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domenica 22 giugno 2014

Sentenza per quanti tacciono dell'assassinio


Gli assassini si sono già condannati da sé, e a quella sentenza non potranno più sottrarsi.

Tu però pronuncia una sentenza doppiamente severa su quanti tacciono dell'assassinio!
Su quanti condannano il massacro a parole, ma ne gioiscono in cuor loro.

Su quanti pensano nel loro cuore immondo: il tiranno è crudele, bisogna riconoscerlo, ma ci fa un piccolo favore del quale gli saremo sempre riconoscenti. 

(Zvi Kolitz, Yossl Rakover si rivolge a Dio, Adelphi)


giovedì 7 novembre 2013

La storia dell'uomo che uccise per le sue menzogne

Ho pensato che scrivere questa storia non poteva essere altro che un crimine o una preghiera.

Ed è vero, cos'altro può essere raccontare la storia di Jean-Claude Romand, l'uomo che un giorno del 1993 massacrò moglie, figli, genitori perché non fossero testimoni della sua vita di menzogna? Già, forse può essere anche verità, semplicemente verità, quella verità che peraltro può avere molto a che fare sia con il crimine che con la preghiera.

Una verità da maneggiare con cautela, ma anche senza alibi. E senza gli effetti speciali che troppo spesso si accompagnano alle storie criminali che fanno audience televisiva e sollecitano reazioni viscerali.

Emmanuel Carrère, nel suo L'Avversario (Adelphi), non ha bisogno di nient'altro che del suo bisogno di verità, per raccontare la storia di un uomo che è arrivato a fare quello che ha fatto per essersi sempre sottratto alla verità. Lui che a tutti - anche ai famigliari - si era spacciato come un medico di successo, mentre in realtà trascorreva le sue giornate nei boschi o in un parcheggio dell'autostrada.

E' proprio la verità, credo, il tema centrale di questo libro capace di provocare terribili inquietudini. La verità, prima ancora del male capace di fare strage.

La verità che persegue Carrère, cercando di raccontare con precisione, giorno dopo giorno, quella vita di solitudine, nello sforzo di entrare addirittura nella testa di uomo senza giustificazioni. La verità che insegue Jean-Claude Romand, come il cameriere che riacciuffa il cliente che non ha pagato il conto.

Ed è incredibile, ma spaventosamente vero, che a volte la vergogna di una vita senza verità si traduca in gesti estremi peggiori di qualsiasi menzogna.

sabato 1 dicembre 2012

Ma cosa hai voluto dirmi con Van Dine?

E poi? Poi sono ancora qui, a sciuparmi gli occhi su queste righe e le righe quasi ballano sullo schermo e scappano di qua e di là, mentre i pensieri vanno a zonzo e afferrali se puoi.

Sono ancora qui e mi illudo che girando il senso di una frase magari balzerà fuori una qualche verità, allo stesso modo della vanga del contadino che nei racconti dei nonni rivoltava la terra e riportava il tesoro alla luce.

Il colpevole, sostiene Van Dine, deve aver avuto una parte importante nella storia. Non è un delinquente di professione, altrimenti che gusto c’è. Non può nemmeno essere un servitore, troppo banale.

L’assassino è sempre uno di cui non si dovrebbe mai sospettare.

E poi, complici, va bene, però il cattivo è uno solo. Niente società segrete, niente associazioni a delinquere.

Dimenticavo, il delitto non accade per un caso. E non è mai, ma proprio mai, un suicidio. Bella scoperta, per Walter.

Sono ancora qui e non ho più voglia di rompermi il capo. Se una soluzione c’è, sempre che ci sia, non ce la faccio a estrarla da questa accozzaglia di frasi che mi suonano come chiacchiere.

Io piuttosto salterei all’ultima pagina dove ogni cruciverba è riprodotto con tutte le sue belle paroline e ogni indovinello ha la sua risposta e ogni rebus la sua chiave. Ci salterei a piè pari con tanti saluti ai miei neuroni e alla loro figuraccia.

Ma insomma, Walter, accidenti a te. Cosa hai voluto dirmi con Van Dine?

Che l’assassino non è il maggiordomo?

Intendevi prendermi un’altra volta per i fondelli?

Regola numero quindici dell’esimio Van Dine:
 
La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito

Ma vai a fare in culo, Van Dine…

Evidente è solo che ce ne ho fin sopra i capelli. Evidente è che tempo cinque secondi abbuierò il computer e spalancherò il freezer per l’unica cena che non reclami il mio daffare, sofficini pomodoro e mozzarella più bastoncini del capitano Findus.

In culo a tutti gli investigatori gran gourmet e alle loro ricette in giallo.

(da Paolo Ciampi, Di diverso parere, Romano editore)

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