martedì 15 maggio 2012

Le cose perdute di Francesco Guccini

C'era un tempo senza play-station, in cui una confezione di chewing-gum era un gran regalo e i ragazzini passavano ore a masticare e fare palloncini con quella che chiamavano cingomma o cicca, non chewing-gum, perchè in quello stesso tempo non è che si smaniava per le parole inglesi.

C'era un tempo in cui il lattaio passava sotto casa e i maglioni erano di lana che pizzicava e si giocava con la fionda e la cerbottana e in casa si vedevano strane etichette di liquori e spray che si diceva facessero miracoli.

C'era un tempo in cui i cinema erano una cosa diversa, c'erano le maschere, il fumo di sigarette, il tifo da curva, la gente che entrava per il secondo tempo, tanto era normale vedere il primo tempo dopo, ma volete mettere, il cinema era il cinema.

C'era un tempo ed è questo il tempo che racconta Francesco Guccini nel suo Dizionario delle cose perdute (Mondadori), proponendo la sua playlist (maledizione, un'altra parola inglese) di oggetti, situazioni, abitudini che oggi non ci sono più.

Gioca facile, sul filo della nostalgia, il grande Francesco. Gioca facile, e anche noi potremmo giocare facile, rimpolpando il dizionario con molte altre cose che se ne sono andate, riagguantandole con i crampi del rimpianto per i tempi in cui eravamo più giovani e inevitabilmente più spensierati.

Però chi altri poteva regalarci un libro così, se non questo cantautore del tempo che passa, anzi, è già passato, con tutti i suoi eskimo messi in soffitto, Bologna e Venezia ammantate di passato, le osterie che non ci sono più, nemmeno in via Paolo Fabbri, e con le tante Silvie che chissà dove sono finite?

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