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venerdì 7 aprile 2017

Mille giorni al Giglio, il lungo viaggio nella piccola isola

Infine, ci sono quelli che finiscono sull'isola dopo un naufragio. La letteratura ne è piena. E anche le cronache di questi ultimi tempi. Io sono tra questi, con una variante. Il naufragio non era il mio.

Così va la vita. Sei persona di terraferma, che magari di abitare un'isola lo hai solo sognato, senza peraltro sapere bene cosa significhi, perché l'isola è il mare d'estate, la vacanza, una settimana o forse due e poi via. Invece così va la vita, appunto, la Costa Concordia naufraga e su quell'isola, per motivi professionali, ti succede di passare una bella fetta della tua vita, qualcosa come tre anni.

Questo quanto è capitato a Michele Taddei, giornalista toscano, questo quanto ci racconta in  Cuore di Giglio (De Ferrari editore). Che non è un reportage, non è un diario o una testimonianza professionale, non è la cronaca dell'evento che ha catapultato il Giglio nella storia, separando di netto il prima e il dopo.Come i libri scritti davvero bene sfugge a tutte le facili definizioni: è molte cose e semmai, essendo molte cose, mi piace considerarlo un bel libro di viaggio.

 Ma come, ci sarà chi obietta, se dentro ci sono tre anni su una piccola isola?

Obiezione respinta. Ci sono grandissimi libri di viaggio che si misurano con una condizione di immobilità o comunque con uno spazio molto limitato. Prendete Prateria, di Least Heat Moon, magnifica cascata di parole per raccontare una sperduta contea in mezzo al nulla del Kansas. Solo per fare un esempio.

E dunque, quante cose ci sono dentro questo libro, quasi la storia della Concordia avesse smosso tutto, scatenando una tempesta di altre storie. Storie di mare e di terra, storie che stringono il cuore e altre che regalano una sorprendente dolcezza. Fari e vigne, chiacchiere e brindisi. Racconti che passano di bocca in bocca, davanti a un tramonto d'estate oppure al riparo in una notte di tramontana. Il passato che affiora ovunque, basta uscire per una passeggiata, basta tendere le orecchie tra una mano di carte e l'altra: e ora è l'ultimo allevatore di capre dell'isola, ora un archeologo originario delle Falkland come una sorta di Monument Man, ora sono i gigliesi di un tempo portati via dai turchi. Buone letture nelle ore più lunghe in inverno, perché ora c'è tempo per leggersi perfino Moby Dick, un altro capitano e un altro disastro del mare. Pirati e naufragi, magari in acque lontane - l'Andrea Doria, la Principessa Mafalda.

E' così con i libri di viaggio che sono davvero libri di viaggio. Non raccontano solo un viaggio, fanno viaggiare il lettore, lo portano lontano sul tappeto volante delle parole. E non c'è solo un altrove, ci sono tanti altrove, quante sono le citazioni, le suggestioni, i rimandi, gli intrecci delle storie.

Puoi accompagnare Michele fino all'estremo lembo dell'isola, respirare forte, guardarti intorno, distrarti per un attimo. E magari sei già in Patagonia, con Coloane, o forse nell'isola dei Feaci, con Ulisse. Poi ti scuoti e ti ritrovi: nella meravigliosa isola del Giglio, dentro la storia. 








venerdì 16 ottobre 2015

Con John Williams, a caccia del Bisonte (di Arnaldo Melloni)

Un libro meraviglioso,  Butcher's Crossing di John Williams (Fazi), con una scrittura cinematografica che consente al lettore di immergersi nella realtà di un piccolo villaggio sperduto del Kansas nel 1873. L’epopea del West vista attraverso gli occhi di un gruppo di personaggi che poco hanno dell’eroe romantico a cui ci ha abituato la vulgata hollywoodiana.  

La cosa sorprendente di questo romanzo è la capacità di attrazione senza effetti speciali; è una lettura che ti avviluppa con descrizioni minuziose e scarni dialoghi senza nessuna caduta di tensione.

Azzeccatissimi i personaggi, a cominciare dal giovane Andrews, in fuga dalla borghese Boston alla ricerca di avventure, che sbarca nel villaggio di Butcher’s Crossing. Si lascia convincere a finanziare e partecipare ad una caccia al bisonte in una valle tra le montagne del Colorado che durerà molti mesi. Con lui partono l’esperto cacciatore Miller, che assume anche la guida della spedizione, lo scuoiatore Schneider e il loquace vecchietto Charley Hoge, amante del whisky e assiduo lettore della Bibbia.

