La sua convinzione è che in ogni esperienza personale, anche la più apparentemente insignificante, siano nascosti un enigma e un miracolo.
Ovunque "sonnecchiano forze segrete" e la poesia "con l'aiuto di parole opportunatamente scelte riuscirà a risvegliarle". Facendo comunque attenzione ad abbordare di sbieco le questioni ultime dell'esistenza, come dimostra la celebre e meravigliosa poesia sulla morte del compagno di una vita, Konrad Filipowicz, vista attraverso gli occhi del suo gatto.
"Non so", così Szymborska esordisce nel discorso di investitura di Nobel. E proprio tale socratica ignoranza la spinge a fare domande senza trovare mai risposte.
Il suo maestro filosofico è Montaigne, il suo nume pittorico Vermeer, il suo fratello d'umorismo Woody Allen, che prova verso di lei un'ammirazione sconfinata.
(Franco Marcoaldi da Repubblica, Limpida, ironica Szymborska, i segreti di una poetessa popolare senza mai volerlo)
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