martedì 10 settembre 2013

Uomini di frontiera, da qui a Pechino

Aprì la finestra: della Cina aveva sempre amato il rumore della pioggia sulle tegole e sui bambù. Sembrava che una delle grandi arti del paese fosse esaltare il suono delle gocce di pioggia...

Che libro inatteso, sorprendente, che è Muri rossi di Stefano Cammelli (Mauro Pagliai editore). E che fascino che sale dalle sue pagine, come la nebbia dopo un acquazzone d'estate, quando tutto appare più pulito e più profondo.

C'è la Cina - in queste pagine - la Cina che non è quella di qualche dinastia insediata nella sua città proibita e che non è nemmeno quella dei grattacieli e dei soldi facili, ma semmai un continente di mistero che seduce e allontana, interroga e porge risposte che rappresentano nuove domande.

E prima ancora della Cina, ci sono gli uomini che il destino o la volontà hanno portato in Cina. Occidentali che, abbiano o meno scelto, questo paese lo hanno accolto nel cuore. Però una cosa è lasciarsi catturare, un'altra è abitare per intero un luogo. Soprattutto se questo luogo è di fatto un altro mondo, diviso dal tuo dalla storia e dai muri della politica.

Si può essere ponte che unisce quei due mondi - oltre che il proprio passato e il proprio presente. Oppure barca in balia delle correnti, distante da ogni molo che possa accogliere e legare a sè.

Uomini di frontiera, dispersi in un Far East, piantati su un crinale. Senza un'appartenza certo, ma forse proprio per questo più capaci di rimettersi in cammino. Traiettorie di vita, che solo un uomo innamorato della Cina e delle sue domande poteva raccontare. Con i dubbi dell'Occidente e la poesia dell'Oriente.

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