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martedì 5 luglio 2011

I personaggi che salivano sul treno del pendolare

Veramente i personaggi di un libro sono creature strane. Non hanno pelle né sangue né carne, hanno meno realtà di un dipinto o di un sogno notturno, non hanno sostanza che di parole, ghirigori neri sul foglio di carta bianca, eppure puoi intrattenerti con loro, conversare con loro attraverso i secoli, odiarli, amarli, innamorartene

Così scriveva Primo Levi e sono convinto che proprio queste sono le parole che hanno accompagnato Fabio Stassi mentre scriveva Holden, Lolita, Zivago e gli altri (Minimum Fax). Allo stesso modo sono convinto che in esse non possano non riconoscersi quanti hanno deciso di acquistare o di leggere questa piccola enciclopedia dei personaggi letterari. Perché sono questo i personaggi: fantasmi di carta, ombre evanescenti, parole, solo parole, ma che entrano nel sangue, nella testa, nel cuore. A volte più presenti e importanti di tante persone che spartiscono le nostre giornate.

Si dice che non esistono grandi storie senza personaggi: ne sono convinto.Sono anche convinto che ci si può scordare di qualche titolo, ma certi nomi, certi gesti, certe espressioni rimangono.

Fabio Stassi da questi personaggi, racconta, si è fatto spesso accompagnare in treno, da pendolare:

Quando ho cominciato a viaggiare su una linea lenta e annosa, la mattina presto e poi al ritorno, di pomeriggio o sera, ancora non sapevo quale insolita compagnia avrei avuto

Su quei treni sono saliti in molti. E' diventato un gruppo di amici, una gita scolastica, una comitiva in viaggio.

Solo alla fine sono scesi tutti. E' rimasto il pendolare, il lettore:

Per me non poteva che essere un pendolare mai sceso da un treno e avere l'età dei libri che aveva letto, dei chilometri di rotaie che aveva attraversao, di tutte le voci che aveva trascritto

E questo mi piace, sul serio.

sabato 5 febbraio 2011

Salinger, il fantasma che andava al Burger King

J. D. Salinger? Non era lo scrittore svanito nel nulla, l'uomo che si sottrasse a tutto e tutti per un'intera vita? Quasi che quella vita di assenza e mistero fosse il sequel de Il giovane Holden, disagio esistenziale e maledizione dell'altro...

Così si diceva, come no. Sono cresciuto con questa idea per la testa. Lo scrittore fantasma di cui non circolavano nemmeno fotografie, malgrado la sua notorietà planetaria.

E poi ecco che a distanza di qualche mese dalla sua morte saltano fuori alcune lettere inviate a un amico. Che poi non era nemmeno un attore della scena off o un collega in odore di Pulitzer, ma un semplice commerciante di alimentari.

Ed eccolo J.D. Salinger. L'uomo che scrive all'amico per suggerirgli una pinta di birra in un pub di Londra, che ha un debole per le visite agli zoo, che ama il tennis e tifa per quell'irresistitibile antipatico che era John McEnroe. Che non disdegna perfino qualche capatina al Burger King, il non plus ultra dell'American way of life ad altissimo colesterolo, perché gli hamburger, vedete, al Burger King sono davvero cotti alla fiamma....

Questo era J. D. Salinger? 

E a prescindere che, sceso dal suo piedistallo, lui mi piace un bel po' di più, la domanda é: siamo noi che per forza dobbiamo costruirci miti? O è qualche astuta strategia di mercato, alla quale ci è fin troppo facile arrenderci, tanto così c'è perfino più gusto?

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