Si comincia con un ragazzo che dalla vita non ha avuto nulla, se non
l'amore per i libri (che non è poco) e il sogno di diventare uno
scrittore per il quale venderebbe l'anima, novello Faust che per la
testa ha solo l'odore di inchiostro e la fame di firma.
Si continua e si finisce anche con una storia piena di tutti i colpi di scena che è doveroso attendersi in un libro come questo, che sa miscellare sapientemente tutti gli ingredenti del vecchio feuilleton per riproporli a un lettore dei nostri tempi.
C'è persino troppo ne Il gioco dell'angelo di Carlos Ruiz Zafòn, troppo, compreso un eccesso di mestiere e di compiacimento. E lo devo dire, mi era piaciuto di più L'ombra del vento - del resto, quando un libro viene presentato in copertina con l'espressione "dall'autore di..." c'è sempre d'aspettarsi la fregatura e qui almeno la fregatura non c'è.
Troppo, ma il fatto è che questo libro me lo sono portato a Barcellona, durante una vacanzina di qualche giorno fa, ed è a Barcellona che me lo sono letto, cercando nelle mie camminate la Barcellona degli anni Trenta raccontata da Zafòn, quella città di nebbie e misteri, quasi una Praga in versione catalana.
E allora ho bussato alle porte di questa storia e sull'uscio ho incontrato Don Basilio, il dispotico vicedirettore di giornale che vede come il fumo negli occhi l'uso liberale degli avverbi e l'aggettivazione eccessiva e che al giovane Martìn spiega cose così:
A sopravvivere in questo mestiere sono quelli che hanno priorità e non princìpi
Senza avere affatto tutti i torti, peraltro.
E
così mi sono lasciato aprire la porta e sono entrato nella storia e la
storia è diventata la mia mappa fantastica di Barcellona. Ed è con
questa storia che ho compiuto il mio viaggio.
Si continua e si finisce anche con una storia piena di tutti i colpi di scena che è doveroso attendersi in un libro come questo, che sa miscellare sapientemente tutti gli ingredenti del vecchio feuilleton per riproporli a un lettore dei nostri tempi.
C'è persino troppo ne Il gioco dell'angelo di Carlos Ruiz Zafòn, troppo, compreso un eccesso di mestiere e di compiacimento. E lo devo dire, mi era piaciuto di più L'ombra del vento - del resto, quando un libro viene presentato in copertina con l'espressione "dall'autore di..." c'è sempre d'aspettarsi la fregatura e qui almeno la fregatura non c'è.
Troppo, ma il fatto è che questo libro me lo sono portato a Barcellona, durante una vacanzina di qualche giorno fa, ed è a Barcellona che me lo sono letto, cercando nelle mie camminate la Barcellona degli anni Trenta raccontata da Zafòn, quella città di nebbie e misteri, quasi una Praga in versione catalana.
E allora ho bussato alle porte di questa storia e sull'uscio ho incontrato Don Basilio, il dispotico vicedirettore di giornale che vede come il fumo negli occhi l'uso liberale degli avverbi e l'aggettivazione eccessiva e che al giovane Martìn spiega cose così:
A sopravvivere in questo mestiere sono quelli che hanno priorità e non princìpi
Senza avere affatto tutti i torti, peraltro.
io adoro questo libro!
RispondiEliminaZafòn è molto bravo. In questo libro provoca nel lettore amore per i libri e per i propri sogni. Mi piace molto questo titolo.
RispondiEliminaSara M.