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martedì 6 settembre 2011
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La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar
Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...
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La terapia sì, mai titolo poteva essere più appropriato, perché di malattia si trattava. Dolorosa che non ti dava scampo, intrigante come...
Lui è l'americano Joseph Pennell, 24 anni, quotato illustratore di libri e riviste. Lei è Elizabeth Robins, inglese, scrittrice che ha già dato alle stampe, tra le altre cose, una biografia di Mary Woollstonecraft.
Ma la cosa davvero strana è il marchingegno che si sono portati indietro. Bisogna farci mente locale per capire quello che in effetti è: un velocipede.
Chiamiamolo così, anche se con le sue tre ruote (due enormi ai lati più una da triciclo davanti),i suoi due posti a sedere e il suo portabagagli rammenta piuttosto una carrozza a pedali.
Joseph ed Elizabeth hanno le idee piuttosto chiare: con quell'affare partiranno da Firenze e raggiungeranno Roma.
La gente li prende per matti. Una cosa del genere non si è mai vista nè sentita, non è mica come oggi che tanti poveri Don Chisciotte in bicicletta sfidano le automobili per strada.
Alla partenza da Piazza Santa Maria Novella i due sono salutati dalla folta colonia anglo-americana con molte apprensioni. C'è chi teme malaria e colera, chi li mette in guardia dagli osti senza scrupoli e addirittura dai briganti. E poi le strade: pessime ovunque. Quella era un'impresa da disperati. Una follia.
Forse anche un peccato, se è vero che una povera monaca, al loro passaggio, si farà il segno della Croce nemmeno avesse visto il Diavolo sui pedali.
E loro appena fuori da Firenze registreranno il primo guasto e certo avrebbero di che scoraggiarsi.
Però basta sollevare la testa, guardarsi attorno. Guardare tutta quella gente che sgomita per salutarli, spinta dalla curiosità e dalla meraviglia. Guardarsi intorno e godersela:
E' vero che spesso accade di vedere tutte queste cose in fretta, dai finestrini del treno in corsa. Ma solo seguendo il serpenteggiare della strada o i lunghi rettifili come facevamo noi, fermandoci a nostro agio o rallentando, si può godere dell'intensa bellezza del paesaggio e provare gli stessi sentimenti degli uomini del passato che sapevano bene come rendere piacevoli i loro viaggi”
E a noi non resta che inseguire quei due sulle pagine de L'Italia in velocipede (Sellerio). E con loro inseguire un'Italia che non c'è più, un'altra possibilità di viaggio, un desiderio di lentezza sempre e comunque salutare.