giovedì 8 settembre 2016

Inghilterra, la piccola grande isola di Bill

Mentre me ne stavo lì, mi venne in mente che una delle cose della Gran Bretagna che mi piace veramente, ma proprio sul serio, è questa: è inconoscibile.

E dunque, eccomi di nuovo a godermi un libro di Bill Bryson, nemmeno tre mesi dopo aver viaggiato in Australia sulle sue pagine: di questo passo rischia di diventare una sorta di dipendenza, ma tanto non è come per le bibite gassate o per i gelati, non fa male e se ingrassa è solo per accumulo di intelligenza e buon umore. Mi piacerebbe scrivere libri di viaggio alla maniera di Bill: e lo dico così, con tutta l'umiltà.

Ho appena finito di leggere anche Piccola grande isola. Come il postino che suona sempre due volte, Bill torna a raccontare nel paese a cui 20 anni fa dedicò Notizie da un'isoletta. Nel frattempo il giovine di improbabili speranze che un giorno sbarcò in Inghilterra è diventato autore affermato, ha messo su casa, famiglia e presumibilmente anche diversi chili di troppo. Ma nel frattempo, è evidente, qualcosa è successo anche a questo paese, che pure tra tutti è il più incredibilmente tenace  nel voler rimanere uguale a se stesso.

Bill prova a raccontarcelo in Piccola grande isola (Guanda), seguendo il filo di un viaggio più strampalato degli altri, perché l'idea è questa: prendere una mappa della Gran Bretagna, un righello e una matita; tracciare la più lunga linea retta tra due località; e quindi mettersi in viaggio, seguendo quella linea da sud a nord.

La Bryson Line congiunge Bognor Regis, cittadina sulla manica che ha visto tempi migliori, a Capa Wrath, in Scozia, faro sbattuto dalle onde atlantiche. Ma in mezzo c'è tutto il resto, compreso un numero esorbitante di divagazioni. E con esse storie, incontri, riflessioni, aforismi fulminanti. 

Il tutto sorretto da alcune convinzioni: che quest'isola di nebbia e pioggia che a volte sembra volerci punire con la monotonia sia in realtà il posto con maggiore concentrazione al mondo di cose da vedere (in realtà anche l'Italia non scherzerebbe, ma volete mettere con l'amore britannico anche per il più modesto dei dettagli?); che in fondo sia un paese fondamentalmente saggio (il voto sulla Brexit qualche dubbio me lo ha instillato); e che tuttora registri una sorprendente qualità della vita o comunque una capacità di contentarsi di quello che ha: unico popolo al mondo davvero capace di illuminarsi di fronte a una bevanda calda e a un semplice biscottino. 

Magari sarà anche per il clima, che insegna pazienza e stoicismo. Che dire, meglio lasciare l'ultima parola al vecchio Bill.

  Un britannico che si trovi in un campo minato, e al quale sia saltata in aria una gamba, ma che possa comunque dire “Te l'avevo detta che sarebbe andata a finire così”, è veramente un uomo felice. E questo, in un popolo, mi piace moltissimo. 

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