E' un lungo viaggio, dalle spiagge di Rimini a quelle di Capoverde, e può essere ancora più lungo se implica non solo un mare diverso, ma una vita diversa, che taglia il passato con un colpo di cesoie. E figuratevi se in mezzo ci sono anche un delitto a cui ci si è trovati ad assistere, cinque milioni di euro infilati in una borsa e una resa dei conti che si profila all'orizzonte.
E' assai più di un noir, A capo, di tutto di Michele Mengoli (Edizioni del Girasole), giornalista e scrittore emiliano che, a mio parere, ha sostenuto e superato alla grande la prova del primo romanzo: e lo dico convinto, nella consapevolezza che tra i troppi esordi, la troppa carta che oggi finisce in libreria, è facile che si finisca per perdere di vista anche i libri che valgono.
E quante cose che ci sono, in questo noir che è assai più di un viaggio: racconto di una fuga che non è solo fuga dagli assassini, ma anche da una vita che non convince, un paese che ha deluso, soprattutto un lavoro - quello di giornalista - che un tempo era uno dei lavori più belli del mondo e che oggi, oggi chissà cos'è diventato, a parte un residuo straccio di orgoglio.
E quante cose si nascondono in questo titolo, così forte, A capo, di tutto, si nascondono e poi esplodono, sarà anche per quella virgola piantata in mezzo.
Andare a capo, davvero. E Lindo Bentivoglio, giornalista in fuga di A capo, di tutto, non è poi troppo diverso dal Paolo Bianciardi del mio Di diverso parere, giornalista in bilico tra la rassegnazione e la fuga.
Per entrambi un'altra vita e forse un altro lavoro.
E' assai più di un noir, A capo, di tutto di Michele Mengoli (Edizioni del Girasole), giornalista e scrittore emiliano che, a mio parere, ha sostenuto e superato alla grande la prova del primo romanzo: e lo dico convinto, nella consapevolezza che tra i troppi esordi, la troppa carta che oggi finisce in libreria, è facile che si finisca per perdere di vista anche i libri che valgono.
E quante cose che ci sono, in questo noir che è assai più di un viaggio: racconto di una fuga che non è solo fuga dagli assassini, ma anche da una vita che non convince, un paese che ha deluso, soprattutto un lavoro - quello di giornalista - che un tempo era uno dei lavori più belli del mondo e che oggi, oggi chissà cos'è diventato, a parte un residuo straccio di orgoglio.
E quante cose si nascondono in questo titolo, così forte, A capo, di tutto, si nascondono e poi esplodono, sarà anche per quella virgola piantata in mezzo.
Andare a capo, davvero. E Lindo Bentivoglio, giornalista in fuga di A capo, di tutto, non è poi troppo diverso dal Paolo Bianciardi del mio Di diverso parere, giornalista in bilico tra la rassegnazione e la fuga.
Per entrambi un'altra vita e forse un altro lavoro.
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