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domenica 10 febbraio 2013

Quando Camilleri liquidò il suo commissario

Che si prova a uccidere il personaggio che non solo hai fatto vivere titolo dopo titolo, ma ti ha anche regalato il successo?

Ci penso su da quando mi sono imbattuto in alcune frasi di Andrea Camilleri, che pare aver condannato il suo Montalbano. Con una sentenza capitale che difficilmente sarà commutata:

Non volendo fare la fine di altri giallisti come Manuel Vazquez Montalbàn o Jean-Claude Izzo, che sono deceduti prima di far uscire di scena il loro personaggio, io mi sono portato avanti e ho già messo nero su bianco la fine del mio commissario. Ho scelto di farlo morire nelle pagine del libro, non per strada

Umano, troppo umano, che uno scrittore alle prese con la sua mortalità non prenda in considerazione anche la mortalità delle sue creature - e non decida di regolarsi a modo suo. Se poi si tratta di uno scrittore di gialli e noir la cosa si fa persino suggestiva: dopo tanti delitti sulla carta, in fondo, ecco un delitto che fa fatica a rimanere sulla pagina, che implica qualcosa anche nella vita vissuta.

Però, a dirla tutta, questa è solo l'ultima delle illusioni dell'autore, la più insensata: sperare che i tuoi personaggi ti accompagnino nella dipartita. Quando loro rimarranno vivi e vegeti, per forza, e magari ti saluteranno dall'altro lato della sponda, perfino irridenti.

Vivi perlomeno fino a quando non si consumerà l'ultima possibilità di lettura.

mercoledì 29 febbraio 2012

Se lo scrittore è un ghost writer

Ebbene, era deciso, sarei stata la sua ombra, il suo doppio, il suo fantasma, mi sarei insinuata nei meandri della sua anima. "Ghost writer!".

Non mi ci sarei persa, né avrei perso la mia anima, e sarebbe stato il più bel romanzo del mondo, tragico e forte - non la leggenda insipida concepita dagli agenti pubblicitari, ma un romanzo vero, e un vero romanzo.


Dopotutto, tentavo di convincermi, tra ghost writer e scrittore, dove si situava la differenza? 


Un romanziere inventa i suoi personaggi, gli dà vita, li immagina differenti da lui, e differenti gli uni dagli altri, cerca le loro voci, il loro respiro, si lascia possedere da loro fino a scoprirli, a conti fatti, nelle loro stesse differenze, ed è il miracolo della letteratura, tanti volti di se stesso.


Non era quello che ogni "negro" doveva tentare, cioé cancellarsi, lasciare passare l'altro attraverso se stesso, dargli vita, trovare la sua voce?


In fondo, ogni scrittore era un ghost writer a modo suo...

(Michel Le Bris, La bellezza del mondo, Fazi editore)

mercoledì 3 agosto 2011

Sconosciuti che diventano Maigret o Montalbano

Pare che Georges Simenon un giorno abbia incontrato per strada un tipo piuttosto grasso, con la bombetta, e che si sia detto: questo sicuramente è un ispettore di polizia.

Il commissario ancora non aveva bussato alle porte della sua immaginazione, ma fu proprio in quel momento che si accese una lampadina. Jules Maigret nacque così, con i lineamenti, la fisionomia, forse anche gli abiti di quell'uomo.

Buffo come i personaggi conquistano il loro diritto a un'esistenza fatta della stessa materia dell'ombra e del sogno, eppure incredibilmente vera.

L'altro giorno ho letto questo di Andrea Camilleri, a proposito del suo commissario:

Io non avevo mai visto compiutamente Montalbano. Intero non me l'ero mai immaginato, però, poi, una volta l'ho visto. E' stato quando un professore di filologia dell'Università di Cagliari, Giuseppe Marci, fece un corso universitario su Il birraio di Preston e mi disse: vuoi venire a Cagliari a chiudere il corso? Dissi: ma come facciamo a riconoscerci all'aeroporto? E il professore rispose: non si preoccupi, avrò sotto braccio Il birraio di Preston. Così arrivai all'aeroporto, scesi, e mi trovai di fronte Montalbano con sotto braccio il mio libro...

