Che ci fa il nome di Peter Pan in cima al Monte Grappa, tra i nomi dei caduti in quelle trincee? E chi è che per anni e anni ha continuato a portare fiori di campo alla sua tomba?
E' una storia infinitamente dolce e infinitamente triste, quella in cui mi sono imbattuto qualche tempo fa, in un rifugio con vista sulle montagne e sul sacrario della Grande Guerra. A volte in viaggio incontri una persona, a volte incontri un libro, cosa che a volte implica anche incontrare una persona. Io in quel rifugio ho acquistato un libro che, col suo titolo, mi aveva catturato: Soldato Péter Pan, di Ferdinando Celi.
E allora, Peter Pan è esistito davvero, solo che non abitava l'Isola che non c'è, non ha mai conosciuto Trilly, non ha mai fatto vedere i sorci verdi a Capitan Uncino.
Peter Pan era un giovane fante del reggimento di fanteria Honved, settimana compagnia: veniva dall'Ungheria, o meglio da un pezzo di Ungheria che oggi non è nemmeno più Ungheria, perché dopo le varie giravolte della storia appartiene alla Romania. Tutto quello che Peter Pan ha visto nella sua breve vita è il suo villaggio e poi il fronte. E' morto sul Grappa il 19 settembre 1918, negli ultimi giorni di guerra.
Morto come tanti. Morto senza eroismo. Una granata che piomba e fa strage. Quel tardo pomeriggio, quando il fuoco cessò, i barellieri della Croce rossa raccolsero il suo corpo e quello di cinque commilitoni.
Pare che nelle sue tasche abbiano trovato una conchiglia, un pezzetto di marmo bianco e un fiore seccato.
Strano, ma il povero fante ha diverse cose in comune col Peter Pan che lo scozzese James Matthew Barrie cominciò a immaginare frequentando i giardini di Kensington a Londra. Era il 1897, lo stesso anno in cui era nato il soldato dell'impero austro-ungarico.
Entrambi giovani. E a ripensarci, entrambi con una Trilly e un Capitan Uncino, magari travestito da generale. Entrambi certamente appartenenti a un paese - o a un'isola - che non c'è o non c'è più.
Non si sa chi sia stato per tanti anni a portare quei fiori che ogni mattina i custodi dell'ossario portavano via (niente fiori per rispettare l'eguaglianza di tutti i caduti). Ma chissà, forse il ragazzino dell'Isola che non c'è, il ragazzino che non voleva crescere, c'entra qualcosa con il ragazzino soldato cresciuto solo per morire in guerra.
Dio ci ha donato la memoria – scrisse una volta Barrie – così possiamo avere le rose anche a dicembre.
Vale anche per Peter Pan, fante di un esercito sconfitto.
E' una storia infinitamente dolce e infinitamente triste, quella in cui mi sono imbattuto qualche tempo fa, in un rifugio con vista sulle montagne e sul sacrario della Grande Guerra. A volte in viaggio incontri una persona, a volte incontri un libro, cosa che a volte implica anche incontrare una persona. Io in quel rifugio ho acquistato un libro che, col suo titolo, mi aveva catturato: Soldato Péter Pan, di Ferdinando Celi.
E allora, Peter Pan è esistito davvero, solo che non abitava l'Isola che non c'è, non ha mai conosciuto Trilly, non ha mai fatto vedere i sorci verdi a Capitan Uncino.
Peter Pan era un giovane fante del reggimento di fanteria Honved, settimana compagnia: veniva dall'Ungheria, o meglio da un pezzo di Ungheria che oggi non è nemmeno più Ungheria, perché dopo le varie giravolte della storia appartiene alla Romania. Tutto quello che Peter Pan ha visto nella sua breve vita è il suo villaggio e poi il fronte. E' morto sul Grappa il 19 settembre 1918, negli ultimi giorni di guerra.
Morto come tanti. Morto senza eroismo. Una granata che piomba e fa strage. Quel tardo pomeriggio, quando il fuoco cessò, i barellieri della Croce rossa raccolsero il suo corpo e quello di cinque commilitoni.
Pare che nelle sue tasche abbiano trovato una conchiglia, un pezzetto di marmo bianco e un fiore seccato.
Strano, ma il povero fante ha diverse cose in comune col Peter Pan che lo scozzese James Matthew Barrie cominciò a immaginare frequentando i giardini di Kensington a Londra. Era il 1897, lo stesso anno in cui era nato il soldato dell'impero austro-ungarico.
Entrambi giovani. E a ripensarci, entrambi con una Trilly e un Capitan Uncino, magari travestito da generale. Entrambi certamente appartenenti a un paese - o a un'isola - che non c'è o non c'è più.
Non si sa chi sia stato per tanti anni a portare quei fiori che ogni mattina i custodi dell'ossario portavano via (niente fiori per rispettare l'eguaglianza di tutti i caduti). Ma chissà, forse il ragazzino dell'Isola che non c'è, il ragazzino che non voleva crescere, c'entra qualcosa con il ragazzino soldato cresciuto solo per morire in guerra.
Dio ci ha donato la memoria – scrisse una volta Barrie – così possiamo avere le rose anche a dicembre.
Vale anche per Peter Pan, fante di un esercito sconfitto.
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