Dedicato a suo nonno, ma anche ai 650 mila soldati italiani che, non facendo ritorno a casa, non ebbero mai la possibilità di diventare nonni. E' un bel libro, La guerra dei nostri nonni di Aldo Cazzullo (Mondadori), un libro diverso da molti altri usciti in occasione del centenario della Grande Guerra.
Un libro da consigliare anche a coloro che non sono grandi appassionati di Storia e che pure sono disposti a cercare le storie nella Storia. Come se un vecchio reduce, se potesse essere ancora in vita, ci accogliesse al fuoco del caminetto per raccontarci le sue vicende.
Ecco, proprio così. Perché questo è un libro che non ha una tesi da dimostrare né un vero e proprio filo a legare i vari capitoli.
Un libro, certo, dove ci sono anche le storie di persone che hanno lasciato un segno importante: Pietro Badoglio che quel mattino a Caporetto non dette l'ordine di fuoco all'artiglieria, vai a capire perché; Giuseppe Ungaretti che nelle trincee non solo salvò se stesso ma anche le sue parole di poeta; e anche Hitler, che nelle trincee fu risparmiato da un soldato nemico, e chissà come sarebbero andate le cose, invece....
Ma soprattutto le storie delle persone che erano i nostri nonni e che potevamo essere anche noi. I soldati massacrati l'istante dopo l'ordine di attacco, i prigionieri in mano austriaca a cui il governo italiano negò perfino il soccorso della Croce Rossa, i trentini che combatterono con l'impero e finirono bei campi di battaglia più lontani, incrociando i loro passi con la Rivoluzione russa, gli intervisti che dopo i tanti proclami scoprirono la realtà del massacro, i giovani fanti del Piave e del Monte Grappa, le donne che in quegli anni si fecero carico del lavoro e cominciarono a scorgere un futuro diverso....
Storie che sono la nostra storia. Storie da cui discendiamo anche noi e per cui siamo quello che oggi siamo.

Ecco, proprio così. Perché questo è un libro che non ha una tesi da dimostrare né un vero e proprio filo a legare i vari capitoli.
Un libro, certo, dove ci sono anche le storie di persone che hanno lasciato un segno importante: Pietro Badoglio che quel mattino a Caporetto non dette l'ordine di fuoco all'artiglieria, vai a capire perché; Giuseppe Ungaretti che nelle trincee non solo salvò se stesso ma anche le sue parole di poeta; e anche Hitler, che nelle trincee fu risparmiato da un soldato nemico, e chissà come sarebbero andate le cose, invece....
Ma soprattutto le storie delle persone che erano i nostri nonni e che potevamo essere anche noi. I soldati massacrati l'istante dopo l'ordine di attacco, i prigionieri in mano austriaca a cui il governo italiano negò perfino il soccorso della Croce Rossa, i trentini che combatterono con l'impero e finirono bei campi di battaglia più lontani, incrociando i loro passi con la Rivoluzione russa, gli intervisti che dopo i tanti proclami scoprirono la realtà del massacro, i giovani fanti del Piave e del Monte Grappa, le donne che in quegli anni si fecero carico del lavoro e cominciarono a scorgere un futuro diverso....
Storie che sono la nostra storia. Storie da cui discendiamo anche noi e per cui siamo quello che oggi siamo.
Fu tanto il sangue che quel giorno inzuppò la terra, tanta la sofferenza delle carni straziate e amputate. Quella sera, finito tutto, un uomo che sapeva essere visionario e concreto allo stesso tempo immaqinò qualcosa che non c'era mai stato prima. Era uno svizzero, un "neutrale" insomma, si chiamava Henry Dunant e da lì a
qualche anno avrebbe fondato la Croce Rossa.
Quante cose sono successe a Solferino e quante cose oggi non si possono nemmeno intuire, aggirandosi per quei luoghi. Io non ci sono mai stato, ma mi sa che nè le lapidi, né i monumenti e nemmeno gli ossari possono davvero raccontarci cosa successe.
Il tempo è stato come un sipario calato, in un teatro dove il pubblico se ne è andato da un pezzo.
Per questo è bella l'idea di Ulrich Ladurner, giornalista di Merano che a Solferino ci è tornato senza accontentarsi dei suoi occhi di uomo dei nostri tempi. Raccontandoci poi tutto in Solferino. Storia di un campo di battaglia, pubblicato da Il Mulino.
Aveva un tesoro in casa, Ulrich Ladurner, e a lungo nemmeno lo ha saputo: il diario del bisnonno, combattente di Solferino e sopravvissuto a quel giorno terribile.
Un diario rispuntato da un baule. L'unica cosa che di quell'uomo, un calzolaio tirolese, si è salvata.
Ed è perfino curioso, che di un'intera vita rimanga proprio ciò che appartiene a un solo giorno, votato allo scempio.
Ma insomma, intrigante tornare su quel campo di battaglia con gli occhi di un uomo che c'era. Viaggio, ma viaggio nel tempo, con uno sguardo diverso. Come è giusto, come è necessario.