giovedì 4 marzo 2010

L'ufficiale delle SS che "fece il suo lavoro"


Mamma mia, che dire di un libro come questo? Tutto e il contrario di tutto, come è necessario per un libro insieme disturbante e ipnotizzante, spaventosamente crudele eppure poetico, vero nella sua follia e nello stesso tempo tradito dalla sua stessa letterarietà. Perché tutto questo è Le benevole di Jonathan Littel.

Mi ha fatto paura fin dalle prime righe, questo romanzo fluviale di quasi mille pagine fitte fitte. Ho fatto mie tutte le critiche che a esso sono state rivolte, a più riprese ho provato risentimento e irritazione. Quasi tutte le sere ho avuto la tentazione di abbandonarlo, per poi riprenderlo sempre. Magari centellinandolo, assumendolo a dosi controllate, unico modo per non esserne travolto. Poi ieri sera l'ho terminato, dopo quasi due mesi che incombeva dal mio comodino. E oggi già mi manca.

Mi resterà a lungo dentro, Maximilian Aue, l'ufficiale delle SS che racconta in prima persona la follia criminale dello sterminio degli ebrei e della guerra nazista. Dentro, con la sua efferatezza, la sua spiazzante lucidità, il suo granitico rifiuto di ogni interrogativo morale, la sua incapacità di chiedersi semplicemente perché, il ribollire di pulsioni e istinti che accompagnano l'orrore.

"Non ho alcun rimpianto: ho fatto il mio lavoro, tutto qui". E quel lavoro Littel lo ricostruisce con un'attenzione a ogni particolare che toglie il respiro, proprio perché la sua parola non si limita a raccontare, e nemmeno a mostrare, fa di più, scaraventa dentro l'orrore. E' facile indovinare dietro tutto questo un pazzesco lavoro di documentazione, spinto fino allo studio del più piccolo tassello della macchina della morte.

Ma poi, detto questo, il fascino di questo libro è esattamente agli antipodi. Littel ci porta oltre la storia, arriva dalle parti del mito, il più orrendo e devastante dei miti. Il suo romanzo diventa tragedia a tutti gli effetti, tragedia della discesa all'inferno, tragedia che non si nega niente, nemmeno l'incesto, il massacro dei genitori, l'attrazione sessuale per il corpo di una impiccata.

E si possono perdonare gli eccessi verbali e qualche effetto speciale che fa un po' scuola di scrittura. Sono abbondantemente ripagati dall'incubo dei capitoli che descrivono le esecuzioni di massa degli ebrei nell'Europa orientale oppure l'assedio di Stalingrado. Che voglia di dimenticarmene, che voglia di rileggerlo.

2 commenti:

  1. Dev'essere stupendo.. ma credo che vada letto solo al momento giusto...

    RispondiElimina
  2. L'ho letto qualche tempo fa e mi ha lasciato dentro una traccia che non posso cancellare

    RispondiElimina

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...