono ancora, riportate in vita, in una sorta di invisibile vita, proprio da quegli oggetti che sono sopravvissuti loro.

Ecco, questa è un'idea che tante volte è passata anche a me per la testa. Anzi, più che un'idea, a volte una sorta di rivelazione. Mi è successo, per esempio entrando nella casa di una persona che non c'era più, ma dove i suoi oggetti erano rimasti dove prima, come sentinelle condannate all'attesa vai a sapere di cosa. Soprammobili in salotto, fotografie incorniciate, cartoline in vista su una scrivania, libri abbandonati su un comodino come se la lettura dovesse riprendere, perfino elettrodomestici a volte. E' vero, malgrado il loro silenzio, gli oggetti custodiscono le vite trascorse e a volte alimentano qualcosa che allude a un'altra vita. Come i nomi, del resto.

E' successo anche a me, ma intorno a questa idea - o a questa rivelazione - Valerio Aiolli ha saputo scrivere un intero romanzo. Lo stesso vento, pubblicato da Voland, è un gran libro, dove c'è un ventilatore che un giorno Fausto, apprendista operaio fiorentino, regala alla ragazza che sposerà, Adriana. Pegno di amore davvero inusuale, certo. Ma comincia così la storia di quel ventilatore, che in queste pagine compare e scompare allo stesso modo di un fiume carsico, cucendo molte altre storie.

Intorno c'è l'Italia che crede nei proclami di Mussolini, c'è l'Italia distrutta dalla guerra e poi rapita dall'ottimismo del boom, c'è l'Italia percorsa dai venti del Sessantotto e poi un'altra Italia ancora, certamente con meno sogni e visioni. E ci sono le persone, le esistenze comuni segnate da amori e separazioni, nascite e lutti, giorni di lavoro e giorni di festa.

Il ventilatore passa di mano in mano, di generazione in generazione, di luogo in luogo. Da apparecchio all'avanguardia diventa curiosità da mercatino delle pulci. In fondo sempre inerte, anche quando le sue pale girano. Eppure è davvero fiume, che porta con sé le storie della vita. Allo stesso modo della scrittura di Aiolli che è grande scrittura: ma questa non è una rivelazione,  è da diversi libri che si sapeva.

martedì 15 maggio 2012

Le cose perdute di Francesco Guccini

C'era un tempo senza play-station, in cui una confezione di chewing-gum era un gran regalo e i ragazzini passavano ore a masticare e fare palloncini con quella che chiamavano cingomma o cicca, non chewing-gum, perchè in quello stesso tempo non è che si smaniava per le parole inglesi.

C'era un tempo in cui il lattaio passava sotto casa e i maglioni erano di lana che pizzicava e si giocava con la fionda e la cerbottana e in casa si vedevano strane etichette di liquori e spray che si diceva facessero miracoli.

C'era un tempo in cui i cinema erano una cosa diversa, c'erano le maschere, il fumo di sigarette, il tifo da curva, la gente che entrava per il secondo tempo, tanto era normale vedere il primo tempo dopo, ma volete mettere, il cinema era il cinema.

C'era un tempo ed è questo il tempo che racconta Francesco Guccini nel suo Dizionario delle cose perdute (Mondadori), proponendo la sua playlist (maledizione, un'altra parola inglese) di oggetti, situazioni, abitudini che oggi non ci sono più.

Gioca facile, sul filo della nostalgia, il grande Francesco. Gioca facile, e anche noi potremmo giocare facile, rimpolpando il dizionario con molte altre cose che se ne sono andate, riagguantandole con i crampi del rimpianto per i tempi in cui eravamo più giovani e inevitabilmente più spensierati.

Però chi altri poteva regalarci un libro così, se non questo cantautore del tempo che passa, anzi, è già passato, con tutti i suoi eskimo messi in soffitto, Bologna e Venezia ammantate di passato, le osterie che non ci sono più, nemmeno in via Paolo Fabbri, e con le tante Silvie che chissà dove sono finite?

martedì 14 febbraio 2012

Quando gli oggetti diventano cose

Che differenza c'è tra le "cose" e gli "oggetti"?

Non ci avevo mai pensato, e forse avevo percepito qualcosa solo nel mezzo della scrittura di Una domenica come le altre, quando ho provato a raccontare una serie di sensazioni - un curioso impasto di familiarità ed estraneità - provate entrando in camera di mia madre dopo la sua morte.

Ora un piccolo libro in cui mi sono imbattuto per caso mi ha aiutato a capire. Si chiama - e come se no? - Cose. Una piccola antologia, l'autore è Claudio Paolini, è stato pubblicato da Polistampa per i Quaderni del servizio educativo, non un titolo facile da trovare in libreria, insomma.

Di solito, ci spiega Paolini, usiamo il termine "cose" quale sinomimo di "oggetti",  però lo avvertiamo a pelle, che tra le due parole c'è almeno uno scalino emotivo. Dice, Paolini:

Gli oggetti sono con ogni evidenza manufatti legati a un uso specifico che li riconduce al quotidiano. Hanno una loro precisa caratterizzazione che li costringe in un tempo e in uno spazio delimitati. Si guastano, si rompono e sono soggetti a tutti gli accidenti del caso.


Le cose, viceversa, sono gli oggetti quando questi si caricano di relazioni tali da far sì che la loro dimensione materiale si accompagni a quella metafisisa dei sentimenti e del ricordo.

Bello pensare che gli oggetti possono diventare cose, non per cosa servono, ma per il modo con cui si legano a noi, per le emozioni che si sprigionano nel rapporto.

Ora mi torna. E mi piace pensare che il senso della nostra vita sia anche questo, investire gli oggetti che ci circondano di sentimenti e ricordi, trasformarli in cose.


La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...