Così scrive Elena Loewenthal in suo bellissimo articolo su Tuttolibri di questa settimana - L'Europa non volle vedere il treno per i Lager - un articolo che prima ancora che sul genocidio direi che è sulla responsabilità. Una responsabilità che è troppo facile scaricare addosso sugli aguzzini dei campi di concentramento, sorvolando su tutta la macchina dello sterminio che c'era prima, c'era intorno.
Se Auschwitz è il buco nero della nostra storia, dice Elena Loewenthal, quel buco nero è stato reso possibile anche dai tanti luoghi di mezzo della Shoah.
E forse non c'è niente di più eloquente, quanto a questo, dei treni che solcarono l'Europa, con i loro carichi di morte, anzi, di vita destinata alla morte. Treni in movimento sui binari di un continente, treni che si fermavano nelle stazioni, che sostavano anche a lungo, perché anche il viaggio della deportazione era già pena, raffinata crudeltà del gatto che gioca col topo e non ha fretta.
L'Europa si è fatta attraversare da questi treni come una pista di ghiaccio dove i pattini passano e lasciano una minuscola riga, che subito sparisce.
Sono un dito puntato, quei treni, una tragedia dell'inerzia, una disfatta della responsabilità che è troppo facile liquidare come polvere sotto un treno.
27 gennaio, Giornata della memoria: Auschwitz, certo, ma non dimentichiamo quei treni.
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