domenica 28 febbraio 2010

Le due donne di Riccardo Cardellicchio


Ci sono libri che rischiano di essere portati via dalla corrente incessante e tumultuosa della produzione editoriale italiana e che invece bisognerebbe riuscire a pescare e tirare sulla riva della nostra attenzione. Ci sono autori che anche se non hanno raggiunto la ribalta del bestseller nazionale - cosa importa del resto? - vanno tenuti di conto, per il tesoro di emozioni che ci regalano, per la forza delle loro parole, per le storie che riportano alla luce e restituiscono alla nostra memoria, direi anche alla nostra responsabilità.

Sarà banale, lo so, ma è questo che mi è venuto in mente leggendo La strega e il vicario di Riccardo Cardellicchio, giornalista e scrittore toscano che già conosco per aver pubblicato in passato un po' di tutto - racconti, monologhi, perfino haiku - ma che mi ha toccato soprattutto con queste pagine.

Due tragiche storie toscane, è il sottotitolo di questo libro, con cui la casa editrice Sarnus riunisce due storie di donne toscane che sono anche due testi teatrali già rappresentati con successo. La storia di Gostanza da Libbiano, donna processata per stregoneria alla fine del Cinquecento e la storia di Elvira Orlandini, la "bella Elvira", uccisa nel 1947 da una mano rimasta ignota nonostante un processo che fece scalpore.

Due storie di violenza su donne, certo. Ma anche molto di più. Perché Gostanza ed Elvira sono separate da cinque secoli ma unite da un ponte di pregiudizio. Dalla levatrice accusata di stregoneria alla donna troppo bella, in fondo, per non essere almeno in parte responsabile della sua morte.

Questa è la prima cosa che mi è venuto in mente leggendo queste pagine, che si leggono di un fiato, risucchiati da un ritmo incalzante, da una scrittura secca e nervosa. Poi quando ho chiuso il libro mi è venuto in mente che il comune denominatore potrebbe essere anche un altro.

La vita di queste due donne smette di essere vita vissuta per diventare oggetto di processo. Diventa fatto pubblico, accusa, esame delle prove, legge che si fa giudizio. Ai tempi di Gostanza si adopera la tortura, ai tempi di Elvira ci si affida alle procedure dettate dal codice. Ma nell'uno e nell'altro caso c'è la pretesa di un tribunale di farsi verità.

E allora, davvero, questo piccolo libro potete leggerlo solo per il piacere di leggerlo, perché sono storie raccontate bene. Oppure potete cedere alla tentazione di una riflessione sul potere e la giustizia.

Così regalerà qualche inquietudine, sempre salutare però.

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