lunedì 17 gennaio 2022

Michele Marziani e la resistenza della terra alta


 Scrive di uomini lasciati indietro da tempi che hanno troppa fretta, di luoghi che sono nicchie, margini, avanzi di epoche che il futuro prossimo, se non il presente, pare condannare. E le sue sono storie pensose, colorate di nostalgia, intrise di passioni o abitudini che tradiscono una certa età: come la pesca, i giochi di carte, certe bevute al bar. 

Eppure quanta leggerezza, quanta gioia di raccontare: magari le parole saranno varco per un'altra possibilità, per riavvolgere il nastro e ripartire, dopo tanta smania di cambiamento.

Ecco, sono queste le sensazioni che mi ha procurato La cena dei coscritti di Michele Marziani (Bottega Errante), ultimo libro di un autore che da molti anni seguo con grande piacere ed empatia. 

E' un'altra storia di resistenza, ambientata in una terra alta che farei fatica a riconoscere su una carta, ma che in fondo è molti luoghi, diversi per coordinate geografiche, ma non per destino. Un centro di montagna dove i bambini non nascono più e i giovani scendono a valle, dove la biblioteca ha chiuso e l'osteria di una volta ha tirato giù il bandone, soppiantata da un posto per sedicenti gourmet. 

La resistenza è affidata a tre anziani, due del posto e uno arrivato dalla Bosnia dilaniata dalla guerra. Gente in ogni caso temprata dall'età e dall'esperienza, abbastanza smaliziata da non cadere nel fumo delle promesse, capace di prendere le distanze dal nuovo che avanza. Anche quando il nuovo che avanza è il progetto di una diga, con tutti gli interessi e le convenienze che si porta dietro. 

Su ciò che combineranno, tra un conciliabolo e una sbronza, non aggiungo altro: in queste pagine si ride anche molto, magari per non piangere.Dico solo che a un certo punto questa storia finisce come finisce, ma non finisce ciò che Michele ha da raccontarci. E comincia un'altra storia dove si muove un editor che ama la cucina onesta - ci avrà messo qualcosa di se stesso? - e la cui vicenda ci porta ad attraversare i confini tra il vero e l'artefatto in editoria come a tavola. 

Verso la fine - prima del ri-epilogo - anche una battuta presa in prestito da Nuto Revelli: "Muoiono così i nostri villaggi di montagna,m muiono male". Più una domanda: "Cosa ci poteva essere di commovente in una fetta di lardo?".

Ecco una domanda così mi piace: e la risposta potrebbe essere parecchio lunga. 



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