Pare che oggi, leggendo gli ultimi libri di Montalbano, il professore telefoni a Camilleri e gli dica: certo, sto invecchiando maluccio.

Che mistero, i personaggi dei libri, impasto di vita, di vite, di realtà e fantasia.

Magari un giorno vi troverete anche voi all'aeroporto, o in una stazione o chissà dove: solo per entrare a vostra insaputa in un romanzo.

mercoledì 6 luglio 2011

Geoffrey, Guy, Dean e tutti gli altri

Per uno come me, che cercava la lucidità nell'alcol, anche la calligrafia aveva un andamento ubriaco
(Geoffrey Firmin, da Sotto il vulcano di Malcom Lowry)

Vi basti sapere che mi chiamo Juan Pablo Castel e sono un pittore e un assassino. So per mestiere che gli essere umani possono essere paesaggi, scogliere, finestre, navi che partono, ma il più delle volte sono legno marcio
(Juan Pablo Castel, da Il tunnel di Ernesto Sàbato)


Per chi come me ha la radice del nome nel primo giorno della settimana non era proprio possibile resistere alla tentazione che tutto potesse ricominciare
(Guy Montag, da Fahrenheit 451 di Ray Bradbury)

Per il mio amico Sal, il mio è un altro dei nomi che si possono dare all'irrequietezza
(Dean Moriarty, da Sulla strada di Jack Kerouac)

Forse Dio, mi chiedo nelle pause del mio smisurato lavoro, è un operaio come me. Chissà se anche la sua solitudine sia altrettanto assordante
(Hanta, da Una solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal)

 Ecco, sono personaggi così a cui Fabio Stassi in Holden, Lolita, Zivago e gli altri dona la voce.

Parlano in prima persona e in questo modo è come se si staccassero dalla pagina, ombre che si alzano e ci vengono dietro. Compagni di vita che è bello immaginarsi intorno a noi. Con tutta l'umiltà che ci è necessaria per ascoltare cosa davvero ci dicono.

sabato 14 agosto 2010

Che fine fanno i personaggi di un libro

Succede solo per i libri più importanti, quelli che continuano a risuonare dentro anche una volta che li abbiamo riposti sullo scaffale. I personaggi che hanno preso vita dalla pagina non è che si congedano e spariscono, ombre tra le ombre. Rimangono, in qualche modo, si tratti del Corsaro Nero, di Emma Bovary oppure del maggiordomo Jeeves. Continuano ad accompagnarci e a volte riusciamo anche a intavolare dei dialoghi immaginari.

E se vale per i lettori, figurarsi per lo scrittore che quei personaggi li ha creati. Arriva un momento in cui li lascia andare come una nave che molla gli ormeggi?

A questo proposito dice cose bellissime Marguerite Yourcenar In Ad occhi aperti, il libro intervista con Matthieu Galey.

I personaggi sono sempre lì, costantemente presenti? chiede l'intervistatore. E lei, la donna da cui hanno preso vita personaggi indimenticabili come Adriano e Zenone:

Sono tutti presenti, come sono presenti anche i vivi che amo o che mi interessano, presenti o passati. la conosco molto poco ma, quando se ne sarà andato, anche lei sarà presente. Credo di non rinunciare mai a un essere che ho conosciuto, e in nessun caso ai miei amici

Bello, i personaggi come amici a cui non si rinuncia mai. Ma anche gli amici sono come i personaggi, possibilità alternative della nostra vita

Attraverso loro, ho vissuto delle vite parallele. Lo stesso avviene con i miei amici in carne e ossa... Ogni simpatia e ogni comprensione accordate a degli esseri, appartengano al passato o al presente, nascano dalla nostra mente, ci accompagnino o incrocino la nostra strada nella vita, moltiplicano le nostre occasioni di contatto con la realtà

Non avevo mai pensato così, alle amicizie, di carta o in carne e ossa che siano, come alla moltiplicazione della nostra vita: le tante alte vite che discendono dalla nostra, stradario di una mappa immaginaria e possibile.

Ora ci penso e mi piace.

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...