mercoledì 6 luglio 2011

Geoffrey, Guy, Dean e tutti gli altri

Per uno come me, che cercava la lucidità nell'alcol, anche la calligrafia aveva un andamento ubriaco
(Geoffrey Firmin, da Sotto il vulcano di Malcom Lowry)

Vi basti sapere che mi chiamo Juan Pablo Castel e sono un pittore e un assassino. So per mestiere che gli essere umani possono essere paesaggi, scogliere, finestre, navi che partono, ma il più delle volte sono legno marcio
(Juan Pablo Castel, da Il tunnel di Ernesto Sàbato)


Per chi come me ha la radice del nome nel primo giorno della settimana non era proprio possibile resistere alla tentazione che tutto potesse ricominciare
(Guy Montag, da Fahrenheit 451 di Ray Bradbury)

Per il mio amico Sal, il mio è un altro dei nomi che si possono dare all'irrequietezza
(Dean Moriarty, da Sulla strada di Jack Kerouac)

Forse Dio, mi chiedo nelle pause del mio smisurato lavoro, è un operaio come me. Chissà se anche la sua solitudine sia altrettanto assordante
(Hanta, da Una solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal)

 Ecco, sono personaggi così a cui Fabio Stassi in Holden, Lolita, Zivago e gli altri dona la voce.

Parlano in prima persona e in questo modo è come se si staccassero dalla pagina, ombre che si alzano e ci vengono dietro. Compagni di vita che è bello immaginarsi intorno a noi. Con tutta l'umiltà che ci è necessaria per ascoltare cosa davvero ci dicono.

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