lunedì 27 aprile 2020

Se viaggiare è una guerra (perdente) contro l'oblio

Ci sono tanti modi di viaggiare, tante ragioni che accompagnano i nostri passi e danno forma alla nostra fame di distanza, ma forse il più importante (usando un termine obsoleto, mi verrebbe da dire: il più nobile) è quello di cui ci parla Claudio Magris in Microcosmi: viaggiare è farsi carico di ciò che sparisce, è cammino di retroguardia per prestare attenzione a ciò che rimane indietro, per assicurare, in qualche modo, sopravvivenza.

Come sottolinea Luigi Marfè in suo bellissimo saggio - Oltre la fine dei viaggi (Olschki editore) - per Magris la felicità del viaggiatore consiste nella scoperta di un angolo di mondo che segue un tempo diverso da quello del resto dell'universo.

Una periferia della Storia, un microcosmo, che non necessariamente è un regno perduto, una terra incognita.

Può essere anche la figura di un tronco dissolto ma non ancora del tutto cancellato, il profilo di una duna che si disfa, le tracce dell'abitare in una vecchia casa.

E aggiungo io, una parola di una lingua dimenticata, un nome che il tempo cancella su una lapide.

Guerriglia, guerriglia perdente, afferma Magris. Perdente e necessaria. Battaglia delle ragioni che resistono al tempo.

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