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martedì 4 dicembre 2012

Il grande fiume e le sue voci

Mi sdraio per terra, guardo le nuvole che pascolano verso sud e poi decido di fidarmi, di bere. Senza usare le mani. Direttamente dall'acqua. Labbra su labbra. Un lungo sorso, guardando dritto negli occhi la mia sorgente.

Viaggiare lungo il fiume, discendere la vita. Un passo dietro l'altro e le storie in cui si può imbattere solo il viandante.

Un mondo sconosciuto costellato di sorprese che schiudono il cuore. E il senso di un'avventura che ti mette più alla prova di una esperienza di rafting e più lontano di una spedizione nel deserto del Gobi.

E' il Ticino, il fiume che racconta Giuseppe Cederna in  Ticino, le voci del fiume (Excelsior 1881), non il Gange o il Rio delle Amazzoni.

Eppure è un viaggio straordinario, dalle sorgenti perdute alla confluenza. Avventura, pellegrinaggio, scoperta: tra l'ultima brughiera e il rombo degli aeroplani della Malpensa.

Un lento camminare dove si può incontrare un poeta o un cercatore d'oro, un capriolo in amore o una dogana austroungarica. O ci si può semplicemente sedere su una sponda e ascoltare.

 Per poi ritrivare tutto questo, raccontato con le immagini di Carlo Cerchioli e con le parole di Giuseppe Cederna: uomini convinti che il fiume sia vita.

giovedì 19 luglio 2012

La rivolta impossibile di Lucio Mastronardi

L'unico posto a Vigevano dove non si fabbricano scarpe è il carcere, lì si fabbricano penne a sfera.

Così scriveva della sua città Lucio Mastronardi, grande scrittore che ci siamo lasciati alle spalle come le stagioni che passano, coscienza inquieta e perdente di genio come quell'altro scrittore che a lui mi piace accostare, Luciano Bianciardi: entrambi uomini di provincia, entrambi condannati a raccontare un paese intero colto in un trapasso che sa di mutazione antropologica, entrambi capaci di dissipare con disinvoltura il proprio talento.

Di Mastronardi ho letto in altri anni Il maestro di Vigevano, storia di un maestro alle prese con un lavoro che conta sempre meno in un paese che, con il boom, pensa solo a produrre e arricchirsi. E' l'Italia della provincia grassa, delle fabbrichette che ingrossano i conti in banca e l'evasione fiscale, dei furbetti che sanno come funzionano le cose.

Oggi Vigevano non è più quella Vigevano, le fabbriche sono chiuse, le scarpe arrivano dalla Cina o dal Vietnam. Però le piaghe su cui Mastronardi metteva il dito ci sono ancora tutte: hanno a che vedere, per esempio, con un'Italia in cui la cultura vale sempre poco, forse ancora meno.

Lucio Mastronardi era uno scrittore che piaceva a gente come Eugenio Montale e Italo Calvino, ma era prima di tutto un maestro. Non ebbe vita facile e nel 1979 si suicidò, gettandosi nel suo Ticino. Da poco è uscito per Ediesse un libro che lo racconta, opera di Riccardo De Gennaro. Il sottotitolo dice già tutto: La rivolta impossibile.

Lo leggerò, sperando di ritrovarci le emozioni che a suo tempo mi destò la Vita agra di un anarchico, scritta da Pino Corrias per l'altro, per Luciano Bianciardi.


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  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...