La rappresentazione che ne esce è magnifica e rende perfettamente l’idea della strage di questi animali in un contesto ambientale tanto bello quanto inospitale. Descrizioni che nulla lasciano all’immaginazione, trasportano il lettore in un mondo di sangue, budella e odori nauseabondi dove l’uomo uccide senza criterio e per pura avidità.
Incuriosisce la totale assenza dei nativi e di qualsiasi riferimento alle conseguenze che hanno subito a seguito della strage di bisonti.
La storia di John Williams, scrittore scoperto e apprezzato solo dopo la sua morte, è veramente particolare. Scrisse solo quattro romanzi assai diversi tra loro ed un quinto rimase incompiuto per la sua scomparsa causata dai problemi di alcolismo che lo attanagliarono negli ultimi anni di vita.
“Butchers’s Crossing” è il suo secondo romanzo. Cronologicamente viene prima di Stoner, libro considerato il suo vero capolavoro ed artefice della sua fama postuma. 

Arnaldo Melloni 

mercoledì 11 settembre 2013

Addio alle armi, storia di una diserzione


Racconta, il grande Hem, di aver scritto questo libro mentre il suo secondo figlio nasceva in Kansas e di averlo riscritto mentre suo padre moriva suicida in Illinois - inquietante anticipazione del suo stesso destino.

Aggiunge il grande Hem che questo libro finì per uscire il giorno del grande crollo in Borsa, il venerdì nero di Wall Street, il disastro piantato nella storia del Novecento, in mezzo alle due grandi guerre.

Spiega, il grande Hem, che il fatto questo libro fosse tragico non lo rendeva infelice, un po' perché era già convinto di suo che la vita sia una tragedia, molto perché l'idea di creare con abbastanza verità da essere contenti di leggere ciò che si era creato e di farlo ogni giorno era comunque una bella gioia.

E anni dopo ricorderà, il grande Hem, che da quando questo libro era stato scritto solo per tre anni il mondo era stato capace di rimanersene in pace: e ora forse è chiaro perché uno scrittore debba interessarsi al continuo, prepotente, criminale, sporco delitto che è la guerra.

Questo libro ha un titolo che è già bellissimo - Addio alle armi - e una copertina - nell'ultima edizione negli Oscar Mondadori - che ritrae lo stesso Ernest Hemingway, ancora molto giovane e senza barba, disteso su un letto di ospedale della prima guerra mondiale, dopo essere stato ferito (non gravemente).

Il sorriso dice molto - esprime soprattutto il sollievo della distanza dal grande mattatoio in prima linea.

Storia anche in parte autobiografica - quella di Addio alle armi. Storia di una diserzione. Dopo i massacri, ma anche dopo le orrende rappresaglie successive alla rotta di Caporetto, le esecuzioni sommarie con cui gli alti papaveri dell'esercito italiano vollero punire i loro subordinati e liberarsi di ogni responsabilità.

 (Quelli che interrogavano avevano tutta l'efficienza, la freddezza e il controllo di sé degli italiani che sparano senza che nessuno spari a loro)

Addio alle armi, addio alla guerra, appunto. Perché di fronte a quell'ecatombe anche liberarsi della divisa e attraversare una frontiera può essere atto di umanità, sentimento più forte del piombo, fame di futuro.





lunedì 30 agosto 2010

Un po' come Macondo, solo che c'è il mare

Perchè se di Scauri non ci interessa poi molto, ci piace tanto, ma proprio tanto, attribuire un valore esorbitante, sfacciato, fuori luogo alla provincia, in qualsiasi declinazione, che ci ha cresciuto

Dedicato a tutti coloro che a Scauri non ci sono mai stati e che forse non sanno nemmeno dov'è. Non importa. con Spiaggia libera tutti Chiara Valerio ci racconta Scauri e il fazzoletto di terra intorno (luoghi che è bene conoscere, in ogni caso. Per dire: Terracina, Sperlonga, Formia, Gaeta...), ma soprattutto ci racconta un mondo, che sa di salsedine e di provincia, di nostalgia e di orizzonti aperti.

E io che da queste parti ci sono stato diverse volte, per vacanze, ma anche per libri, non ho sentito affatto il bisogno di riconoscere questo o quello, di condividere un giudizio, di innescare una particolare complicità. Nemmeno tutto questo importa. Come mi successe anni fa leggendo un libro decisamente ponderoso (Prateria di Least Heat-Moon), tutto dedicato a un paesino del Kansas, nel centro del centro degli States, poche anime un bar e un distributore di benzina che mai avrò il piacere di conoscere. Però lì dentro c'era tutto, compreso il sottoscritto.

Allo stesso modo con Spiaggia libera tutti. Che non so bene cosa sia davvero, come succede spesso e volentieri con i libri di Contromano della Laterza (e questo mi piace, parecchio). Non so, perché è moltissime cose insieme: guida alternativa e memoir, divagazione letteraria e lessico famigliare, diario e quasi romanzo corale.

Non so bene cosa sia, però inizia così:
Scauri è un po' come Macondo. Solo che a Scauri c'è il mare

E poi continua e ci sono Virginia Woolf, Evelyn Waugh, Winston Churchill, Fabrizia Ramondino...


E così si capisce che i veri viaggi sono proprio questi, mica catapultarsi in Thailandia, piuttosto tuffarsi in altre pagine: e in questo modo ritrovare volti, sapori, amici. Ritrovare radici.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...