Oltre la geografia delle mete turistiche, oltre le cicatrici della storia e le semplificazioni interessate della politica: alla scoperta del paese che è come il cortile sotto casa e per questo dovremmo conoscere come le nostre tasche, solo che non è così. Proprio ciò che è vicino a volte è ciò che conosciamo meno, fino a relegarlo a un altro genere di lontananza che prescinde dai chilometri. Proprio ciò che ci riguarda mette in crisi le nostre capacità di comprensione.
Ben venga dunque l'andatura lenta di un grande narratore di viaggi come Paolo Rumiz, per scoprire l'Istria fuori dalle banalità e dai luoghi comuni e dalle forzature della politica. Ben venga una casa editrice come Bottega Errante, brava a riproporre dopo tanti anni questo reportage, Vento di terra. Che mi mare come il buon vino, invecchiato bene: al di là di qualche riferimento alla situazione degli anni immediatamente successivi all'indipendenza della Slovenia e della Croazia, tanto ciò che Rumiz intende raccontare, e noi leggere, è proprio l'Istria nella sua essenza, l'Istria al di là della risacca degli eventi.
E dunque questa penisola che è terra di incontri e scontri, di confini e attraversamenti, di lingue e cucine che si mescolano, questa terra che è insieme Balcani e Mediterraneo. Dove l'italianità non è data certo dal ventennio fascista, ma semmai da mezzo millennio di Venezia. Dove l'incontro col mondo slavo può essere anche un'affascinante opportunità.
La realtà può essere anche più semplice. Oppure sì, anche complicata, ma di una complicazione che irride a pretese e contese.
Tanto l'Istria - ci spiega Rumiz - è prima di tutto il suo profumo, di salvia e salsedine. E' una tavola apparecchiata alla buona, una fetta di prosciutto salato che tiene compagnia a un bicchiere di malvasia.
Istria. Inconfondibile. Refrattaria all'idea di nazione, che le ha portato solo sventura. Terra di mezzo. Spazio di incontro.
L'Istria e il suo vento di terra, appnto.
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